“Si punterà sulla valorizzazione dei riconoscimenti Unesco legati al cibo: la Dieta Mediterranea, la vite ad alberello di Pantelleria, i paesaggi della Langhe Roero e Monferrato, Parma città creativa della gastronomia e all’Arte del pizzaiuolo napoletano iscritta di recente – annuncia l’ufficio stampa del ministero dell’agricoltura – sarà l’occasione per il sostegno alla candidatura già avviata per il Prosecco e la nuova legata all’Amatriciana”.
Il programma dei due ministri prevede inoltre di attivare iniziative per far conoscere e promuovere, anche in termini turistici, i paesaggi rurali storici, per il coinvolgimento e la promozione delle filiere e ci sarà un focus specifico per la lotta agli sprechi alimentari. Lo stretto legame tra cibo, arte e paesaggio sarà inoltre il cuore della strategia di promozione turistica che verrà portata avanti dall’Enit e la rete delle ambasciate italiane nel mondo e permetterà di evidenziare come il patrimonio enogastronomico faccia parte del patrimonio culturale e dell’identità italiana.
“Abbiamo un patrimonio unico al mondo – ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina – che grazie all’anno del cibo potremo valorizzare ancora di più. Dopo la grande esperienza di Expo Milano, l’esperienza agroalimentare nazionale torna ad essere protagonista in maniera diffusa in tutti i territori. Non si tratta di sottolineare solo i successi economici di questo settore che nel 2017 tocca il record di export a 40 miliardi di euro, ma di ribadire il legame profondo tra cibo, paesaggio, identità, cultura. Lo faremo dando avvio al nuovo progetto dei distretti del cibo”. Il ministro dei beni e delle attività culturali, Dario Franceschini annunciando l’avvio dal primo gennaio 2018 di una campagna di comunicazione social dei musei statali che pone l’attenzione sul rapporto, nei secoli, tra arti ed enogastronomia, sottolineandone il ruolo fondamentale nella costruzione del patrimonio culturale italiano”.
Distretti del cibo, musei e arte: sono i temi su cui un anno fa a Viterbo lanciammo il nostro progetto “Il gusto di Hermes”. Ma si sa, per avere successo non bastano le buone idee. Ci vuole il potere per realizzarle oppure il coraggio delle avanguardie oppure una classe politica che abbia buone orecchie: evidentemente non abbiamo avuto nessuna di queste condizioni.
Ma noi di MOONDO siamo testardi e vogliamo riprovarci: nell’anno nazionale del cibo italiano fondiamo a Viterbo la scuola delle arti e dei mestieri del cibo, mettiamo in vetrina la tradizione gastronomica della Tuscia, diamo valore ai nostri unici ed irripetibili prodotti tipici partendo da una realtà imprenditoriale della nostra provincia: L’IMPRESA ARTIGIANA DEL CIBO.
L’impresa artigiana del cibo, che costituisce il tessuto produttivo del mondo agroalimentare italiano, si è sempre trovata di fronte ostacoli che hanno impedito il successo pieno del suo prodotto. Infatti il problema principale è il valore del prodotto, perché non è sufficiente mettere a punto “prodotti specialità”, ma è necessario far nascere “mercati specialità”.
Pensare che basti fare il prodotto tipico o “naturale” e inserirlo all’interno di mercati competitivi per avere distintività e successo è assolutamente velleitario. L’esperienza di migliaia di piccole aziende sta a dimostrare che l’operazione “nicchia” non solo non funziona, ma crea un indebito vantaggio ai prodotti speculativi dell’industria che, sfruttando le virtù e le qualità dei prodotti artigianali, ne hanno capitalizzato gli aspetti qualitativi vincendo la partita sul piano economico.
E’ definitivamente caduta l’illusione di un mercato che, per essere libero, non deve avere regole e si è aperta la terza fase del capitalismo maturo in cui al centro della scena c’è il nuovo homo faber.
“Guadagnare con le nicchie non è affatto facile: di solito i cibi particolari vengono lavorati da piccole imprese, che fanno fatica a produrre grandi quantità di merce, a distribuirla”, ha scritto il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, “è questa la sfida futura del settore agroalimentare italiano: continuare a puntare sulle diversità, riuscendo allo stesso tempo ad accrescere il volume della produzione e delle vendite”.
Questa è la sfida degli artigiani del cibo, che si può vincere alla condizione di fare sistema e di creare un nuovo mercato.
Ma per fare il cibo ci vuole la patente. E per prendere la patente ci vuole una scuola: LA SCUOLA DELLE ARTI E DEI MESTIERI DEL CIBO.
L’agricoltura mediterranea, nei suoi millenni di storia, ha dato i suoi frutti e gli uomini di questa terra li hanno combinati così bene, da aprire le porte ad uno stile alimentare che tutto il mondo ci invidia.
Che la dieta mediterranea abbia proprietà straordinarie per il nostro organismo, infatti, non c’è dubbio, e se qualcuno ne avesse ancora, ad eliminarli del tutto ci ha pensato l’Unesco, dichiarandola Patrimonio immateriale dell’Umanità.
Ma se l’alimentazione è decisiva per la salute e il benessere, allora è della massima importanza la sicurezza e la qualità. Il problema da risolvere è la garanzia per il consumatore e quindi la professionalità e la responsabilità di quanti producono il cibo. Per questo ci vuole una Scuola delle arti e dei mestieri del cibo.
Il progetto della Scuola è centrato sull’apprendistato, sul recupero di mestieri antichi restituendo significato all’artigianato, uno dei pilastri del nostro Paese.
Mastri oleari, enologi, panettieri, norcini, casari etc possono riconquistare quel prestigio che storicamente la nostra società ha riconosciuto loro, perché sono i protagonisti della gastronomia italiana. Con questa scuola i partecipanti avranno la possibilità di imparare direttamente dai maestri un mestiere che può definire l’identità della propria vita.
Sotto la guida della Regione Lazio, all’interno di una struttura che si ispira alle botteghe rinascimentali, la Scuola avrà come protagonista la dieta mediterranea ponendo il cibo e il consumatore al centro del suo spazio.
Per gli italiani mangiare è un rito, che mette insieme e rielabora i prodotti che l’uomo sa creare da ciò che la natura gli offre. A garantirne la sopravvivenza sono gli antichi mestieri artigiani che si conservano anche grazie a questa dieta. Ma per fare tutto questo ci sono gli strumenti legislativi?
Gli strumenti normativi della Regione Lazio disponibili sono quelli indicati dalle leggi sulla formazione professionale che dispongono anche la erogazione di contributi per la qualificazione dei prodotti. Si può pensare ad una rete di aziende artigiane e loro Consorzi per lo svolgimento di corsi riguardanti sia la trasformazione agroalimentare che l’utilizzazione dei prodotti relativi nella dieta mediterranea secondo la tradizione propria della regione Lazio. In alternativa si può pensare di demandare lo svolgimento di tali attività ad una entità (associazione, consorzio di imprese artigiane) mediante convenzioni. Ed infine si potrebbe prevedere una esperienza propria presso aziende produttive o della ristorazione, così come si potrebbero tenere corsi brevi, residenziali, con finalità solo promozionali.
Il cibo è ricerca della felicità.
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