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Elezioni in Germania: rinnovare la democrazia dal centro? Si può

Questa sera conosceremo il sinora incerto risultato delle elezioni tedesche, che potrà determinare importanti conseguenze nel- per definizione- sempre delicato equilibrio geopolitico mondiale, nella organizzazione istituzionale e gestionale dell’Unione Europea, nei rapporti – diversi ma fondamentali per tutti i partner- con la Francia e l’Italia.

Il risultato di oggi e le probabili lunghe trattative per la formazione di uno stabile governo e del suo programma forniranno inoltre chiavi interpretative della profonda mutazione in atto, non soltanto in Italia, nel modificato rapporto tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa imposto nel tempo presente per la realizzazione dell’eucrazia (il buon governo).

Quando il contenitore, ovvero il metodo, non riesce più a dar respiro al contenuto

Oggi i cittadini tedeschi votano, con presumibile composta partecipazione, il loro nuovo Bundestag con un sistema sostanzialmente proporzionale e soglia di sbarramento.

Il metodo tedesco prevede per ogni elettore due voti; il primo, Erststimme, serve ad esprimere una preferenza per un candidato nel collegio uninominale, il secondo voto, Zweitstimme, è un voto per scegliere la lista presentata dai partiti, Landesliste, in un ordine rigorosamente indicato dalle segreterie e serve a determinare il rapporto di forza fra le varie componenti. Con il voto uninominale sono eletti 299 deputati, altrettanti con la Landesliste. Tuttavia, tutti i 598 parlamentari sono eletti con sistema proporzionale basato sulla percentuale del secondo voto con l’esclusione dei partiti che non superano lo sbarramento del 5% e tre soli deputati eletti direttamente per il tramite del primo voto (i candidati in assoluto primi nel consenso ricevuto per numero di elettori votanti).

Sono candidati alla Cancelleria (Kanzlerkandidat) Armin Laschet, per L’Unione Cristiano-Democratica di Germania (CDU) e l’Unione Cristiano-Sociale in Baviera (CSU), Olaf Scholz per il Partito Socialdemocratico di Germania (SPD), nonché come capolista e cancelliera (Spitzenkanditatin und Kanzierkanditatin) a nome della Alleanza 90/I Verdi (GRÜNE), Annatena Baerbock. Tutti gli altri leader di partiti (La Sinistra -DIE LINKE-), Alternativa per la Germania (AID), Partito Liberale Democratico (FDP) non si presentano candidati alla Cancelleria.

Il metodo tedesco è stato quello, in Europa, che ha consentito la maggiore continuità di governo, Mutti Merkel, mamma Merkel, come è chiamata in Germania, è stata la più longeva Cancelliera tedesca, e, in assoluto, del mondo occidentale e democratico post-bellico. Solo un pensierino al confronto con un altro paese europeo noto per la stabilità garantita dal suo semi-presidenzialismo, la Francia. Mama Kanzler, Angela Kasner in Merkel, nei suoi sedici anni di cancellierato ha stretto la mano a ben quattro presidenti della Repubblica francese (Chirac, Sarkozy, Hollande, Macron). Forse senza assaporare quella speciale alchimia che coinvolse De Gaulle ed Adenauer, Mitterrand e Kohl, Chirac e Schröder, ma questo è un altro discorso che investe concerne in qualche modo la personalità metodica, paziente, pragmatica ma corretta da momenti di coraggio, sostanzialmente silenziosa di una governante che è profondamente amata nel suo paese per come ha saputo affrontare crisi mondiali terribili che hanno profondamente scosso tante altre nazioni e che , con ammirazione dei suoi concittadini, è assurta al simbolo di risolutrice delle crisi: Krise Kanzler per antonomasia.

Il pragmatismo merkeliano ha forgiato nel bene e nel male l’Europa: dalla nefasta politica punitiva nei confronti della Grecia ( 2007-2008), costretta a diventare il simbolo di come si è mal costretti ove ci si opponesse alle direttive dell’Unione forgiate dalla Germania al coraggioso piano europeo da 750 miliardi per la ricostruzione post pandemica aprendo al debito europeo, passando per l’incredibile pragmatismo dell’apertura delle frontiere ad un milione di vittime del disastro bellico siriano per chiudere subito dopo le porte, una volta risolto un importante problema interno di riequilibrio della popolazione attiva in crisi per la decrescita della popolazione.

