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Il Banksy ritrovato e quello che brucia di dolore per Floyd ed il razzismo

Forte e chiaro, potente come sempre anche Banksy ha dichiarato con un’opera la sua solidarietà alle proteste per la morte di George Floyd. L’artista con più follower al mondo ha pubblicato su Instagram qualche giorno fa il suo grido di dolore e di indignazione per l’assassinio di Minneapolis.

Mentre l’America brucia di rabbia e le strade sono invase da migliaia di persone, mentre cadono le teste delle statue di personaggi storici legati al colonialismo, alla schiavitù ed anche quella di chi ha scoperto le Americhe come il nostro Cristoforo Colombo, Banksy pubblica due immagini più un suo messaggio, più lungo del solito.

Le sue opere, e questa in particolare sono piene di metafore forti, impattanti, questa è buia, cupa come il momento che tutti noi stiamo condividendo. Un volto stilizzato avvolto nel buio con due fessure chiare per gli occhi, il viso è incorniciato, appoggiato ad una parete scura sulla quale è appesa una bandiera americana, vicino alla cornice ci sono dei fiori, senza colore se non il bianco, ed una candela accesa la cui fiamma inizia a bruciare la bandiera a stelle e strisce attaccata alla parete. Angoscia, un senso di cupezza, privo di luce se non la candela, un’immagine spettrale, come in un vicolo senza uscita senza speranza.

Il testo pubblicato dallo street artist recita così: ”Inizialmente ho pensato di stare zitto per ascoltare ciò che avevano da dire i neri di questa situazione. Ma perché farlo? Non é un problema loro. É mio. Le persone di colore vengono deluse dal sistema. Dal sistema bianco. Come un tubo rotto che allaga l’appartamento delle persone sottostanti. Questo sistema fallace rende le loro vite miserabili, ma non sta a loro aggiustarlo. Non possono – nessuno gli darà accesso all’appartamento al piano di sopra”. Questo é un problema bianco. E se non lo sistemano i bianchi qualcuno dovrà salire al piano di sopra e buttare giù la porta a calci”. Molto poco da aggiungere a quello che Banksy ha creato e scritto, pochi margini per spiegarlo in maniera più esplicita, il suo linguaggio raggiunge tutti come un pugno nello stomaco.

Ma Banksy non smette di stupirci e provocare, proprio nella sua Bristol, una delle poche cose che sappiamo di lui è la sua città, il 7 giugno durante le proteste per la morte di Floyd, una folla di manifestanti ha abbattuto la statua dedicata a Edward Colston, mercante e commerciante di schiavi vissuto tra il Seicento e il Settecento che nel corso della sua vita ha finanziato la costruzione di ospedali, scuole e chiese. La statua, una volta abbattuta, è stata buttata in mare, lasciando così vuoto il piedistallo su cui era collocata. Per riempire questo “vuoto”, Banksy nelle ultime ore ha pubblicato su Instagram una soluzione: sostituire la statua precedente con un monumento contro il razzismo. “Cosa dovremmo fare con un piedistallo vuoto nel mezzo di Bristol? Ecco un’idea che si rivolge sia a coloro a cui manca, sia a coloro cui non interessa. Ripeschiamo la statua dall’acqua, la rimettiamo sul basamento, leghiamo un cavo attorno al suo collo e commissioniamo alcune statue di bronzo a grandezza naturale dei manifestanti nell’atto di tirarla giù. Tutti contenti. Un giorno da ricordare”. Il post è accompagnato da un schizzo che rappresenta l’alternativa antirazzista proposta da Banksy. Sarà la prossima opera di Banksy?

Ma l’altra notizia è anche’essa una sorpresa, proprio due giorni fa è stata ritrovata in un casale di campagna in Abruzzo, nel teramano, la porta del Bataclan con il murales di Banksy, rubata nel 2019. Il ritrovamento è stato possibile a seguito di indagini condotte dalla Procura distrettuale dell’Aquila in collaborazione con gli organi di polizia e con la magistratura francese.

L’opera era apparsa a fine giugno 2018 sulla porta sul retro del Bataclan in omaggio alle vittime degli attentati del 13 novembre 2015. A dare notizia del furto, il 26 gennaio 2019, era stato lo stesso locale Bataclan esprimendo su twitter “una profonda indignazione“: “L’opera di Banksy, simbolo di raccoglimento e che apparteneva a tutti – residenti, parigini, cittadini del mondo – è stata rubata. L’artista ha offerto questa opera sulla porta dell’uscita di sicurezza del Bataclan in uno slancio di omaggio e di sostegno. L’essenza stessa dell’arte urbana è di dare vita a un’opera d’arte in un ambiente particolare, e siamo convinti che questa opera aveva un senso solo in questo posto. È per questa ragione che avevamo deciso di lasciarla, libera, nella strada, accessibile a tutti».

Banksy continuerà a stupirci, a provocare, a dare un senso alle nostre idee, alla voglia di cambiare, di denunciare, di combattere per un mondo migliore? Basterebbe un mondo diverso, un mondo dove il colore non fosse un problema e le ingiustizie fossero combattute da tutti, da artista di strada a eroe, a paladino di chi non ha voce e non puo’ dipingere sui muri, quei muri che si stanno moltiplicando e che invece dovrebbero cadere.

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Tiziana Buccico

Tiziana Buccico, napoletana verace, classe 1969, da sempre appassionata di politica, cultura e Medio Oriente. Un passato di uffici stampa tra cui l’Istituto italiano per gli Studi filosofici. Poi giornalista di pagine di cultura e società, come “moscone” per i quotidiani “La Città” e "il Corriere del Mezzogiorno”. Ha lavorato per uffici stampa politici e istituzionali (Regione Lazio e Consiglio Regionale del Lazio), organizzando eventi e campagne elettorali. Pezzi di vita vissuti tra Gottingen, Vienna e Parigi, viaggi avventurosi e curiosi. Per otto anni, sino al 2017, è stata in Iran per seguire marito e famiglia ma occupandosi a tempo pieno della Scuola Italiana “Pietro della Valle” di Teheran, come Vice Presidente . Da allora la passione per i viaggi e le culture diverse è cresciuta e si è anche trasformata in una rubrica Treccani dal titolo “Via della Seta”. Rientrata in Italia si occupa di social, politica, giornalismo ed eventi culturali mantenendo così un filo diretto con quella parte del mondo che le ha cambiato la vita. Social media manager dell’Istituto Garuzzo per le Arti Visive.

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