Quanto siamo digitali? Quanto la nostra vita è digitale? Cosa ci permette di fare il digitale e dove ci sta portando il digitale? Giovedì 6 dicembre ne discuteremo al Digital Day (#dday) ed approfondiremo questo tema che ha impatti nei settori economico, sociale, culturale, etico, politico. Parleremo delle nuove frontiere dell’information and communication technology: intelligenze artificiali, Blockchain, Data Scientists, Cloud computing, per citare le più vicine e già realtà.
Ma due aspetti non possono essere sottaciuti: il primo è che con il crescere delle nuove tecnologie è necessaria un’adeguata e crescente maturità da parte degli utilizzatori/utenti; il secondo è che sicuramente gli investimenti richiesti in tutti i settori produttivi del Paese richiedono esami e valutazioni da parte di politici e manager competenti. Si pone quindi un problema di una classe dirigente che sia in grado di governare questi nuovi e complessi problemi dell’epoca digitale. Un’epoca nuova della storia di cui stiamo vivendo la fase di transizione per cui è necessaria una nuova teoria altrimenti non saremo in grado di governare i processi: internet pone di fronte a noi rischi ed opportunità, perché non tanto la semplice capacità computazionale ma piuttosto la rete rappresenta la vera rivoluzione.
Sono passati circa 30 anni da quando Tim Berners ha creato il primo server per il World Wide Web, ma dopo tutto questo tempo assistiamo ad un uso distorto di Internet: pensiamo al fenomeno delle fake news, al cyberbullismo, all’uso dei social network ed al loro effetto sulle campagne politiche, per non parlare dei cyber attacchi tesi al furto di identità, di dati personali agli ignari utenti.
Ed infine l’ultima pericolosa “bufala”: la democrazia diretta! Tutto questo pone importanti riflessioni e responsabilità. L’ICT è cresciuto molto più rapidamente di quanto noi fossimo in grado di governarlo consapevolmente.
Per quanto riguarda gli investimenti, ogni organizzazione, sia pubblica che privata, dovrebbe sviluppare adeguate metodologie di valutazione dell’efficacia e dell’efficienza dei progetti informatici, al contrario troppo spesso si “sviluppa” per “sviluppare codice”, senza sapere quanto e come si sviluppa il software, quanto siamo in grado di valutare gli impatti e quanto soprattutto di misurare la qualità del prodotto digitale. Il mercato pullula di applicazioni, piattaforme, provider di servizi, società di ingegneria del software. Lì dove è il cuore dell’IT deve affermarsi la capacità politico-manageriale di valutare le nuove sfide, attraverso la capacità di misurare l’utilità e la qualità del prodotto, il rapporto costi-benefici, il serio confronto fra obiettivi prefissati e dichiarati ed i risultati che si possono raggiungere. Senza mai dimenticare la centralità della persona.
Ogni azione, ogni progresso è attuato dall’uomo, dalla potenza inesauribile dell’intelletto. Non a caso oggi si sta affermando la scienza del “Flow”, uno stato mentale e di coscienza in cui le persone si sentono ottimamente e rendono al meglio delle loro possibilità.
L’innovazione che porta progresso passa sempre attraverso l’Argonauta capace di guidare l’astronave, mentre tocca a noi, consapevoli viaggiatori, fare in modo che l’innovazione si traduca in maggiore democrazia, benessere, vera conoscenza e che sia salvaguardato l’uso etico della rete, nel rigoroso rispetto delle libertà fondamentali della persona, come di recente ha ricordato Berners nel WEB Summit di Lisbona.
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