La Germania di Angela Merkel è stata rassicurante per il suo paese e in parte anche per l’Europa, ma non ha sciolto, anzi in questi anni si è aggravato quello che è il peso della mancata risposta alla ridefinizione del ruolo storico della Germania nel mondo, che coinvolge direttamente l’Unione ed i rapporti di questa con gli Stati Uniti e la Cina.

Le elezioni di oggi tendono a non affrontare il problema ad allontanarlo nel tempo, sperando che le necessità del presente abbiano la meglio sui bisogni del futuro. Nessuna lista partititica, nessun candidato cancelliere affronta il tema di base: non potendo sopravvivere come singola potenza economica- anche se si è in effetti la  guida tecnica del condominio franco-tedesco- nel nuovo sistema che faticosamente vedrà la luce nei prossimi anni, come riconoscere innanzitutto a se stessi che il ruolo della Germania non può che realizzarsi con la coscienza del suo status di potenza all’interno e per l’Unione europea, in collaborazione con la Francia – potenza economica, militare e nucleare-e l’Italia, che potenza non lo è mai stata ma senza la quale non è possibile sviluppare alcuna politica compiuta economica e di difesa e che vanta un lodevole e riconosciuto primato di multilateralismo?

Il contenitore che uscirà questa notte dalle urne sembra insufficiente.

L’espressione “cultura economica renana”, per uno strano fraintendimento, è nella mente di molti limitativamente riferito allo sviluppo economico dei Land traversati dal Reno. In realtà il Reno, teatro di conflitti secolari, di frontiera sofferta e discussa, è stato il simbolo che nel dopoguerra, prima della CECA, per intendersi, fu proposto come emblema non più di un limite, di una separazione segnata dalle acque ma come segno di una Europa rinascente dal conflitto, motore attivo di pace e stabilità.

Pian piano il Reno in questi decenni non è stato più luogo di preoccupata attenzione franco-tedesca ma accelerazione di metodi, contenuti, regole comportamentali dell’Europa, allargandosi pian piano ad un’immaginaria area coinvolgente un vastissimo territorio da Amburgo a Genova, da Amsterdam a Parigi a Marsiglia, da Milano, Zurigo, a Vienna, Monaco e Berlino. Il che, detto per inciso, ha alimentato in modo irrazionale e non studiato il mito della Padania separata dal centro e dal sud dell’Italia.

L’area renana, meglio, lo sviluppo del “sistema” renano ha alimentato indirettamente, oramai, consciamente, il populismo perché la mancata visione del futuro, la tattica del dribbling continuo delle crisi mai affrontate, ma raffreddate con ambiguità e ambivalenza hanno indebolito le chance della unione politica dell’Europa ed hanno diffuso la percezione perversa di etero direzioni burocratiche di inafferrabili poteri offensivi della democrazia.

Un solo esempio. Ogni sei mesi, dopo l’occupazione illegittima della Crimea, la UE rinnova semestralmente ed unanimemente sanzioni a Mosca. Nello stesso tempo, dal 2014, nonostante i preoccupati altolà di molti paesi UE, dell’Ucraina e di Washington, a Berlino il governo ed il parlamento hanno voluto la costruzione del Nord Stream 2 per compensare l’uscita precipitosa dal nucleare. Nello stesso tempo la Germania ha mantenuto e rafforzato il suo ruolo sui dossier commerciali, industriali, economici, schivando ogni progetto europeo su sicurezza, euro difesa, energia. Oggi la crisi energetica colpisce tutti, Germania compresa, nonostante il Nord Stream 2 e la mancata eurodifesa ci espone nella crisi post afghana e nella nuova pericolosa competizione USA-Cina.

Una questione di democrazia

L’astinenza da Merkel ha colpito tanti tedeschi e molti italiani, tra questi uno è valutato tra i più intelligenti e del quale mi (auto) considero amico: Giuliano Ferrara, che si sente lasciato “solo ed impaurito” per il pensionamento di chi “ha preferito padroneggiare il lungo tempo dello spirito che le è toccato, mostrandosi come un serial killer di maschietti e meritandosi un grazie perché resterà sempre il simbolo di successo del centrismo politico”.

Giuliano Ferrara riesce sempre a cogliere, pur nella contraddizione, argomenti condivisibili, e certamente la pratica del centrismo è un tema largamente condiviso.

