Rassegna stampa dal 7 al 13 settembre
Sta salendo il bilancio dei morti che arriva a 30, provocati finora dagli incendi che stanno devastando la costa occidentale degli Stati Uniti. Gli Stati colpiti sono California, Washington e Oregon. Da come riporta la BBC solo finora i dispersi sono decine. In Oregon la situazione è così grave che un funzionario dei servizi di emergenza ha affermato che lo Stato dovrebbe prepararsi ad un disastro “mortale di massa”. Gli incendi divampano da tre settimane radendo al suolo milioni di ettari di terreno, distruggendo abitazioni e costringendo migliaia di persone ad abbandonare le proprie case.
Il fumo non ha permesso ai raggi del sole di penetrare per lungo tempo, e lo skyline di San Francisco, come quello di Oakland e Berkeley, ha cambiato diverse tonalità, fino ad arrivare ad un rosso cupo, ricordando scene apocalittiche. Troppe aree della California e degli Stati della costa occidentale sono stati distrutte.
Il porto di Beirut brucia ancora. Un vasto incendio è divampato in un deposio di olio e pneumatici creando il panico per la città. Neanche dopo un mese dalle esplosioni che hanno provocato oltre 190 morti e 6.000 feriti lasciando senza un tetto 300.000 persone. Le fiamme si sono propagate con grande rapidità, incendiando i copertoni nelle vicinanze. Un fumo denso e nero, un odore nauseante di gomma bruciata hanno immediatamente invaso la città, gettando nel panico la popolazione. Non vi sarebbero vittime. Il fuoco si è sviluppato nell’area del Duty free del porto. Il deposito di gomme era già stato parzialmente distrutto dalle deflagrazioni dello scorso 4 agosto.
Le autorità portuali hanno riferito al Consiglio Supremo di Difesa che il rogo sarebbe stato causato da lavori di saldatura effettuati in modo incauto. Le scintille avrebbero bruciato sostanze infiammabili, tra cui derrate alimentari di alcune organizzazioni umanitarie. “Le nostre operazioni umanitarie rischiano di essere paralizzate” ha dichiarato via Twitter Fabrizio Carboni, Direttore della regione mediorientale della Croce Rossa Internazionale. Aiuti che erano destinati non solo ai rifugiati siriani in Libano ma anche alla popolazione stremata della Siria e a molti sfollati albanese rimasti senza un tetto dopo lo squasso del 4 agosto scorso.
Una gigantesca colonna di fumo nero densissimo si è alzata nell’area del porto dove è scoppiato l’incendio. L’aria è diventata immediatamente irrespirabile, per le esalazioni dei copertoni bruciati. La cenere e la fuliggine hanno iniziato a ricoprire strade e automobili. In molti ritengono che la causa principale di questi roghi risieda nella mala gestione di una classe governante che ha trascinato la nazione in una crisi economica drammatica, dopo anni di corruzione e incapacità governativa.
“Un processo rapido e la pena di morte” per i responsabili dell’agguato in cui due agenti della polizia di Los Angeles sono rimasti gravemente feriti sabato 12 settembre. La richiesta, arrivata via Twitter è del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha definito i responsabili dell’aggressione degli “animali” da colpire “duramente”. Anche il suo rivale nella corsa alla Casa Bianca, Joe Biden, ha parlato di violenza “inconcepibile” e di colpevoli “da punire”. Davanti all’ospedale, intanto, si sono riuniti diversi manifestanti che incitano alla morte dei due poliziotti. Sabato pomeriggio due vice-sceriffi sono finiti in quella che le autorità hanno definito “un’imboscata”.
L’agguato è stato registrato dalle telecamere di sicurezza: il video, diffuso dal Dipartimento di polizia e rilanciato anche dal presidente Trump nel suo tweet, mostra un uomo che si avvicina all’auto di pattuglia parcheggiata, estrae una pistola e spara più volte verso i sedili anteriori dal lato del passeggero. L’aggressore quindi scappa velocemente. Gravemente feriti, i due sono stati operati: uno sarebbe stato colpito dai proiettili al volto, l’altro alla testa. Si tratta di una donna 31enne, madre di un bambino di 6 anni, e di un 24enne. Entrambi avevano prestato giuramento solo 14 mesi fa. Lunedì 14 Trump andrà a Sacramento per valutare di persona e la situazione dei due poliziotti. Nel weekend è stato in Nevada, dove ha parlato davanti ai suoi sostenitori, in gran parte sprovvisti di mascherine, accorsi ad ascoltarlo nell’hangar dell’aeroporto di Minden.
