Stando alle notizie ampiamente diffuse in questi giorni i due contraenti del “contratto di governo” sembrano rinchiusi in una gabbia, costituita nel loro caso nelle norme italiane ed europee, ostacoli insuperabili per la realizzazione di quanto scritto nel contratto.
Il lupo Di Maio si dibatte con il suo decreto dignità tra mille difficoltà, prima tra tutti la copertura della spesa necessaria: per la prima volta nella storia della repubblica un Decreto Legge è stato approvato dal Consiglio dei Ministri, senza avere copertura finanziaria, in spregio a quanto disposto dalla Costituzione, ed inserito all’ordine del giorno della Camera dei deputati prima di essere firmato dal Presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Per i sostenitori del cambiamento è stata una bella vittoria: non altrettanto per chi ritiene che le norme costituzionali debbano essere applicate fedelmente dai titolari del potere pubblico.
Per le pensioni d’oro, altro cavallo di battaglia dei pentastellati, le cose non sembrano andare per il meglio, dopo lo stop imposto dal ministro dell’Economia che ha rivendicato le sue competenze in materia di spesa pensionistica: se ne parlerà al Senato, dove il Governo ha una maggioranza risicata ed il cui Presidente si è dichiarato quanto meno perplesso sulla costituzionalità di leggi con effetto retroattivo. La grande festa dell’abolizione dei vitalizi per gli ex deputati, su Piazza Montecitorio, con spumante e palloncini gialli ha celato dietro all’atmosfera festaiola il ridicolo di ex deputati ed ex Senatori con un vitalizio diverso, a parità di legislature, in quanto il Senato si è ben guardato dall’adottare decisioni analoghe a quelle della Camera.
Le cose non vanno meglio per Salvini, che ormai potrebbe legittimamente aspirare al titolo di “sceriffo del mare”: malgrado le numerosi dichiarazioni fatte negli incontri con i governanti europei non è riuscito ad ottenere più che generici impegni, mentre i migranti rispuntano ogni giorno da tutte le parti.
Ultimo caso è quello tragicomico dei migranti raccolti in mare da una nave della Capitaneria di Porto, bloccata al largo del porto di Trapani, per ordine del Ministro degli Interni, che chiedeva le manette ai polsi di due migranti accusati di violenza privata, mentre i magistrati competenti rifiutavano tenacemente l’emissione dei necessari mandati. Il Presidente della Repubblica, con una telefonata al Presidente del Consiglio, ha sbloccato la situazione e costretto Salvini a fare una brutta figura: molti ritengono che da ora in poi non sarà la sola.
L’unica speranza degli italiani è che il sole dell’estate non picchi troppo sulla gabbia.
L’attuale classe politica di governo è per un verso ostile alle istituzioni repubblicane che sorreggono la nostra società democratica e per un altro verso ne è estranea.
In comune leghisti e pentastellati hanno una sostanziale avversione alle regole del nostro Stato. Come dici tu, caro professore, per costoro le regole sono una gabbia che vogliono smantellare in nome dei cittadini sovrani. Come ha osservato Panebianco in un lucido editoriale sul Corriere della Sera, lo Stato di diritto “si fonda su un equilibrio fra l’esigenza collettiva della protezione sociale e l’esigenza della tutela delle libertà individuali. È da questo principio che derivano la limitazione e il controllo del potere pubblico”. Principi estranei e lontani dalla sottocultura dell’odio e dell’invidia sociale che alimenta i movimenti populisti.
Vi è poi la questione della cosiddetta democrazia diretta opposta alla democrazia rappresentativa che si risolve in un “violento” antiparlamentarismo. Purtroppo l’opposizione è scomparsa: il 24 giugno abbiamo assistito ad una autentica espulsione dalla storia del Partito Democratico. Una storia cominciata male 25 anni fa (il golpe bianco di tangentopoli) da una forte matrice comunista mai rivisitata con l’innesto di un cattolicesimo politico ambiguo e pasticciato.
Ci vorrebbero nuovi capi, ha sentenziato Massimo Cacciari, estranei al passato, un gruppo dirigente “innocente”. E il giovane Calenda ha pensato bene di scrivere nero su bianco 5 idee e nulla più.
Dall’altra parte dello schieramento parlamentare Silvio Berlusconi non riesce a capire come sia potuto accadere che un ragazzotto senza arte nè parte abbia potuto battere il re del marketing e della tv. Mentre i cronisti di Montecitorio devono ogni giorno registrare un interminabile carosello di annunci e video di Salvini e Di Maio, una vera e propria deriva narcisista.
Di questo passo dove andremo a finire, caro Pacelli? L’approdo non è chiaro.
Più chiaro è come è nato tutto questo: in Italia lo start furono le monetine contro Craxi, atto di nascita dell’antipolitica. E da lì la sarabanda della secessione e di Roma ladrona, il berlusconismo per un bipartitismo fasullo, l’antiberlusconismo al posto del riformismo.
Intanto il mondo era cambiato ma nessuno glielo aveva detto ai nostri governanti: non c’era più il muro di Berlino e la finanza di Wall Street poteva fare quello che voleva fino al ciclone del suo fallimento, poi la lunghissima recessione e l’emergere della povertà di massa. Un processo che ha dissolto destra e sinistra e ha costruito Donad Trump. In Italia il server ce lo ha messo Casaleggio, lo spettacolo Beppe Grillo e le “nuove” idee i sovranisti e i populisti made in USA che, come nel teatrino dei Pupi, hanno la maschera di Salvini e Di Maio, ma il copione è lo stesso, l’esclusione dell’altro, l’invidia sociale, l’odio. Lo sfascismo, annota il direttore del Foglio.
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