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COVID-19: Volare dagli Usa all’UE è complicato, ma fattibile

In circostanze normali non mi piacciono gli aeroporti, in particolare quelli di JFK e LGA (entrambi a New York City), e nemmeno EWR (Newark, New Jersey), ATL (Atlanta, Georgia), il nuovo Terminale Delta a LAX (Los Angeles), oppure CDG (Parigi), AMS (Schiphol, Amsterdam), MXP (Malpensa), FCO (Roma) e LHR (Londra). Ma dopo essere rimasto in lockdown a New York City da febbraio è stato anche piacevole passare per JFK per un volo Alitalia per Roma. 

Il volo di otto ore non è stato facile, ha richiesto preparazione e molta tenacia. Visto che era sempre occupato il telefono del centro assistenza Alitalia, per poter cambiare il posto sono arrivato molto presto al Terminal 1 (T1) di JFK: alle 14:30 per il volo delle 17:05. Fortunatamente al check-in mi hanno assegnato l’ambito posto vicino all’uscita d’emergenza. 

L’aeromobile Alitalia, un Airbus 330, era arrivato a JFK il giorno prima per poter essere completamente disinfettato ed indossare le mascherine era obbligatorio durante tutta la durata del volo. 

Prima di farli accedere al check-in, un addetto ha rilevato la temperatura a tutti i viaggiatori (la mia era 94,3 gradi F — 34,6 C) e l’ha registrata sui moduli di autocertificazione che i passeggeri hanno dovuto riempire per l’ingresso in Italia e per poi notificare l’isolamento fiduciario ai loro domicili in Italia. Solo i passeggeri potevano entrare al T1 (nessun visitatore) e solo quelli con i passaporti dell’U.E. hanno potuto acquistare i biglietti. Per viaggiare, i cittadini extra-U.E. dovevano avere ragioni speciali non legate al turismo o essere in transito verso altri paesi.

 A bordo erano consentite solo valigette di piccole dimensioni che non potevano essere riposte nelle cappelliere (questo divieto è stato ora rimosso), tutti i bagagli quindi dovevano essere imbarcati. L’area di imbarco del T1 a JFK sembrava un supermercato nell’era sovietica, ma nonostante l’aspetto spartano, era funzionale, con un paio di negozi e postazioni ristoro aperte. La lounge Alitalia, tuttavia, era chiusa. 

Passeggiando in aereo mentre ero in volo, mi sono reso conto che questa volta era meglio prenotare un posto nella cabina economy principale, che assicurava un vicino posto vuoto a tutti i passeggeri non imparentati. Le aree business e di prima classe erano più piccole e piene di viaggiatori, senza la possibilità di mantenere la distanza sociale. 

Durante il volo è stato servito un solo pasto ed acqua in bottiglia. Le zone dei bagni erano problematiche a causa del gran numero di anziani a bordo (molti di rientro in Albania, ben 24 imbarcati su sedia a rotelle) con la coincidenza a Roma. Sebbene fossero diligenti nell’indossare le mascherine, questi tendevano a congregarsi, e poiché parlavano solo albanese, la comunicazione era difficile. In ogni caso, era opportuno usare i bagni indossando dei guanti e disinfettarsi le mani con un gel liquido una volta tornato al proprio posto.

Nella foto (da s. a d.): questo giornalista, il comandante Giampaolo Guerra ed il co-pilota Ivan Viglietti sul volo AZ609

Arrivato alla porta di sbarco, sono stato invitato a visitare la cabina di pilotaggio dal capitano dell’aereo, che avevo incontrato lo scorso novembre durante un evento a Washington, DC. e non poteva mancare una foto commemorativa (in alto) Lo sbarco si è svolto tre file alla volta. Prima del controllo dei passaporti, i passeggeri hanno compilato un’altra autocertificazione poi ritirata dalla polizia di frontiera, e la temperatura è stata nuovamente rilevata dai termo scanner.

Dopo aver ritirato i bagagli, sono uscito dal terminale, ma prima di dirigermi verso il noleggio auto (ai passeggeri era vietato salire sui mezzi pubblici, devono prendere il taxi, venir trasportati in auto da famigliari o noleggiare l’auto), mi sono fermato in uno dei bar dell’aeroporto per una spremuta d’arancia ed un cappuccino, sempre con indosso la mascherina e con le mani disinfettate grazie ad un distributore di gel vicino al bancone del bar. 

Dopo tre ore di guida attraverso gli Appennini, sono arrivato a Giulianova, che si trova esattamente dall’altra parte di Roma, sulla costa est.

Prima di lasciare New York, avevo informato via e-mail l’Asl locale del mio arrivo per l’isolamento fiduciario (gli Usa sono ancora tra i Paesi a rischio, nonostante lo Stato di New York con 20 milioni di abitanti, abbia meno casi di Covid-19 della Lombardia).

La vita a Giulianova è un perfetto esempio della “nuova normalità”. La maggior parte delle persone indossa la mascherina nei luoghi pubblici e pratica la distanza sociale. Le attività commerciali, come bar, ristoranti e negozi sono aperte. In alcune spiagge, alcuni addetti misurano la temperatura dei visitatori prima che questi possano entrare, e gli ombrelloni sono ben distanziati.

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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