Rassegna stampa della settimana dal 1 all’ 8 febbraio.
La Giamaica, terra di palme, sole, Bob e Maria. La terra simbolo di Bob Marley, che nel 2014 ha legalizzato per prima la cannabis nelle Americhe, oggi si trova in forte difficoltà economica proprio per la mancanza della sua preziosa materia prima: la marijuana.
Le forti piogge di stagione, gli uragani dell’anno scorso seguiti dalla forte siccità hanno causato importanti danni agli agricoltori che coltivano la marijuana fuori dal sistema della legalità. L’emergenza Covid ha imposto molte limitazioni al paese, fra cui il coprifuoco governativo dalle sei del pomeriggio fino all’alba, impedendo ai contadini illegali di raccogliere la cannabis nelle ore notturne e sfuggire ai controlli della polizia locale.
Una combinazione che ha messo in ginocchio anche il mercato della cannabis, nel feudo più celebre al mondo, madre della produzione, patria dello spinello facile.
«È il momento peggiore di cui ho memoria, oltre che una vergogna culturale», denuncia Triston Thompson, dirigente di Tacaya, una società di consulenza della nascente industria della cannabis legale.
Da 6 anni la marijuana in Giamaica è usata da sei anni per qualsiasi scopo legato alla fede. Chiunque sull’isola può coltivare fino a cinque piantine nell’orto per consumo personale, mentre per i religiosi non si pongono limiti di uso, gli adepti possono fumare quanto vogliono. Un’erba sacra utilissima per avvicinarsi a Dio.
Non ci resta che dire “NON WOMAN, NO CRY” torneranno sicuramente momenti migliori!
NEW DELHI
La stima è di almeno 7 morti e 200 persone scomparse. Questo è ciò che è accaduta nello stato dell’Uttarakhand, in India, dove un pezzo di ghiacciaio dell’Himalaya è caduto nel fiume dell’India causando un’esondazione.
La massa d’acqua e detriti, che ha superato una diga, ha travolto due centrali elettriche, nonché strade e ponti. I lavoratori erano bloccati in un tunnel, secondo il Times of India.
“Sto costantemente monitorando la sfortunata situazione in Uttarakhand. L’India è con l’Uttarakhand e la nazione prega per la sicurezza di tutti. Parlo continuamente con le autorità locali ricevo aggiornamenti sulle operazioni di soccorso“, ha scritto il premier indiano Narendra Modi su Twitter.
BIRMANIA
Migliaia di persone si sono riversate in strada per protestare, disobbedienza civile da parte di coraggiosi ribelli con un fiocco rosso al petto e le tre dita alzate.
Dopo il colpo di Stato in Myanmar, dove il consigliere australiano Aung San Suu Kyi è stato arrestato, è stato ordinato per diversi giorni un blocco per accedere ad internet. Un gesto inammissibile, che mina i diritti delle persone imbavagliando i loro pensieri.
Nelle ultime ore la possibilità di accedere ad Internet è stata parzialmente ripristinata in Birmania. Lo afferma NetBlocks, l’organizzazione non governativa che controlla la sicurezza informatica e la governance di internet.
“Ripristino parziale della connessione a internet confermata in Birmania a partire dalle 14, ora locale, su più provider a seguito del blackout delle informazioni“, afferma il servizio di monitoraggio Internet su Twitter, aggiungendo che le piattaforme dei social media sono comunque bloccate, come riporta l’Ansa.
Una protesta che ha visto scendere in piazza a Yangon più di mille birmani. Una manifestazione di dissenso nei confronti del colpo di Stato del 1 febbraio che ha ribaltato il governo civile di Aung San Suu Kyi. “Continueremo a mobilitarci finché non avremo la democrazia. Abbasso la dittatura“, ha detto Myo Win, un manifestante. Ieri diverse migliaia di persone erano già scese in piazza nella capitale economica del Myanmar (ex Birmania).
