Ciao Giampaolo, che questo governo Di Maio Salvini e la maggioranza movimento 5 Stelle-Lega che lo sostiene non abbia una opposizione degna di questo nome in parlamento e nel Paese è un dato di fatto: come possa essere accaduto che in una democrazia parlamentare come quella italiana l’opposizione somigli tanto a “Il cavaliere inesistente” di Italo Calvino, romanzo dove il principale protagonista si scopre alla fine essere un’armatura vuota, è oggetto di valutazioni diverse.
Forse non è lontano dal vero chi sostiene che la ragione vada individuata nella volontà degli elettori di “rottamare” partiti e uomini che hanno avuto, nei trent’anni passati, dopo la grande crisi degli anni novanta, responsabilità di governo. Che molte delle loro scelte siano state quanto meno criticabili, non sembra esservi dubbio, a iniziare da un contrasto inadeguato alla corruzione ed a una certa arrendevolezza verso l’Europa in cambio di una tolleranza per lo svolgimento di una politica economica che è risultata non adeguata anche per un debito pubblico in costante aumento è certamente vero ma non basta a spiegare il trionfo dei partiti populista, così come è una magra consolazione rilevare che è un fenomeno comune a molti altri paesi europei.
Il punto è che in una democrazia giovane come quella italiana la classe politica è apparsa agli elettori lontana dalle loro necessità, dai loro problemi, dalle loro paure, fondate o meno che fossero. I partiti tradizionali non hanno compreso in tempo che la digitalizzazione della comunicazione comportava tra l’altro il venir meno dello schema classico del partito di quadri, in cui il centro elabora le strategie e la periferia le adotta, sostituito oggi da un meccanismo circolare di continua integrazione ed elaborazione finale tra rappresentanti e rappresentati, anche al di la ed al di fuori dello schema partitico.
E’ stato questo un terreno fertilissimo per chi, usando strumentalmente la comunicazione digitale e quella radiotelevisiva è riuscito a creare paure, aspettative, richieste per poi assumere davanti agli elettori l’impegno di soddisfarle o di tacitarle, anche quando ciò non era chiaramente possibile. E’ così potuto accadere che nessuna forza politica abbia oggi un suo preciso programma politico: non quelle di governo, in quanto il contratto di programma è una sintesi dichiarata di istanze diverse e non si comprende quali effettivamente siano, e non quelle di opposizione, dilaniate da molte disquisizioni sul sesso degli angeli che spesso celano la volontà di protagonisti politici del passato di non essere definitivamente rottamati.
E’ dunque inutile fissare oggi l’attenzione su quale sia il soggetto politico al quale spetti di proporre scelte politiche alternative a quelle della maggioranza e del governo che essa esprime. Occorre partire invece da un programma politico da sottoporre agli elettori, arricchito via via dalle loro osservazioni, in una costante opera di mediazione sociale che è poi l’essenza stessa della politica, adottando lo stesso metodo che ha condotto alla vittoria elettorale i populisti, ma al tempo stesso rinunciando alla politica delle menzogne, del ricatto, delle facili illusioni, delle ciniche strumentalizzazioni.
Forse converrà riparlare più a fondo di tutto questo.
Caro professore, hai colto nel segno.
Condivido la tua proposta, ma non credo che il metodo corretto sia quello adottato dai “populisti” (e inoltre una cosa è la Lega con il suo capitano, altro è l’agenzia Casaleggio, altro ancora è quello dei “padrini pentiti”). Penso piuttosto sia necessario riprendere a ragionare di Politica, mettere a confronto le Idee fino alla formulazione di programmi e proposte da sottoporre ai lettori di Moondo con cui aprire un dibattito. E allora chiudiamo oggi questo nostro dialogo e apriamoci alla ricerca e alla discussione con tutti coloro che rifiutano la politica fatta con i twitter o su facebook, che preferiscono le analisi agli slogan, che stanchi di ascoltare il gossip vogliono riflettere sulle parole. Insomma ragionamento, pensiero, idee.
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