Sarà, questo Natale, una giornata da non dimenticare.
Atteso dai bambini, il cui diritto ai sogni, ai desideri, alla fantasia non deve essere negato, e dagli adulti alla ricerca di una rinnovata serenità, attribuita da sempre a questa festività.
È di pochi giorni fa l’immagine di un Papa solo e in raccoglimento davanti alla statua dell’Immacolata in Piazza di Spagna a Roma, è notizia recente che la messa del Natale sarà celebrata in orari diversi da quelli canonici per rispettare le regole imposte dall’emergenza sanitaria in cui siamo costretti. Di quasi un anno il succedersi d’immagini di corsie di ospedali dove giacciono i malati di Covid, troppi i morti.
Questa è la realtà dolorosa di questo Natale.
Ciononostante ci si accinge a festeggiarlo-celebrarlo. Ancora una volta per rafforzare il senso della sopravvivenza insieme al profondo desiderio della convivenza, socialità, affettività aggrappandosi al desiderio di un ritorno alla vita e alle sue consuetudini.
Appaiono, in questa circostanza, straordinari e lucenti i simboli di queste speranze. Alberi di Natale si sono illuminati in ogni piazza del mondo.
Luminarie poste in ogni angolo abitato, siano grandi città, piccoli paesi, rioni e strade, grandi o piccoli spazi e negozi. Luce che simboleggia l’attesa, la gioia della nascita e dello stare insieme, la resistenza umana e quell’iniziale slogan “andrà tutto bene” si è tramutato in “ce la faremo”.
Ma sotto l’albero di Natale, in questo strano anno, cosa vorremmo trovare in dono?
La lista sarebbe molto lunga e differenziata per età, per necessità, per sostenibilità.
Nel volere essere parsimoniosi, concreti, consapevoli dei limiti dei desideri adulti, cominceremo col chiedere in dono un “vaccino”, sicuro per tutti in uguale misura, che consenta ad ogni individuo, di ogni età e genere, di sopravvivere a questo temibile virus.
Ed una “formula”, in tutte le lingue del mondo, per riconsiderare la straordinarietà e il valore della vita.
Molti “ricostituenti”, per rafforzare il nostro sistema immunitario di corpo e mente.
Sotto ogni albero di Natale, sia esso “classico con palline rosse e fiocchetti, stile shabby, decorazioni in legno, barocco, minimal o alternativo”, ognuno ci aggiungerà del suo.
Non abbonderanno sciarpe e cappelli, generi abbigliamento, ninnoli più o meno di pregio. Perché, mai come durante uno stato d’emergenza, i soldi servono per affrontare quotidianità e straordinarietà e la leggenda che ci vuole popolo di grandi risparmiatori si scontra con un’economia capricciosa.
Abbattuti i desideri smodati, riservati ormai alle fasce di grande ricchezza, le richieste si rivolgono prima di tutto a doni di benessere collettivo.
Ma quest’anno è un Natale imprevedibile e un grande regalo ce l’ha già fatto. In anticipo e senza istruzioni all’uso. Ci sembra impegnativo ma non sappiamo come funzioni. Un gioco complicato, a cui vorremmo partecipare, ma che prevede uno studio di regole precise per non trovarsi sconfitti alla prima mossa. Sarebbe indispensabile spiegare meglio come funziona e in cosa consistono esattamente le modalità e gli obiettivi di questo gioco di società perché tutti possano concorrervi altrimenti parole come: digitalizzazione, innovazione, competitività; rivoluzione verde, transizione ecologica; salute; infrastrutture per la mobilità; istruzione, formazione, ricerca, cultura; equità sociale, di genere, territoriale appaiono prive di contenuti.
Questo gioco si chiama Recovery Fund e sapremo meglio come funzionerà dai prossimi mesi del nuovo anno. Bisognerà muovere i 209 miliardi “donati” dall’Europa e che il Governo Italiano dovrà utilizzare attraverso un piano nazionale di ripresa del Paese studiando le mosse per non perdere. E che altro chiedere?
Di questi tempi dovremmo accontentarci, forse, ma resta il fatto che nell’immediato, sotto l’albero di Natale, non ci sarà il vaccino tanto desiderato né si sa quando arriverà né come verrà distribuito. Non ci saranno computer per tutti coloro che ne hanno bisogno per lavoro o per studio, per immettersi e competere nel mondo della tecnologia digitale. Non ci saranno banchi comodi e adeguati per studenti. Né alberi o anche solo bulbi da piantare per cominciare una piccolissima e personale rivoluzione ecologica. Non indicazioni di ristrutturazione del sistema sanitario. Non sono previsti piani adeguati per definire la parità di genere né per la cultura ed il turismo, la ricerca, il lavoro.
Chi è o sarà capace d’insegnarci le buone mosse del “Recovery fund”?
Nel frattempo scambiamo i nostri doni, pensierini piccoli, modesti, poco costosi, fatti con il cuore.
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