Tommaso De Simone, presidente della Camera di Commercio di Terra di Lavoro, dice che gli usurai si stanno prendendo tutto quello che c’è da prendere sul territorio, messo in crisi dal coronavirus. Le pratiche sono spietate, arrivano al punto di render schiavi dell’usuraio i figli dell’usurato. Denuncia De Simone: «Lo strozzino ha il viso di un amico, un benefattore, che ti aiuta quando tutti gli altri ti hanno abbandonato. Che ti dà del denaro subito, quando ti serve. Mentre le banche o lo Stato te lo affideranno solo a morte avvenuta. O forse mai. Il sistema è semplice. Quando qualcuno ti chiede del denaro, non firmi più garanzie o cambiali o emetti assegni in bianco, ma firmi una procura a vendere. Cedi cioè la proprietà di un tuo bene. Se non rientri del tuo debito con lo strozzino, questa procura a vendere si moltiplicherà, cioè ne saranno emesse altre: fintantoché avrai proprietà e l’usuraio ti presta soldi. Prestito che difficilmente si potrà restituire: non tanto e non solo per gli interessi ovviamente elevatissimi, ma perché quando, come nella quarantena, non ci sono entrate economiche, l’ulteriore prestito ti serve per mangiare da un lato e per pagare le rate del debito dall’altro». E quando non ci sono più le proprietà, scatta il nuovo perverso meccanismo di sottomissione. «Quando non si hanno più proprietà, chi ha ricevuto la procura a vendere, non lo strozzino, ma un terzo, naturalmente incensurato, passa all’incasso e monetizza tutto. È a questo punto che scatta la nuova diabolica innovazione. Se ci sono figli o figlie in età da lavoro, legalmente, maggiorenni o minorenni, lo strozzino chiede al padre di impiegarli in un’azienda a lui vicina, ma non riconducibile alla sua persona. E in questo modo si paga il debito, se tutto va bene. Non oso immaginare altro» [Ferraiuolo, Avvenire].
Il numero di americani che la scorsa settimana ha richiesto il sussidio di disoccupazione è di 1,314 milioni. Un dato più basso delle attese in calo di 99 mila unità rispetto alla settimana precedente. È comunque la sedicesima settimana consecutiva che si registra oltre un milione di nuove richieste. Prima della pandemia, la soglia del milione non era mai stata superata.
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che Donald Trump dovrà fornire le proprie dichiarazioni dei redditi ai procuratori dello Stato di New York che indagano su di lui. Per il momento invece non sarà tenuto a darle al Congresso degli Stati Uniti, che pure ne aveva fatto richiesta. La decisione è stata presa da una maggioranza di sette giudici contro due, con il parere favorevole anche dei due giudici conservatori scelti dal presidente statunitense, cioè Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh. L’inchiesta di New York riguarda i soldi versati all’ex faccendiere e avvocato di Trump, Michael Cohen, affinché pagasse due donne per impedire loro di raccontare che avevano avuto una relazione con Trump. I magistrati sospettano che quei soldi siano stati versati usando i fondi del comitato elettorale trumpiano, atto che sarebbe un reato.
La Procura di New York non potrà rendere noti i dati relativi alla situazione fiscale di Trump. E ci vorrà in ogni caso molto tempo per ottenerli. «La Corte Suprema ha rinviato ai tribunali ordinari ogni decisione su tempi e modalità di accesso agli archivi della Mazars LLP, la società di consulenza che ha gestito il profilo tributario del presidente. Tempi non brevi anche perché Jay Sekulow, l’avvocato di Trump che ieri ha parlato delle sentenze come di una vittoria, sta già preparando ulteriori ricorsi e obiezioni costituzionali» [Gaggi, CdS].
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