Lettera da New York

I nuovi palinsesti Tv americani sotto l’influenza di Wall Street

Il mondo televisivo americano si sta preparando al tradizionale bazar di metá maggio, quando le reti anticipano alle agenzie pubblicitarie e agli inserzionisti i loro palinsesti per l’autunno 2022-primavera 2023, con un evento chiamato “Upfront”.

Per quanto riguarda il settore broadcast, per la nuova stagione televisiva le reti (principalmente Abc, Cbs, Nbc, Fox e CW) stanno esaminando 36 nuovi “piloti” per l’Upfront a New York City, che si terrà dal 16 al 19 maggio come indicato dall’illustrazione, di cui 24 dramma (fiction) e 12 commedie. I “piloti” sono episodi completi di ciascuna della serie proposte.       

Una volta che i piloti vengono approvati dai programmatori sulla base dei pareri dei pubblicitari, le case di produzione passano alla loro produzione. Ultimamente, per risparmiare, alcune reti TV approvano direttamente le nuove serie a livello di sceneggiatura, senza passare per una “prova” visiva, il che puó funzionare per una fiction, ma raramente si rivela ideale per le sit-com, dove é importante accertare la cosiddetta “chemistry” tra gli attori.

Questa nuova stagione prevede il piú basso numero di serie proposte dai broadcaster negli ultimi 10 anni: a partire da 98 nuove serie nel 2013, fino ad arrivare a 60 nel 2020, e a quasi la metá due anni dopo (queste escludono le poche nuove serie proposte dalle Tv cavo). Il motivo é da ricercarsi nella prioritá che oggi analisti ed investitori di Wall Street danno alla Tv per abbonamento via streaming, sacrificando la Tv generalista via etere. 

Quest’ultima “evoluzione” ha causato tanti cambiamenti strutturali, infatti, oltre al minor numero di nuove serie, le case di produzione (per la maggior parte composte dagli studio di Hollywood che sono anche proprietari delle reti) hanno ridotto il numero delle nuove serie collocate sul mercato internazionale per utilizzarle nelle loro piattaforme streaming internazionali. 

Tutto ció ha fatto si che gli studio abbiano perso molte delle entrate generate dalle vendite dei programmi sul mercato internazionale (circa 3 miliardi di dollari l’anno per studio), senza ancora mostrare i profitti dalle attivitá streaming. L’aspetto piú convoluto di questa evoluzione é che le nuove serie prodotte per le reti Tv negli Usa non generano nuovi abbonamenti poiché non sono ancora apprezzate o note a livello internazionale. Inoltre, indebolendo le loro reti broadcast, gli studio stanno perdendo uno strumento per generare nuovi abbonati.

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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