La questione è se il centrismo è solo, totalmente pragmatismo oppure è concertazione pragmatica di differenti approcci alla ponderazione dei bisogni ed alle necessarie, rispettive soluzioni di queste.

La Germania sembra seguire la seconda opzione, senza, tuttavia dar segno di volersi mettere alla prova della Storia, come da tempo brillantemente sostiene Lucio Caracciolo.

Merkel ha sostanziato il modello economico renano, orientato alle regole dell’economia di mercato sociale di Stato sociale, praticando nei fatti piuttosto che nelle enunciazioni quel nuovo ordine economico che i socialdemocratici tedeschi avevano definito all’interno del programma di Bad Godesberg, identificando la Germania e l’area economica renana in un modello organizzativo economico praticabile dalla Scandinavia all’Italia settentrionale, dalla Senna all’Oder.

Una enorme X senza istituzioni potenti ed efficaci ma etero diretta da Berlino. Il travaso di voti dalla socialdemocrazia a Merkel fu consequenziale. È altrettanto logico che il leader venuto dall’ombra, il socialdemocratico Scholz, vantando una continuità con Merkel di cui è stato vice cancelliere e ministro delle Finanze, rivendichi a se stesso la possibilità di continuare la politica, pragmatica e non centrista, della Cancelliera svuotando la CDU e la CSU di voti “renani” , mettendo così una seria ipoteca nelle future contrattazioni per la formazione del Governo e aprendo, dopo la Francia un altro importante caso di svuotamento della funzione dei partiti, che perdono nella società contemporanea europea (oramai post ideologica) i loro ruoli di comunità identificabili, sostanziandosi tuttavia in rassemblement politici, che ospitano portatori di interessi anche divergenti ma disponibili a trovare larghe intese con pragmatiche soluzioni.

Il candidato della CDU-CSU Armin Laschet pensa a tornare ad una sottolineatura del ruolo storico conservatore e popolare dei partiti che rappresenta. E forse questo lo ha limitato più della cattiva comunicazione nella acquisizione di consenso, secondo i sondaggi.

In Germania i partiti, a differenza della CDU-CSU, a cominciare dalla SPD conservano nomi e cognomi ma si aprono a mescolanze varie; in Francia Macron rappresenta un soggetto politico collettivo che attrae liberali e sociali, radicali, ambientalisti tutti rigorosamente europeisti, i socialisti cercano di realizzare un rassemblement capace di ospitare radicali e comunisti; in Italia regna ancora il tri-populismo destra/Salvini- M5S-PD e giustizialismo mediatico, con l’unica eccezione azionista liberalsociale di stampo europea rappresentata da Carlo Calenda.

Tutto resterà come prima dopo il voto di oggi?

Il dilemma tedesco, restare in Europa o, assieme alla Francia ed all’Italia, plasmarla a viso aperto, non può essere risolto da queste elezioni. Come abbiamo già scritto, nelle condizioni date, il contenitore non può ospitare il contenuto. Al momento assistiamo, qualsiasi sia il risultato, ad una confortante affermazione di democrazia partecipativa che può aprire strade nuove, a iniziare dall’Italia, per scrivere pagine di riforme istituzionali necessarie per le inevitabili e essenziali riforme europee che aprano le porte, sinora non valicate, della democrazia partecipativa in una Europa che è essenziale per i destini dei singoli popoli che la partecipano.

Lasciare, ancora una volta, alle élite al comando di rifugiarsi nelle ambiguità come soluzione dei problemi tramite la gestione della Conferenza sul Futuro dell’Europa appare insufficiente dinnanzi alla crisi della NATO, alla sfida in Asia, alla questione climatica.

Se il metodo “centrista” tedesco funzionerà, però, sarà possibile reiventare un sistema partecipativo nuovo che l’attuale politica, basata sulla tomba in cui sono sepolti i partiti storici, non è in grado di proporre.

Una Germania comunque solida e capace di tenere lontano dal governo i populismi e gli estremismi, in ogni caso locomotiva anche solo di un progetto politico “renano” in piccole dimensioni, sarà un segno se non di eccellente almeno di discreta salute. Il che non è poco nel momento post pandemico che viviamo.

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Giuseppe Scanni

Giornalista e saggista.

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