Quante novità sono annunciate.
La Lega promette, se non propriamente europeista, almeno di non essere più anti europeista.
Grillo avverte che i Pentastellati da oggi non sono più marziani.
Renzi dichiara di essere di centro. Una buona notizia per chi a sinistra pensava fosse di destra. Ha fatto appena in tempo perché entrambi gli schieramenti stanno “ricentralizzandosi”.
Ovviamente, se tutti questi mutamenti saranno veri, non c’è che rallegrarsi.
La diaspora grillina ci fa presagire che le sorprese non finiranno qui.
Per un Paese restio alla innovazione, praticamente immobile, non è poco.
Non siamo una nazione ottusa, siamo solamente degli implacabili conservatori.
Ma non siamo conservativi perché ancorati ai valori antichi, fondanti, identitari. Lo siamo semplicemente perché pigri. Per cambiare bisogna avere curiosità, coraggio, lungimiranza, umiltà e tanta, tantissima energia.
Molti quando sono in un gruppo dove scende improvviso il silenzio si sentono in imbarazzo.
Un senso di disagio e insicurezza che li costringe a dire qualcosa, qualunque cosa.
Non sembra il caso di Draghi.
Abituati all’espansività, alla simpatia, alla paraculaggine dei politici di professione, vedere (o meglio sentire) la quiete, la concentrazione, forse la lontananza con cui egli si muove (o meglio sta fermo) -nel caravanserraglio che lo circonda- fa effetto.
Dicono che chi parla poco è perché non sa cosa dire, non conosce il tema. Posso citarvi centinaia di persone che concionano per ore di argomenti di cui nulla sanno.
Il presidente del consiglio mi sembra appartenere alla categoria di coloro che conoscono la materia (non sono così numerosi), sanno sintetizzarla (sono ancora meno) e aspettano a dirla solo quando è veramente necessario (una esigua minoranza).
D’altronde ha fatto mestieri dove una parola di troppo produceva disastri.
È stato per molti anni uno di quelli che non possono mai parlare “a Borse aperte”. E un mercato azionario nel mondo è sempre in attività, h24.
In compenso è tra quelli che quando finalmente parlano vengono ascoltati e creduti. Quel “qualunque cosa serva” detto in pieno attacco all’euro ha fatto cessare l’attacco. Provateci voi!
Certo che la distanza con i suoi predecessori è enorme. L’ansia comunicativa era centrale in Renzi e ancor più in Conte, al punto che molti pensano che le decisioni le suggerisse direttamente il portavoce, dopo aver letto i sondaggi.
Draghi ad una prima impressione risulta impacciato. Poco pratico dei formalismi istituzionali.
La mia impressione è che egli abbia una timidezza reale che però non nasconde ma esibisce perché lo fa apparire un personaggio più normale, più umano, meno lunare e ricorda a tutti che egli non è un politico.
Però non riuscirà mai a non apparire alieno.
Quando si chiede la “fiducia” in Parlamento si fanno discorsi che servono a far sognare, a promettere l’impossibile e Draghi lo comincia definendo il suo come un governo di “manutenzione”.
C’è qualcosa di meno spettacolare? Eppure è centrale per un Paese caratterizzato da trascuratezza idrogeologica, vandalismo del patrimonio pubblico, turismo vocato all’arte e alla bellezza paesaggistica.
Non so quanto durerà il governo Draghi: nessun partito lo ha scelto liberamente e quasi tutti pagheranno un prezzo per aver partecipato (hanno già cominciato i 5Stelle).
Adesso siamo nel momento dell’innamoramento di massa. Poi rasenteremo il culto della personalità. Infine cominceranno i distinguo, le prese di distanza, del “io vi avevo avvertiti”.
Comunque sarà stata una rigenerante boccata di serietà.
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