La divaricazione tra il popolo, da una parte, e le Istituzioni (Parlamento, Governo, Magistratura, etc.), dall’altro, sta divenendo la nota dominante nella vita politica dell’Occidente. Cresce di giorno in giorno. Che fare?
Persino nel modello britannico, da tutti ritenuto l’esempio di migliore liberal-democrazia esistente al mondo, i sondaggi popolari portano Boris Johnson, avversato nel Parlamento e con dissensi nel suo stesso Governo, alle stelle: nell’ultima rilevazione statistica i conservatori sono avanti di ben quattordici punti rispetto ai laburisti. E ciò, mentre l’Esecutivo si frantuma, le Camere gli creano un ostacolo dopo l’altro e la Corte Suprema fa trapelare un atteggiamento che non è esagerato definire minaccioso.
“Il popolo contro il Parlamento” – titolano, con poche varianti, i giornali britannici. Domanda: Perché avviene ciò? Una risposta plausibile è che il potere occulto di chi ha ampie possibilità di manovra politica nei vari Paesi dell’Occidente può funzionare bene (anche per eventuali e pur sempre ipotizzabili motivi di corruzione) a livello istituzionale, ma non riesce ad avere alcun peso sulla volontà popolare, soprattutto dopo l’avvento di internet.
Le Alte Autorità, investite di rilevanti funzioni pubbliche, sono disponibili a seguire, con mille acrobazie retoriche, i diktat delle oligarchie finanziarie. La gente, almeno quella più semplice e lontana dai giochi del business e della money, no! Il popolo sa, ormai, che la maggior parte delle forze politiche è legata, per ragioni di sostegno finanziario e di aiuto mass mediatico, al mondo delle banche e quando i suoi leader parlano di “svecchiamento” delle Istituzioni, spesso mentendo, le loro parole cadono nel vuoto; anche se i mezzi-busti che le ripetono sullo schermo televisivo (per verosimile ordine di scuderia) ostentano forzati sorrisi ed esagerati entusiasmi.
Anche per un popolo fiero e orgoglioso della propria identità, come è quello inglese, le delusioni, anche se contenute in limiti più accettabili che nella parte europea continentale, non mancano.
In Italia, per giunta, le disillusioni possono provenire persino delle stesse forze politiche che sono state ritenute idonee, alle votazioni, a produrre qualche cambiamento. Facciamo qualche esempio: il governo giallo-verde aveva annunciato mutamenti che poi sono tutti franati clamorosamente. E nessuno si è sorpreso per il fatto che una delle due forze vittoriose alle elezioni, quella del Movimento Cinque Stelle, sia passata, senza traumi apparenti, tra le forze della “restaurazione” (definita eufemisticamente “europeista”) dopo aver detto “peste e corna” dei burocrati di Bruxelles.
Tutte le promesse fatte al popolo italiano sono finite nel cestino. Enumeriamole: La promessa di trasformare il Fisco con il passaggio dal sistema progressivo a quello piatto è ritornata a essere una mera chimera. Ciò detto, è il caso che la gente si ponga delle domande, anche se inquietanti; e ponendosele, il divario tra politici, istituzioni e gente comune può riservare delle sorprese. Le pretese Vaticane che vanno dalla materia fiscale a quella dell’immigrazione non piacciono ai cittadini italiani, anche se religiosi. Ne tengano conto le forze politiche che intendono riprendere la bandiera, tutt’altro che infangata, di un sano e necessario sovranismo non solo nei confronti dell’Unione Europea ma del nostro stesso “ospite” tra le mura della Santa Sede.
I giovani Italiani, oltre che in crescente odore di ateismo, sono in larga misura “sovranisti”, perché amano il loro Paese e non vogliono andare in Inghilterra e in America del Nord per lasciare agli immigrati il Paese che i loro antenati (molto lontani nel tempo, in verità) hanno disegnato come il giardino d’Europa. E ne tengano conto, soprattutto, quelle forze liberali che non hanno mai esercitato il loro diritto di muoversi senza i lacci e i lacciuoli dei partiti di massa, democristiani e socialcomunisti.
I liberali italiani non hanno mai voluto accettare la lezione dei loro omonimi politici anglosassoni che hanno sempre rifiutato come maestri del pensiero liberale i filosofi del malsano e falsamente salvifico idealismo tedesco. Oggi, i liberali sono gli unici che possono togliere alla guerra (giustamente avviata contro l’egemonia oligarchica delle banche) l’etichetta di battaglia dell’ “Ultra-destra”; accusa con cui i partiti asserviti ai Paperoni di Wall Street, della City e ai tecnocrati di Bruxelles combattono ogni tentativo di rivolta contro le oligarchie finanziarie.
Inglesi e Statunitensi vi sono riusciti perché il loro liberalismo non è figlio di Hegel: essi potrebbero gioire di un tale evento. E gli Italiani, non codini e non fanatici, con loro.
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