Il “golpe giudiziario” per sua stessa definizione non ha colore politico. Ieri in Brasile, i giudici hanno fatto il cambio di regime a colpi di accuse e l’opinione pubblica del Paese è convinta che sia stata la destra a “volere la testa” di Lula de Silva, candidato favorito, secondo tutti i sondaggi, alle elezioni dell’ottobre 2018 e costretto dalle accusa a ritirarsi dalla corsa al Planalto. E ciò per consentire a Bolsonaro di diventare Presidente; carica che, secondo i gauchisti brasiliani non avrebbe mai ricoperto senza l’aiuto del giudice Sergio Moro.
Il fatto, poi, che quest’ultimo sia stato nominato dal Presidente Ministro della Giustizia, la dice lunga sull’apoliticità dei magistrati. Oggi, in Israele, per la prima volta nella storia del Paese il primo ministro Benjamin Natanyahu è stato incriminato dal procuratore Avichai Mandelbit per corruzione, frode e abuso d’ufficio in un “tentativo di golpe portato avanti con una rivoluzione giudiziaria” e di “corruzione tesa a rovesciare un primo ministro di destra a opera di interessi stranieri”, secondo le parole attribuite dalla stampa locale al leader politico vittima, sempre a suo dire, di un vero e proprio “complotto”.
Allo stato dei fatti, ancora non si sa quale sarà l’esito del conato dei giudici, ma è piuttosto chiaro che se situazione del genere possono verificarsi c’è da riflettere sullo stato della democrazia nei luoghi in cui si verificano.
Secondo un giornalista dell’ “Opinione delle Libertà”, Arturo Diaconale, un analogo tentativo di golpe giudiziario sarebbe stato compiuto in Italia, negli anni Novanta, da Francesco Saverio Borrelli, per istituire, in luogo della Prima Repubblica, un Regime delle Toghe illuminate, non elette dal popolo. Sta di fatto, però, che l’incapacità operativa sul piano politico della sua “squadra”, pur avendo avuto il sostegno dei giornalisti, secondo le linee della “Tecnica moderna del colpo di Stato”, aveva portato, sì, alla distruzione dell’assetto politico, non solo del passato ma anche di quello del presente e del futuro, ma aveva lasciato il Paese, secondo Diaconale, nel caos più assoluto, in uno Stato di diritto stravolto e in uno situazione di corruzione notevolmente aumentata.
Ciò che si è tentato con esito positivo in Brasile, con risultato incerto in Israele e con un finale del tutto negativo in Italia dimostra diverse cose e, cioè, che:
a) Il detto di Winston Churchill, secondo cui “la democrazia è la peggiore forma di governo, a eccezione fatta per tutte quelle altre ipotesi che si sono sperimentate sinora” non troverebbe più quegli ampi consensi che aveva nei decenni passati; se è vero com’è vero che lo sdegno registratosi nei suddetti Paesi è stato piuttosto modesto e contenuto;
b) Israele e Italia, essendo gli unici Paesi di cosiddetta democrazia evoluta ad avere collocato il potere giudiziario al di sopra degli altri due, Esecutivo e Legislativo, infischiandosene del bilanciamento auspicato da Montesquieu, sarebbero un passo più avanti negli altri per il ripetersi di tentativi di “golpe giudiziari”.
c) Il governo autocratico del Pianeta da parte dei detentori del potere finanziario e monetario non può che vedere di buon’occhio la disgregazione delle liberal democrazie esistenti con un pullulare di incontrollabili azioni giudiziarie e la loro dissoluzione finale e irreversibile affidata alle decisioni delle toghe, molto più addomesticabili di chi ritiene di essere investito da poteri da parte del popolo sovrano.
In questi tempi duri per la sopravvivenza della democrazia, non suscita neppure scalpore la proposta di un comico agli sgoccioli delle sue performance politiche di abolire le elezioni, affidando la scelta dei parlamentari al sorteggio.
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