La nota che segue è redatta in forma di interrogazione parlamentare confidando che un membro del Parlamento, deputato o senatore che sia, a prescindere delle sue convinzioni politiche (ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione – art. 67 della Costituzione) e nello svolgimento della sua funzione di controllo politico, voglia presentarla al Governo nella persona del Ministro delle politiche agricole e forestali On.le Bellanova: a mio avviso i quesiti formulati meritano, anzi esigono una risposta.
La Agea, agenzia per le erogazioni in agricoltura, in data 3 luglio 2020 ha bandito una gara per l’acquisto da parte dello Stato di olio extravergine di oliva in confezioni da un litro: importo a base d’asta € 3,2 a confezione, gara al massimo ribasso.
La spesa prevista di € 7.980.000 sono fondi europei assegnati all’Italia per fornire agli indigenti prodotti alimentari: la gara fa infatti seguito a quelle analoghe per l’acquisto di prosciutto dop, di parmigiano reggiano dop e di grana padano dop, tutti prodotti alimentari italiani di eccellenza, con un disciplinare che garantisce la produzione in Italia.
Solo per l’olio extravergine di oliva ciò non è avvenuto: si poteva, in analogia con quanto è avvenuto per il prosciutto e per i formaggi, fare anche per l’olio riferimento a un prodotto dop o igp in modo da avere una garanzia di qualità e di origine nazionale, anzi territoriale, del prodotto. Allo scopo val la pena di ricordare che l’Italia vanta il primato europeo di prodotti olearia a denominazione di origine, con più di 40 dop/igp, prodotti unici e tutelati.
Secondo l’ultimo rapporto Frantoio Italia dell’Icqrf (Ispettorato Centrale Repressione Frodi) al 29 luglio 2020: “le giacenze di olio continuano ad essere molto alte, superiori di oltre un terzo rispetto al 31 luglio 2019 (+35,1%)” e di queste giacenze, 12,7 milioni di litri erano proprio di olio a denominazione d’origine, di cui l’83% riferibili a sole cinque dop/igp: Terra di Bari, Val di Mazara, Sicilia, Toscano, Calabria. Vi erano quindi le disponibilità per offrire agli indigenti, al pari di grana padano e parmigiano reggiano, anche ottimi oli extra vergini di oliva a denominazione di origine.
Niente di tutto questo è avvenuto: l’unica indicazione il prezzo di riferimento, chiaramente inferiore a quello di mercato per l’olio extravergine di oliva prodotto in Italia (€ 3,90 al Kg) ed allineato invece a quello d’importazione spagnolo o greco (2,28 – 2,45 al Kg): ne è conseguito un prezzo di aggiudicazione tra € 2,3 e € 2,8 al litro confezionato, coerente con i € 2,95 per un prodotto analogo che si può trovare nei supermercati italiani.
Il ministro Bellanova, rispondendo il 4 luglio ad una interrogazione in proposito presentata da alcuni deputati, ha affermato che non poteva farsi altrimenti dal momento che si trattava della utilizzazione di finanziamenti della comunità europea e che condizione per la loro utilizzazione era anche dell’olio extravergine da acquistare fosse prodotto con olive europee. Sarebbe stato semplicissimo tentare almeno di evitare l’acquisto di olio solo importato stabilendo nel bando che doveva trattarsi di olio già disponibile in depositi in territorio italiano, con la conseguente possibilità, in caso di quantità dimostratesi insufficienti, di una offerta di olio italiano e naturalmente a condizione che il prezzo di riferimento fosse più elevato. Prezzo basso, tanto basso non solo da escludere la partecipazione dei produttori oleari italiani alla gara ma di favorire il prodotto europeo più a buon mercato, quello di cui più spesso si annotano manipolazioni fraudolente, come quelle indicate nella sentenza del tribunale di Siena del 2017 a carico di una azienda di importazione olearia facente capo ad un signore e ad un gruppo di suoi sodali. Ad avviso del tribunale costui era a capo di una vera e propria associazione a delinquere per compiere frodi nel commercio dell’olio, rivenduto ai maggiori marchi italiani a loro insaputa.
Con che cosa e in che modo quell’olio era miscelato è narrato con ampiezza di particolari nella sentenza, un vero catalogo di miscele ingannevoli spesso addizionate con sostanze nocive per la salute dei consumatori. Nella sentenza, ad evitare ogni equivoco, è anche indicata la talpa nell’ispettorato antifrode delle ministero dell’agricoltura, necessaria per evitare incidenti di percorso per l’associazione a delinquere, salvo un imprevisto intervento della Guardia di Finanza.
Come quella appena descritta sono numerose le inchieste giudiziarie in corso in Italia che attestano quanto sia profittevole offrire al consumo del presunto olio extra vergine di oliva al prezzo più basso per biechi motivi commerciali a danno del consumatore. Il bando di gara al ribasso studiato da Agea prevede l’aggiudicazione di un olio extra vergine di oliva della fascia di primo prezzo al supermercato, 2,95 euro/litro, la stessa fascia di prezzo e tipologia di olio che è stata oggetto della maggiori attenzioni da parte di inquirenti e magistratura negli ultimi anni.
Chi ha predisposto il bando ed ha stabilito il prezzo di riferimento non poteva non essere a conoscenza di tutto questo: tuttavia ha proceduto ugualmente, poco preoccupato del risultato finale e dell’apprezzamento o meno della qualità dell’olio da parte del consumatore, forse perché convinto che “a cavallo donato non si guarda in bocca” in quanto quell’olio è destinato ad essere ceduto gratuitamente agli indigenti.
Le dichiarazioni rese alla camera dei deputati dal ministro Bellanova sono dunque sommarie, autoassolutorie per una gara che rischia di essere un volano per frodi, magari da parte di altre associazioni a delinquere. È pertanto opportuno che il ministro fornisca precise indicazioni sulle analisi che non potranno non essere eseguite sull’olio acquistato denunciando eventuali abusi restituendo fiducia ai consumatori, anche a quelli che riceveranno gratis quell’olio.
È possibile che solo per il prosciutto e i formaggi si sia correttamente fatto riferimento alla qualità e all’origine, tratti distintivi dei prodotti dop/igp, mentre per l’olio d’oliva l’unico dato è stato il prezzo? È possibile che il prezzo a base d’asta abbia ignorato quello di mercato dell’olio extravergine prodotto in Italia? È possibile che solo per la produzione olearia si siano ignorate le difficoltà economiche delle aziende frantoiane produttrici? Perché non disporre una inchiesta amministrativa su quanto è avvenuto, almeno ad evitare che fatti analoghi si ripetano in futuro, riferendo al Parlamento i risultati?
È da confidare che l’autorità politica responsabile voglia disporre in questo senso e soprattutto è auspicabile che i produttori oleari italiani cessino di essere vittime di un formalismo giuridico che, oggi come in passato, si rivela al loro danno ed a favore dei soliti noti.
Interrogazione semplice, fondata interamente sui fatti, priva di connotazioni politiche, nel solo interesse dei consumatori e dei produttori italiani di olio dalle olive: la speranza è che questa interrogazione venga presentata in Parlamento, anche a testimoniare che in questo Paese è ancora possibile contrastare l’arroganza del potere, il malcostume e forse anche qualcosa di più.
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