ZAKI
“Zaki libero”, il contest ideato da Amnesty International Italia e dal Festival Salentino “Conversazioni sul futuro”, in collaborazione con il Festival dei diritti umani di Milano e l’associazione Articolo 21 e con il patrocinio dell’Alma Mater e del comune di Bologna.
Dieci poster saranno affissi nell’anniversario della convalida dell’arresto di Zaki, a Bologna, come nelle altre città che hanno aderito all’iniziativa.
“PATRICK LIBERO” Lo chiedono in tanti, fra cui alcuni europarlamentari europei, in un video appello pubblicato dalla pagina Facebook degli attivisti che cercano di fare tutto il possibile battendosi per la libertà del ricercatore egiziano di 29 anni dell’Università di Bologna in carcere in Egitto da un anno.
Lo “firmano” con messaggi video Fabio Massimo Castaldo (vicepresidente del Parlamento Ue), Pierfrancesco Majorino, Soraya Rodríguez, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Elisabetta Gualmini, Pietro Bartolo, Patrizia Toia, Brando Benifei.
“La sua unica colpa è stata avere opinioni libere. La situazione richiede una risposta concreta e immediata, anche sotto forma di sanzioni Ue”, afferma Castaldo.
Condividendo il filmato gli attivisti scrivono: “Oggi, il 7 febbraio 2021 segna un anno dalla detenzione di Patrick all’aeroporto internazionale del Cairo. In questa occasione, i membri del Parlamento europeo rinnovano la loro richiesta per il rilascio di Patrick e promettono di continuare a lottare per lui. Li ringraziamo per essere la voce di Patrick e per usare la loro posizione per promuovere un mondo più sicuro dove i diritti umani vengano rispettati“.
Bartolomo afferma: “La sua colpa è essersi occupato di diritti umani”.
Patrick è il simbolo dell’Europa come la vorremmo“, ricorda Picierno, “ma è purtroppo diventato il simbolo del fallimento dell’Europa che abbiamo di fronte“. “Vogliamo che torni prima possibile a Bologna“, sostiene Gualmini.
BREXIT – REGNO UNITO
La Brexit è stata siglata la Vigilia di Natale ed è entrata in vigore dal 1 gennaio 2021, ma l’industria del Trasporto merci britannica accusa il ministro Michael Gove di aver ignorato le problematiche che l’accordo in extremis avrebbero prodotto, difficoltà cospicue.
Come rivela il domenicale Observer, il trasporto merci ha subito una diminuzione delle esportazioni dal Regno Unito verso L’Ue del 68%, solo rispetto al gennaio 2020.
Secondo i dati forniti dalla Road Haulage Association le prospettive future non sono di gran lunga migliori di quelle attuali, considerando che a luglio scatteranno i nuovi controlli sulle importazioni.
STATI UNITI
Con 230 voti a favore e 199 contrari, il 4 febbraio la camera dei rappresentanti ha rimosso la repubblicana Marjorie Taylor Greene dagli incarichi nelle commissioni per l’istruzione nelle commissioni per l’istruzione e per il bilancio.
Questa conseguenza è il frutto di una scelta ben precisa da parte della deputata, il sostegno al movimento complottista di estrema destra Qanon. Una decisione che ha visto coinvolti anche undici deputati repubblicani, che hanno votato insieme ai democratici per rimuoverla. Majorie Taylor Greene, deputata della Georgia, in passato aveva anche sostenuto l’ipotesi che le sparatorie nelle scuole statunitensi erano state organizzate da lobby contro le armi.
BRASILE
Il 4 febbraio si è conclusa la triste vicenda accaduta il 25 gennaio del 2019 nella miniera di ferro nello stato del Minas Gerais dove hanno perso la vita 270 persone.
Una catastrofe causata dal cedimento di un bacino di decantazione della miniera. Dopo svariate trattative l’azienda mineraria brasiliana ha accettato di pagare più di sette miliardi di dollari di risarcimenti per il disastro della diga di Brumadinho.
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