DI Francesca Petillo
Domani. Fino a quasi un mese fa lo avrei considerato soltanto un avverbio di tempo per indicare un semplice giorno che si avvicina, un giorno come tanti altri. Oggi, invece, mi reca un senso di speranza, speranza che forse domani sarà un giorno migliore, che la cosiddetta “curva del contagio” continui a scendere e che tutti noi possiamo finalmente tornare ad una vita “normale”. Ad essere sincera, però, non so bene cosa farò quando la porta di casa si potrà riaprire, o meglio so cosa vorrei fare ma non so esattamente come reagirò, cosa sentirò quando potrò riacquisire la mia libertà.
Perché alla fine si tratta di questo, di sentirsi imprigionati all’interno di quattro mura, di trascorrere le giornate in un’infinita e interminabile monotonia, senza poter vedere le persone a cui vogliamo bene, senza poter avere contatti se non virtuali -anche se sono consapevole che in questo momento è giusto e necessario non uscire- e di essere pervasi da un desolante senso di fragilità e solitudine.
La prima cosa che mi piacerebbe fare è proprio andare a trovare i miei parenti, in particolare la mia nonna che non vedo da diverse settimane, e poi incontrare le mie amiche, abbracciarle forte, ridere insieme e parlare tanto, raccontandoci tutto ciò che non abbiamo avuto la possibilità di dirci in questo periodo. Inoltre vorrei fare una lunga passeggiata nel mio paese e dintorni, respirandone l’aria fresca e pura.
Può sembrare una cosa sciocca, scontata, ma mi sono resa conto che non osservo la bellezza della mia terra da troppo tempo, che ho dato sempre per scontato le piccole cose, la meraviglia del paesaggio preferendo stare con un telefono in mano piuttosto che andare a fare un giro. Adesso che a casa ci devo stare per forza, per preservare la mia salute e quella della mia famiglia, questo non mi va più bene. Come è strana la vita! Anzi, come siamo strani noi che comprendiamo l’importanza delle cose solo quando ce le tolgono! Alla fine, però, credo che tutto ciò ci sia servito per diventare persone migliori, per comprendere il vero significato della parola “unione”, per imparare ad apprezzare quello che prima ritenevamo insignificante e a cui non davamo peso.
E se è vero che essere migliori vuol dire migliorare se stessi e di conseguenza il mondo, allora ci stiamo rendendo tutti, o quasi, portatori di tale cambiamento. Personalmente, ho imparato che bisogna sempre rispettare la natura, l’uomo con la sua dignità e i suoi diritti, rispettare chi ci sta permettendo, con il proprio lavoro, di superare questo momento così difficile e doloroso in cui la morte sembra dominare incontrastata sulla vita.
Ma il contributo più grande che vorrei dare riguarda i miei sogni, il mio futuro: mi piacerebbe difatti diventare una ricercatrice o comunque lavorare nell’ambito della medicina per poter aiutare coloro che si trovano in difficoltà. Forse persino nel buio totale vi è sempre un briciolo di luce, così come nell’assoluta paura di un nemico pericoloso e aggressivo come il Coronavirus si nasconde una formidabile speranza; perché, come dice Albert Einstein: “Impara da ieri, vivi per oggi, spera per il domani”.
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