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Crisi di governo: “Whatever it takes”

Tutta l’Europa è stata colpita dalla pandemia, ma non tutta nello stesso modo.

Anche il rapporto debito/Pil è peggiorato ovunque in Europa, ma non ovunque nella stessa misura. Nel complesso si è passati da un rapporto del 79,2% (terzo trimestre 2019) ad uno dell’89,9% (terzo trimestre 2020) con un incremento del 10,6%. In Italia però la situazione iniziale era decisamente peggiore e si evoluta in modo decisamente peggiore; siamo passati infatti da un rapporto debito/Pil pari al 136,8% ad un rapporto pari al 154,2% (+17,4%, solo a Cipro è aumentato di più). E questo prima del dispiegarsi degli effetti della “seconda ondata” in cui siamo ancora immersi.

Questo drammatico peggioramento non ha (ancora) acceso la perversa spirale aumento del debito-aumento dei tassi di interesse-aumento del debito perché siamo coperti dall’ombrello dell’UE e della BCE che sono deterrenti nei confronti delle tentazioni speculative (il cui devastante impatto abbiamo sperimentato nel 2011).

Ma questa tutela non è  né infinita né incondizionata. Se l’Italia non dimostrerà di essere capace di riavviare le dinamiche di crescita del Pil e quindi di riassorbire progressivamente la forte accentuazione dello squilibrio che si è creata prima o poi l’“ombrello europeo” non sarà più disponibile, o non sarà più sufficiente.

L’Unione ha deciso di destinare all’Italia diversi consistenti aiuti, tra cui il Recovery Fund, affinché il nostro paese disponesse  delle risorse necessarie a sostenere l’impatto nella fase più critica (resilienza) e avviare gli investi per lo sviluppo (ripresa). Checché ne dicano gli stolti questa scelta non è un premio ai nostri meriti che possiamo utilizzare come più ci piace, ma un aiuto per rimediare ai nostri errori che dobbiamo utilizzare secondo certe regole.

La gestione da parte del Presidente del Consiglio della elaborazione del PNRR, cioè del primo e più importante atto utile per  manifestare la nostra volontà e capacità di ripresa,  è stata disastrosa nel merito e nel metodo ed è la causa principale della crisi politica che stiamo attraversando e che certamente non aiuta. L’assunzione in carico del Piano da parte del Ministero dell’Economia e Finanze ha evitato che la situazione precipitasse ma non ha risolto il problema, né poteva farlo. Il rischio che nei prossimi mesi la crisi finanziaria colpisca un corpo socioeconomico debilitato con conseguenze ancora più drammatiche è tutt’ora presente.

Servirebbe una guida di governo che abbia autorevolezza (interna ed esterna), competenza (effettiva e non millantata) e che non abbia come finalità primarie la ricerca del potere e del consenso personale. Tutti sanno che una figura che ha queste caratteristiche fortunatamente esiste.

Ma servirebbe un comportamento davvero “responsabile” delle forze politiche, rivolto a fare tutto ciò che serve (“whatever it takes”)  per far riprendere l’Italia e non per riprendere un po’ di voti.

P.S. Nel 2012, in piana crisi finanziaria, il Presidente della BCE Mario Draghi pronunciò la frase Nell’ambito del suo mandato, la BCE è pronta a fare tutto ciò che è necessario per preservare l’euro. E credetemi, sarà abbastanza.”  Ed in effetti la stabilità finanziaria dei paesi europei (fra cui l’Italia) più fragili fu salvaguardata.

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Daniele Fichera

Daniele Fichera. Ricercatore socioeconomico indipendente. Nato a Roma nel 1961 e laureato in Scienze Statistiche ed Economiche alla Sapienza dove è stato allievo di Paolo Sylos Labini, ha lavorato al centro studi dell’Eni, è stato a lungo direttore di ricerca al Censis di Giuseppe De Rita e dirigente d’azienda e business development manager presso grandi aziende di produzione e logistica italiane e internazionali. E’ stato inoltre assessore al Comune di Roma dal 1989 al 1993 e Consigliere regionale del Lazio dal 2005 al 2010 (assessore dal 2008 al 2010) e dal 2015 al 2018. Attualmente consulente per l’analisi dei dati e l’urban innovation per diverse società e centri di ricerca.

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