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Salvate gli albergatori, per il bene dell’Italia

La retorica sul turismo come grande risorsa strategica dell’Italia è assolutamente giustificata. Le “spese in Italia dei non residenti” avevano raggiunto nel 2019 i 44,3 miliardi di euro con una crescita in termini reali di oltre il 20% negli ultimi cinque anni. La distribuzione delle potenzialità turistiche, inoltre, è abbastanza indipendente da quella degli altri fattori di sviluppo e perciò lo sviluppo turistico è effettivamente una leva che può essere utilizzata per contribuire a ridurre i divari territoriali nella creazione di ricchezza e reddito.

Non ci vuole molto a capire che le conseguenze dell’epidemia covid-19 si sono abbattute con particolare violenza su questo settore: nei primi tre trimestri del 2020 la citata “spesa in Italia dei non residenti” si è più che dimezzata, il fatturato delle imprese alberghiere è crollato complessivamente del -52%, secondo una recente rilevazione Istat il 51,4% dei responsabili di imprese di alloggio e ristorazione ritiene vi siano “seri rischi operativi e di sostenibilità dell’attività” (nettamente la quota più elevata tra tutti i settori produttivi); solo il 15% delle imprese del comparto risultavano a novembre totalmente aperte (contro una media generale del 68,9%) e il 3,9% aveva già rinunciato all’idea di riaprire (contro una media generale dell’1,7%).

Ciò che può accadere nel settore alberghiero (quasi 55.000 imprese e 300.000 addetti secondo il DB Istat, senza considerare indotto e collegamenti) è stato lucidamente descritto dal Presidente di Federalberghi Bocca su “Affari e Finanza”, spiegando che quando terminerà la moratoria dei pagamenti (affitti, mutui, etc.) e contemporaneamente le banche dovranno applicare le nuove e più restrittive regole sul credito un gran numero di queste aziende fallirà. O comunque i proprietari (questo lo aggiungo io) saranno costretti a vendere: se va bene a qualche catena multinazionale se va male (come è già successo nella ristorazione) a qualche strano “investitore” con un po’ di liquidità di dubbia provenienza da riciclare. Bocca spiega pacatamente che “molti albergatori per non fallire hanno bisogno di risorse finanziarie di lungo periodo, almeno 10 anni, a tassi di interesse i più bassi possibile: siamo convinti che una garanzia pubblica sia necessaria”. Alcuni hanno anche ipotizzato la creazione di uno strumento specifico o il rafforzamento e l’estensione del Fondo Nazionale per il Turismo gestito da CDP  in grado -se necessario- di acquisire temporaneamente la gestione delle strutture per rimetterle sul mercato in condizioni controllate.

Dunque il settore è strategico, la situazione è potenzialmente gravissima ma le idee per affrontarla ci sono. Ci sarebbero anche le risorse, visto che abbiamo una dotazione di oltre 200 miliardi aggiuntivi che dovrebbero essere destinati proprio agli interventi strategici nei settori più colpiti dalla pandemia.

Peccato che nelle tre paginette su cultura e turismo della prima versione della bozza di PNRR Next Generation Italia, che il Presidente del Consiglio ha presentato il 6 dicembre e di cui pretendeva l’immediata approvazione, di un intervento del genere non vi sia traccia e i fondi complessivamente destinati a cultura e turismo non superino l’1,5% del totale.

Se però qualcuno solleva il problema è un nemico del popolo.

Auguri.

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Daniele Fichera

Daniele Fichera. Ricercatore socioeconomico indipendente. Nato a Roma nel 1961 e laureato in Scienze Statistiche ed Economiche alla Sapienza dove è stato allievo di Paolo Sylos Labini, ha lavorato al centro studi dell’Eni, è stato a lungo direttore di ricerca al Censis di Giuseppe De Rita e dirigente d’azienda e business development manager presso grandi aziende di produzione e logistica italiane e internazionali. E’ stato inoltre assessore al Comune di Roma dal 1989 al 1993 e Consigliere regionale del Lazio dal 2005 al 2010 (assessore dal 2008 al 2010) e dal 2015 al 2018. Attualmente consulente per l’analisi dei dati e l’urban innovation per diverse società e centri di ricerca.

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