Se vogliamo avere un futuro la memoria è un dovere e per questo le pagine di questo libro (Marco Giustiniani QUANDO IL VIRUS RUBA IL PARCO, Dike Giuridica Editrice, 2020 € 12) sono importanti. Ci riportano a un anno fa quando brancolavamo nel buio ma gridavamo dalle finestre “andràtttobene” anche se non sapevamo che Covid 19 ci avrebbe rubato un anno della nostra vita. E non è finita.Nella quarta di copertina l’autore scrive: ” Comunque è vero: tutto passa. Sicuramente i giorni alle nostre spalle non li rivivremo. E questo è un pensiero, per un verso, sconfortante; per un altro verso, consolante. …Ma questo significa anche che non vivremo più il Marzo e l’Aprile del 2020”. Non lo poteva prevedere Marco Giustiniani, avvocato di professione e fotografo per passione, né potevamo immaginarlo i lettori di queste pagine.
Oltre ad un fermo di memoria questo libro, forse non volendo, diventa consolatorio perché guardare al passato è utile. E’ ormai più di un anno che immagini, filmati, video ci accompagnano in questo cammino di dolore. Dal 21 Marzo (ironia della sorte, inizio della primavera) a Domenica 3 Maggio 2020 si snodano i pensieri e le riflessioni di Marco Giustiniani attraverso la forma di email mandate agli amici. E’ un libro che racconta un’atmosfera drammatica con la leggerezza di una scrittura sapiente corredata dalle immagini che l’autore coglie andando (quando possibile) in giro per la città, una Roma inedita che fino ad allora non avevamo mai visto. In chiusura delle email l’autore saluta gli amici con alcune citazioni per dare sostanza (e speranza) alle riflessioni del giorno. Così il “andratuttobene” è chiosato da un brano di Alessandro Manzoni in cui è esemplare la descrizione di come Renzo guarì dalla peste e “col tornar della vita risorsero più che mai rigogliose nell’animo suo le memorie… val a dire che pensò più che mai a Lucia”. Sono preziose le citazioni che chiudono gli eventi salienti di ogni giornata di questo e-pistolario oltre ad essere una chiamata di memoria attraverso la storia: dal Vangelo Secondo Matteo a Sant’Agostino, dal Enzo Ferrari al presidente Roosvelt e a Bob Kennedy, da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi a Simon Weil e così via dicendo. Parole e pensieri scelti con cura e appropriati al racconto degli eventi del giorno che si sono snodate tra dcpm, regole del ministero della salute, articoli di stampa, grida di allarme e di solitudine, numeri impietosi…
I mesi che ci separano da quella primavera sono trascorsi consegnandoci giorni di grande sofferenza e ancora quella sofferenza segna il tempo della nostra vita quotidiana ma quella primavera Giustiniani, con il suo epistolario e le sue foto, ce la fa ritrovare attraverso la sua testimonianza, una “ritrovata” forma di narrazione che ci racconta di strade deserte, di uomini soli, di silenzi senza fine. Poi arriva il cinquantacinquesimo giorno, si conclude la fase 1 della quarantena, registra puntualmente l’autore, “dovrebbe iniziare la ripartenza”. Sembra che il tempo trascorso da quella domenica di maggio dello scorso anno e la domenica in cui scrivo queste note si sia annullato, siamo nuovamente a dire “speriamo” stiamo per ripartire. Purtroppo non si può annullare il sacrificio di molti che ci hanno lasciato e l’autore ce lo ricorda: “oltre 200 mila ammalati e quasi 30 mila morti in poco più di due mesi” prima di chiudere il suo epistolario con una pagina premonitrice de “La peste” di Albert Camus “il bacillo della peste non muore né scompare mai”. Ma con le ultime otto righe del suo narrare Giustiniani ci offre il suo vaccino: “ osservo fuori dalla finestra di casa: le felci verdi mosse dal vento, le calle circondano Il giardino di erba e margherite, il sole entra tra gli aghi dei pini. Il vento non è più quello freddo di inizio marzo… ma caldo, di una inoltrata primavera. La natura sembra non essersi accorta di nulla. Non ha mutato il suo corso. La primavera, una stagione che è stata sospesa nelle incertezze, sta lentamente scivolando verso l’estate; nella certezza che dopo una stagione c’è sempre in serbo la prossima”.
Chiudiamo il libro e guardiamo anche noi fuori della finestra, cominciamo a sperare che questa volta davvero tutto possa finire, prima o dopo la prossima estate, e ci assale il desiderio di stringere in un abbraccio senza fine tutto quello che amiamo di questa vita e ci viene la voglia di gridare, come un anno fa, “andràtuttobene”.
Perché “il virus ha rubato un parco”? perché ha tolto ai bimbi la gioia del gioco, la felicità di correre sui prati, perché non ci sono più i cavallucci a dondolo e l’altalena, perché anche nel parco dei bambini è arrivato il “cattivo virus”. Giustiniani ha dato al suo libro un titolo che racchiude il senso e il significativo di un evento che ha negato il sorriso dei bambini coperto da una mascherina. E se possiamo accettare l’idea di dover convivere con i virus, non sarà mai possibile convincerci che possiamo fare a meno del sorriso di un bambino che ha imparato a disegnare il virus, che ci sorride da una mascherina, che ha negli occhi una consapevolezza precoce che vorremmo cancellare per sempre.
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