Di Giusy Marrazzo
Quante volte abbiamo sognato di organizzarci lo studio a nostro piacimento? Quante volte abbiamo desiderato di non doverci muovere da casa per far lezione? E quante volte ancora abbiamo sperato in una catastrofe ambientale affinché quel maledetto pullman delle 7:30 non passasse? Tante, infinite, forse più dei giorni stessi passati tra quelle mura che dopo quasi cinque anni non potevo che sentire mie! Il L. Da Vinci è stato fonte di molte mie “prime” emozioni : quella scuola mi conosce meglio di chiunque altro, mi ha formata, mi ha accolto che ero poco più che una bambina ed è stata testimone di tutta la mia mutazione adolescenziale, di ogni mia amarezza per chissà cosa, di ogni mia gioia e di molte mie “storielle”.
Il periodo liceale non è stato solo “studio matto e disperato” tutt’altro….
È stato il tempo della mia crescita culturale e della formazione della mia personalità .È stato un tempo che ,come uno specchio ,gradualmente ci ha mostrato chi stavamo diventando: si scelgono determinate amicizie anziché altre; si viene attratti da alcune persone piuttosto che da altre; ma soprattutto si dedica più tempo ad alcuni interessi e si tralascia il resto.Ancor più importante è l’aspetto emotivo che ognuno di noi mette a dura prova: ansie, paure, angosce e malinconie, ma anche l’emozione di un bel voto, la soddisfazione di un buon compito e di un’interrogazione che gratifica .Ovviamente tutto è condiviso con ti sta vicino per cinque ore al giorno da cinque anni!
Senza accorgersi come e senza capire quando, un giorno ti senti come a casa.Tutti coloro che si impegnano a gestirla al meglio li senti complici, amici, alcuni li scegli come guida ed esempio , altri come semplici compagni di viaggio, pronti a gioire con te o ad accarezzarti per tirarti su il morale! E allora, come spiegare cosa mi manca di tutto questo?
Mi manca Lina, che con la sua “vocina” ti sussurra “ue né, nge u preside ca gira”; mi manca Giampiero pronto a tirarti un sorriso con quella camminata buffa; mi manca Antonio complice e disponibile come solo lui sa fare; mi manca persino la “signorina Rotty” sempre cool e vanitosa più che mai e sempre pronta ad entrare in classe e ricordare a qualche prof che la campanella è già suonata da venti secondi. Potrei continuare all’infinito, ma tutto mi porterebbe alla stessa conclusione: non va tutto bene e non è la stessa cosa! Le web-lessions non potranno mai sostituire le gole secche dei professori che si impegnano per spiegare e farci apprendere al meglio, come i messaggi Whatsapp dei professori intenti a rassicurarci non potranno mai sostituire le spiegazioni che venivano accompagnate da sguardi\parlanti, perché si, avevamo imparato a capirci anche dagli sguardi.
Tuttavia la speranza è l’ultima a morire: sono convinta che torneremo, come tornerà la professoressa Botti con le sue risate “malvagie”, come tornerà la professoressa Veneri con il rumore dei suoi “tacchini”; come tornerà il professore Bartoli con il suo umore peggiore della luna (non a caso)! Torneremo e soprattutto torneremo a varcare quel metro di distanza che purtroppo ora è imposto e a ricordare a tutti: Il Da Vinci C’è!
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