Tra le facoltà a disposizione dei sindaci c’è anche quella di intestare le vie a qualcuno di importante, famoso, esemplare; di intitolare edifici scolastici, biblioteche, parchi e giardini, nonché impianti sportivi.
Un diritto di solito ammorbidito dalla presenza di una commissione consultiva e di un regolamento attuativo. Apparentemente un lavoro di routine che diventa, invece, sempre più delicato e scomodo.
Come al solito, ha cominciato la politica. Che ritiene un segno di potere impossessarsi della toponomastica, ovvero di celebrare ciascuno i propri eroi.
Nelle grandi metropoli che crescono a ritmo vertiginoso non è un problema accontentare tutti, anche se il celebrato rischia di essere ricordato in una via abbandonata di una estrema periferia.
Ma nelle città di provincia, caratterizzate dal decremento demografico e da uno sviluppo urbanistico più qualitativo che quantitativo (ristrutturazione e valorizzazione del centro storico) diventa arduo individuare nuovi quartieri con nuove vie e piazze.
Con il risultato che in occasione di tragedie nazionali, eventi straordinari, scomparsa di amministratori pubblici e politici nazionali e locali -laddove si fa sentire forte la richiesta di un omaggio adeguato (dal partito di appartenenza o semplicemente dalla famiglia stessa)- gli uffici comunali devono inventarsi un frazionamento di quanto già esiste per recuperare slarghi, fazzoletti di terreno, angoli di piazze, sottopassi.
Una volta si risolveva con un monumento ma oggi i gusti sono difficili: se è concepito all’antica, le critiche riguardano la sua “retorica” e magniloquenza, oppure la scarsa somiglianza. Se si opta per l’arte contemporanea, l’avanguardismo è eccessivo, “non si capisce niente”, non è rispettoso dei valori.
Carlo Azeglio Ciampi (attenzione a come si scrive) si deve accontentare di un “largo”, i martiri di Nassirya sono ospitati in una spianata in parte occupata da un parcheggio.
Un sottosegretario influente ha dovuto dimettersi per avere proposto l’intestazione di un parco pubblico al fratello di Mussolini, previa cancellazione della precedente dedicazione ai giudici Falcone e Borsellino.
Gli esponenti del centro-destra sono i più attivi su questo fronte: man mano che cresce il loro consenso, sentono maggiore desiderio di una legittimazione “marmorea”.
Anche perché in passato hanno faticato a rivendicare i loro ascendenti, antenati, predecessori. In fondo quei nomi di condottieri, santi, industriali celebrano “uomini d’ordine”, patrioti e nazionalisti (una volta assurti al potere).
La sinistra è stata svelta ad annettersi ogni tradizione: la civiltà romana, gli artisti del rinascimento, tutto il risorgimento (sottraendo alla fragile eredità liberale il suo meritato ruolo).
Senza mai fare autocritica; in ogni città manteniamo un corso Unione Sovietica che non esiste più in natura.
In conclusione io sono scettico sul fatto che quelle onorificenze appese ai muri stimolino la curiosità degli abitanti a documentarsi su quel partigiano, quel presidente della repubblica, quel papa citati.
Sarei più pragmatico, adotterei il modello newyorkese: ogni via è caratterizzata da un numero che ti permette di individuare immediatamente la sua collocazione (e anche la ricchezza, il tenore di vita, il livello degli studi di chi ci abita).
Così recitavo fino a qualche tempo fa. Poi è successo che i dirigenti dell’ospedale dove mio padre ha trascorso l’intera sua esistenza mi hanno invitato alla cerimonia di scoprimento di una targa, molto sobria, in suo onore nella bolgia infernale del pronto soccorso, il cuore pulsante della medicina.
Mi sono commosso pensando alla sua contentezza e ho capito il fascino della celebrazione pubblica.
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