Qui ha toccato i temi-clou della sua campagna elettorale: la protezione del Secondo Emendamento, che sancisce il diritto a portare armi, la sicurezza del confine tra Stati Uniti e Messico, i disordini di Baltimora e le violenze sulla polizia, gli attacchi al suo rivale. Il Nevada negli ultimi appuntamenti elettorali ha sempre visto vincere i democratici e anche stavolta i sondaggi danno Biden in vantaggio sul presidente uscente. Lo Stato è uno dei tanti in cui gli elettori registrati possono richiedere di votare per posta. E Trump non ha mancato di contestarlo: “I democratici stanno cercando di truccare queste elezioni perché è l’unico modo per vincere”, ha detto tra gli applausi.
Il governo israeliano ha deciso: a causa dell’aumento di casi di coronavirus nel Paese ci sarà un secondo lockdown di tre settimane a partire da venerdì 18 settembre, con la possibilità che il provvedimento sia ulteriormente esteso. Lo ha annunciato il premier Benjamin Netanyahu al termine di una seduta straordinaria del governo. “Se ci atterremo alle regole sono fiducioso che sconfiggeremo il virus. Vedo il vaccino in arrivo”, ha dichiarato il primo ministro. Una decisione che ha visto un duro scontro all’interno dell’esecutivo che, prima ancora che cominciasse la votazione, ha registrato le dimissioni del ministro all’Edilizia Yacoov Litzman. Il premier ha dichiarato che prevedere che la quarantena “durerà almeno fino alla festa di Simchat Torah”, che si svolgerà il 10 ottobre.
Questo provvedimento, ha spiegato, si è reso necessario dopo che negli ospedali era stata innalzata una “bandiera rossa” dovuta alla crescente pressione sulle strutture mediche. “In pochi giorni siamo passati da 30 a 80 città rosse .Per limitare i danni dell’ economia , il settore pubblico continuerà ad operare (in forma ridotta) e cosi pure il settore privato , che però non potrà ricevere pubblico. Sarà inoltre impedito qualsiasi genere di assembramento. Rispetto ad altre economie , quella israeliana si è contratta di meno “ ha sostenuto il Primo Ministro. Netanyahu si rifiuta di affermare che il suo governo abbia fallito nel contenimento della pandemia. Nel Paese sono morte in totale 1.108 persone, con 153.759 casi totali registrati (dati del 13 settembre). Nelle ultime settimane è stato tra i Paesi con il maggior numero di contagi giornalieri registrati. Israele ha registrato un netto aumento dei contagi, che hanno superato anche i 4mila al giorno e vari responsabili di ospedali, come ha ricordato Netanyahu, hanno messo in guardia che le strutture potrebbero presto raggiungere una saturazione e le ricadute sarebbero pesanti.
Tra i più decisi nel sostenere il ricorso al lockdown è stato il ministro della Sanità Yuli Edelstein che, insieme al Commissario alla malattia Ronni Gamzu, ha dovuto faticare non poco per superare le barriere innalzate dai religiosi ma anche da altri ministri come quello delle Finanze, Israel Katz, che ha ammonito sulle ricadute del blocco sull’economia calcolate in circa 5 miliardi di euro. Lo scontro nell’esecutivo sul lockdown è sfociato anche nelle dimissioni del ministro all’Edilizia. il religioso Yacoov Litzman, che ha anche annunciato che il suo partito, Torah Unita, potrebbe abbandonare la coalizione. Litzman nella lettera di dimissioni, ha sottolineato che il lockdown impedirebbe agli israeliani – compresi quelli meno religiosi – di partecipare alle funzioni del Capodanno ebraico e di Yom Kippur.
Un terremoto di magnitudo 5.9 sulla scala Richter si è verificato in mare, in mezzo all’arcipelago di Vanuatu, nel Pacifico meridionale.
Lo ha registrato l’Usgs, il centro sismologico statunitense, che ha anche lanciato un allarme tsunami provvisorio. Il sisma si è registrato a 10 chilometri di profondità e a circa 84,6 chilometri a nordest della capitale Port-Villa.
Il Bahrein farà la pace con Israele. Lo ha annunciato il premier Benyamin Netanyahu in un videomessaggio ai cittadini dello Stato ebraico. “Sono emozionato nell’informarvi che abbiamo raggiunto un altro accordo di pace con un altro Stato arabo, il Bahrein”. Questo è il quarto Stato arabo, dopo Egitto, Giordania ed Emirati Arabi a raggiungere la pace con Israele.
Lo aveva anticipa la radio militare israeliana aggiungendo che un annuncio ufficiale in tal senso sarebbe arrivato presto da parte del capo della Casa Bianca. “Un’altra svolta storica oggi! I nostri grandi amici di Israele e del Bahrein hanno concordato un accordo di pace, il secondo Paese arabo a fare pace con Israele in 30 giorni”, ha infatti twittato Donald Trump, dopo l’intesa tra Israele e gli Emirati Arabi che sarà firmata il 15 settembre alla Casa Bianca. In realtà i Paesi in questione non erano in guerra con Israele: gli accordi servono per normalizzare le relazioni, a partire da quelle diplomatiche.
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