D. Sta per uscire quella che il suo editore, AVAGLIANO (che, se non erro, è Salernitano, come lei) nella quarta di copertina, definisce la sua opera più importante: ELOGIO DEL PENSIERO LIBERO. Leggendo i suoi scritti lei, però, sembra legato più alla cultura anglosassone che a quella italiana. Dove colloca il pensiero libero di cui tesse l’Elogio?
R. Preciso: il pensiero libero è sempre circoscritto a poche persone; non si estende mai a intere collettività. Immaginarlo come proprio di intere popolazioni di Paesi significherebbe cadere nell’utopia, nel “nessun luogo” ed entrare in conflitto con l’idea stessa di un pensiero libero.
D. D’accordo. Ma, leggendo le sue note, si ricava l’impressione che lo collochi soprattutto in Inghilterra. Così mi pare.
R. E’ vero. Solo, però, per la sua comparsa, diciamo pure più recente, che risale, comunque, all’epoca del Rinascimento italiano. La prima patria del pensiero libero è stato il mondo greco-romano: la Roma repubblicana, secondo Mommsen e Gibbon. E io sono orgoglioso di essere un discendente degli abitanti della Magna Grecia. Un discendente che nega decisamente le pretese radici giudaico-cristiane della civiltà europea. Non si tratta di radici ma, a mio parere, di innesti, di aggiunte, di sovrapposizioni anche se totalmente distruttive dell’antico pensiero.
D. Come salda il suo orgoglio “greco-romano” con l’alta considerazione che dice di avere del pensiero libero inglese?
R. Lo salda Tito Lucrezio Caro. Il suo stupendo libro, il De rerum Natura, trovò certamente proseliti in Italia (Niccolò Machiavelli, Giordano Bruno, Galileo Galilei) ma fu soprattutto all’origine della filosofia empiristica inglese, del razionalismo e del pragmatismo di quel popolo che non è stato mai preda degli universalismi, assolutistici e fantasiosi, di Idealismi metafisici e ha avuto la stessa visione concreta delle cose che ne avevano i Romani.
D. Beh! L’Inghilterra ha subito l’infllusso Cristiano anche se ha respinto, con Elisabetta I, quello Cattolico.
R. Sa che cosa fa dire Somerset Maugham a un suo personaggio nel “Velo dipinto”? – Se appartiene alla Chiesa d’Inghilterra, vuol dire che crede quasi in niente! L’unico effetto pernicioso di quella religione (“all’acqua di rose” per i problemi metafisici) è stato il Puritanesimo, che ancora infesta la vita pubblica inglese e nordamericana con gossip e fake news che il mondo pagano e libero greco-romano avrebbe destinato al cestino.
D. Sì, mi consenta, però, di passare all’oggi. Lei, in molti suoi scritti, distingue l’Unione Europea come sede del capitalismo finanziario o monetario (che dir si voglia) dal mondo anglosassone che con la Brexit e con l’elezione di Donald Trump starebbe ritornando al capitalismo industriale, quello tout court. Le chiedo: Ma…. New York e Londra non sono state esse a creare il capitalismo finanziario?
R. Certamente, sì! Lei, correttamente, ha detto che Gran Bretagna e Stati Uniti d’America si sforzano di “ritornare” al capitalismo industriale tout court. E io le aggiungo: con molti sforzi e tante difficoltà. Trump è costretto a fare una vera gimkana tra i tranelli che i mass media gli tendono quotidianamente e Jonhson sta sperimentando che cosa significa porsi contro il Regno dei Paperon dei Paperoni e contro il sistema mediatico che è in sua mano. La Finanza, sostiene con crediti (e altro) carta stampata e radiotelevisione. E senza internet, il web, i social, i giornali on line, come il Suo, il riscatto anglosassone dall’egemonia dei monetaristi sarebbe stato impossibile. Ne sanno qualcosa i governanti precedenti: Thatcher, Blair, Cameron, Clinton, Bush, Obama… di orientamenti politici diversi ma tutti tenuti a osservare, per ragioni varie, il Verbo monetaristico!
D, Veniamo all’Europa. Che speranza, secondo lei, ha di uscire dalla morsa dei Finanzieri?
R. Poche. Allo stato: nessuna.
D. Beh! I sovranisti sono in crescita, però! In Italia Salvini minaccia tuoni e fulmini! Dice: Torneremo!
R. L’idea di Matteo Salvini di poter turbare i sonni dell’Unione Europea è uno di quei sogni destinati a svanire alle prossime elezioni se si ricostituirà il vecchio Centro-Destra tra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia.
D. Perché? Mi sembra quello il suo obiettivo!
R. E lì sbaglia. L’ultimo dei partiti da me citati, Forza Italia, insieme a quello recentemente costituito per la spaccatura verificatesi nel Partito Democratico, Italia Viva, sembrano essere raggruppamenti politici certamente non amati dal mondo dell’Alta Finanza, egemone nell’Unione Europea, ma il loro programma altro non è che, nel primo caso, “entrare”, e nel secondo, “rientrare” nel cuore degli gnomi di Wall Streete della City.
