I giovani non sanno ancora che per passare dai 25 anni ai 50 servono solamente cinque anni. Questo perché vedono il tempo da una prospettiva distorta. Loro pensano che serva un quarto di secolo, ma quando arrivano ai 50 si meravigliano di come il tempo sia volato.
A dimostrazione di ciò vi è anche una formula matematica: a – b ÷ x = y, dove a è l’anno di arrivo, b quello di partenza ed x è la variabile calcolata con a x il numero fisso 0,1.
Dico questo perché oggi gran parte dei giovani sono depressi per colpa delle restrizioni causate dal coronavirus, mentre molti “anziani” non si lamentano perché ricordano ancora i sacrifici che hanno fatto i loro genitori durante la guerra, rinchiusi a casa o sfollati per ben quattro anni sotto la minaccia delle bombe che cadevano da parte di tedeschi, inglesi, americani e canadesi. Per rispetto verso i loro genitori, molti “anziani” di oggi non sentono di aver il diritto di lamentarsi per via del lockdown.
Per sfogarsi, tutti possiamo dare la colpa della pandemia ai cinesi, senza dubbio; alla mancanza di leadership, pure; ma non alla sfortuna, almeno per coloro che continuano a ricevere uno stipendio, che ricevono qualche aiuto dallo stato, che sono in buona salute e che sono tutelati a livello sanitario.
Per un giovane che non ha un riferimento storico, il lockdown sembra la cosa peggiore che il destino gli abbia potuto riservare, anche se non deve preoccuparsi di pasti, dell’alloggio, dell’accesso ai social media e, per alcuni di loro, anche dello stipendio, lavorando in smart working, cioè da casa.
“Però” dicono loro, “tutte queste spiegazioni non ci fanno sentire meglio: non avere un’idea di come sarà il futuro prossimo ci causa enorme ansia e i vostri riferimenti storici non ci aiutano”.
Ed ecco che il gap generazionale ancora una volta scuote le famiglie, come è successo nel 1968 (dopo il “boom economico”) e, ancora prima, negli anni 20 (durante un periodo di prosperità e cambiamenti sociali), ma con una grande differenza: la mancanza per i giovani di oggi di prospettiva storica e sociale.
Il 2020 rimandava agli anni venti, i cosiddetti “roaring twenties” (o “anni ruggenti”), invece ricorda una combinazione tra il 1918 — con la pandemia dell’influenza spagnola — ed il 1929 della grande crisi economica. Dopo la “doppietta” pandemia-depressione, i giovani di quell’epoca si sono trovati da “anziani” in mezzo ad una guerra mondiale. Il loro bagaglio storico aveva attenuato le difficoltà dei loro figli che stavano soffrendo per la guerra. Bagaglio poi tramandato alla generazione successiva, che da “anziana” sta ora attraversando la doppietta “pandemia-recessione” con lo stesso senso di rassegnazione dei loro genitori durante la Guerra.
Purtroppo, senza un vero bagaglio storico-sociale, tra qualche anno, quando i ventenni di oggi saranno “anziani”, questi non sapranno ancora come affrontare né nuove crisi economiche, né sanitarie.
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