Lo spettacolo offerto dal Parlamento in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica è senza precedenti.
Non è il numero delle votazioni andate a vuoto a segnalare il basso livello della classe politica quanto le modalità e la grettezza degli orientamenti che hanno portato i parlamentari a bocciare di volta in volta le candidature.
Alla base delle decisioni non si delineavano giudizi meritocratici ma un unico comune denominatore: salvare la legislatura, per consentire ai parlamentari – nella maggior parte a rischio di riconferma – di conseguire la pensione.
Uno spettacolo pietoso offerto da tutti i cosiddetti partiti.
Ma c’era da aspettarselo!
L’accesso al Parlamento di una massa di deputati nella quasi totalità senza storia personale ha fatto segnare alla Istituzione, come sempre avviene, un processo di omogeneizzazione al livello più basso.
I cinque stelle sono stati i primi protagonisti di questo fenomeno, avendo rinnegato, progressivamente e con spudorata albagia, tutti i velleitari princìpi che li avevano portati al potere: svuotare il Parlamento come una scatoletta di tonno, agire solo nell’interesse del paese, divieto di partecipare a più legislature, rifiuto delle auto blu (proposito, questo, rispettato perché da blu sono diventate grigie), eguaglianza di tutti i deputati (uno vale uno), la meritocrazia alla base dei giudizi e delle nomine.
Ed in una politica senza ideali – ed aggiungo, senza idee – è stato trascinato l’intero Parlamento.
E come per i naufraghi in una nave che affonda l’imperativo collettivo è salvare la vita, per i nostri deputati è stato salvare il posto a ogni costo.
È questo un male atavico, stigmatizzato anche da Plutarco.
Ma, in tempi più recenti, Pietro Fanfani (Pietro, scrittore e filologo e non Amintore, il famoso esponente democristiano), nel vocabolario dell’uso toscano, definisce così il pagnottista: «Chi si fa grasso stando a concistoro, chi sotto colore di amar l’Italia uccella solo ad affidi pubblici ed a pubblici guadagni e chi studia solo di conservarseli, imbuscherandosi e dell’Italia e d’ogni cosa».
E dell’Italia e d’ogni cosa si sono imbuscherati i nostri parlamentari.
La riconferma di Mattarella a Capo dello Stato – a prescindere dai meriti personali dell’eletto – costituisce la prova del fallimento del Parlamento, che si è rifiutato di individuare, tra oltre sessanta milioni di cittadini, uno in grado di rivestire tale ruolo al solo scopo di conseguire fini di utilità personale.
È questo un oltraggio all’intero paese.
Ma i nostri deputati tirano avanti, fino alla pensione.
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