D. Capisco che cosa intende dire. I partiti di Berlusconi e di Renzi sono, per darne, con altre più colorite parole, un’immagine visiva, come delle amanti respinte dal partner da loro desiderato ma che non rinunciano mai a offrire i propri servigi, se e quando richiesti. Perché questo, secondo lei?
R. Per scarso appeal del primo leader e per la cattiva prova data dal secondo. D’altro canto, entrambi non sembrano avere altre chance, nell’attuale situazione politica italiana. Quei partiti sono affollati di iscritti e di militanti appartenenti a Istituti e Centri (cosiddetti “di studio, di assistenza, di consulenza”) creati e sorretti dal mondo finanziario al fine di avere presenze e addentellati con le forze politiche a esso non ostili. Essi non possono, per la contraddizione che ne consente, schierarsi con partiti definiti “sovranisti” (se non per ostacolarli). In questo senso la posizione di Renzi è migliore di quella di Berlusconi anche il loro “sogno finale” è di unirsi per fare causa comune.
D. Lei, in buona sostanza, afferma che movimenti volti, programmaticamente, a richiedere la revisione delle regole dei trattati europei contrarie a una politica di capitalismo monetario non possono avere come alleati partiti per loro natura “anti-sovranisti” e legati al carro dei tecnocrati di Bruxelles. Secondo lei, però, la gente comune percepisce tutto ciò?
R. Certamente, ma non nei termini che ho riferito. Avverte il malessere derivante dal tonfo dei paesi Europei: per quanto riguarda l’Italia soffre della caduta dalla vetta del miracolo economico e dal tetto dei Paesi più industrializzati del mondo al baratro degli Stati a crescita-zero.
D. Ciò, però, era avvenuto anche per i Paesi Anglosassoni. La caduta era stata anche loro!
R. Certamente. I governi inglesi e statunitensi erano divenuti fortemente dipendenti dalle centrali finanziarie esistenti nei loro stessi Paesi, e qui ritorna la mia tesi sul pensiero libero come prerogativa soprattutto degli anglosassoni. La sensibilità politica delle masse britanniche e nord-americane ha fatto registrare segni di insofferenza e questa è stata percepita da uomini politici di matrice liberale. Si è compreso che era necessario cambiare registro per arrestare il crollo e quei due Paesi l’hanno cambiato o lo stanno cambiando…
D.Chi può contribuire a porre sulla linea degli Anglosassoni gli Europei del Continente non insulare?
R.Facciamo la conta all’inverso. Certamente non i cristiano-sociali, non gli ex democristiani, non i socialdemocratici, non i post-comunisti: tutti insieme, essendo franate le loro promesse di uguaglianza universale, rappresentano lo zoccolo duro degli Unionisti Europei (sedicenti “Europeisti” con incomprensibile orgoglio, come se gli altri abitanti del vecchio continente dovessero dirsi “paupasici”!).
D. Restano i liberali, dove ancora esistono. Sembra di capire, però, che essi accettino lo status quo, senza troppa sofferenza…. Sono accodati a democristiani e socialdemocratici oggi in Europa come lo sono stati sempre in Italia.
R. E continuano a esserlo, è vero: accettano che un potere inafferrabile, irraggiungibile, asserragliato in stanze ovattate e blindate, rigorosamente sbarrate e invalicabili per i non addetti ai lavori, sostanzialmente anonimo e privo di un volto riconoscibile abbia i connotati dell’assolutismo più pieno e influisca pesantemente sulla vita degli operatori economici euro-continentali, riducendo le classi imprenditoriali all’impotenza operativa e all’accettazione di una crescita-zero, per mancanza di investimenti produttivi. Purtroppo è così! E non si scandalizzano neppure che una ristretta piccola, privilegiata e ricca cricca di banchieri e di bancari (al servizio dei primi) persegua il solo obbiettivo di accrescere la propria già rilevante ricchezza e di aumentare il proprio potere in ambito mondiale, frenando la libertà d’iniziativa.
D. Nei suoi articoli, però, lei sostiene che quella cricca ha il sostegno mediatico e di importanti “centri di elaborazione di idee per il benessere dell’umanità et similia” (otre che di altre associazioni con finalità dichiarate filantropiche) e, infine, dei propri organi d’informazione (idest: la quasi totalità), non crede che molti professionisti dell’area liberale diano il loro contributo a tutto ciò, con consulenze e interventi giornalistici? Se intellettuali dipendono da editori di libri e di testate di stampa o televisive…
R. Non l’escludo e, parafrasando il titolo del più noto libro di Primo Levi, concludo: Se questo è un liberale… sonni tranquilli per gli anti-sovranisti!
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