Al suo ultimo simposio da presidente della BCE, a Sintra in Portogallo, Mario Draghi ha fatto sapere che, se l’Ue non mostrasse segnali di miglioramento, la banca centrale avrebbe ancora a disposizione diverse armi per aiutare l’economia a crescere. Prima fra tutte un possibile taglio dei tassi d’interesse. E, se non dovesse bastare, «il programma di acquisto di asset ha ancora uno spazio considerevole».
Tradotto: la Bce si prepara a un altro Qe. Draghi ha ribadito più volte che «se la crisi ci ha insegnato qualcosa è che noi useremo tutta la flessibilità disponibile per rispettare il nostro mandato. E lo faremo ancora in futuro per rispondere a qualsiasi sfida all’obiettivo di stabilità dei prezzi».
Dichiarazioni molto apprezzate dai mercati che hanno fatto scendere lo spread sotto ai 250 punti base, stimolato i listini azionari e fatto calare l’euro sul dollaro. Il rafforzamento del dollaro, che deprime l’export statunitense, però non è piaciuto affatto al presidente degli Stati Uniti Donald Trump: «Mario Draghi ha appena annunciato il possibile arrivo di altri stimoli, facendo immediatamente calare l’euro contro il dollaro, e rendendo ingiustamente più facile per loro competere con gli Stati Uniti. Sono anni che lo stanno facendo, insieme alla Cina e ad altri».
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