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Il bombardamento di Frascati, uno sporco affare

L’8 settembre 1943 a Frascati comincia come una giornata normale. Si festeggia la Natività della Madre di Dio. Proprio quel giorno è l’ultimo di una settimana di preghiere che chiedono la fine della guerra e delle sofferenze. Attesa da numerose persone , la statua della madonna non farà a tempo ad arrivare alla chiesa del Gesù – da dove era stata trasportata alla vicina cattedrale di S.Pietro – che viene sommersa insieme a tutta la cittadina da una marea di bombe. Bombe americane che cadono a ripetizione a partire dalle 12 . Suonano le sirene. 130 quadrimotori sganciano 353 tonnellate di esplosivi, coinvolgendo di passaggio anche Velletri, in modo da impedire l’accesso all’Appia da parte dei nazisti e facilitare lo sbarco su Salerno. Ma come? Proprio nel giorno in cui si annuncia l’armistizio con gli americani? Il punto è tutto qui. Il bombardamento a Frascati comincia alle 12 ma Badoglio dà l’annuncio alle 19 dell’8 settembre, anche se la resa agli alleati è stata firmata a Cassibile (vicino Siracusa) 5 giorni prima. Cosa succede nel frattempo? Perché gli americani bombardano una città di una paese non più in guerra contro di loro?

A monte di queste domande c’è il comportamento straordinariamente codardo e incapace del Re Vittorio Emanuele III e del suo capo di governo Badoglio. Mussolini è caduto il 25 luglio, ma i due giurano e spergiurano ai nazisti sulla solidità del patto italo-tedesco. Vittorio alle 11 dell’8 settembre assicura Rudolf Rahn, plenipotenziario del Reich, che può comunicare serenamente al Führer: “L’Italia non capitolerà mai. Essa è legata alla Germania per la vita e per la morte”. Mente sapendo di mentire. Continueranno a negare addirittura ad armistizio annunciato. Rahn, ascoltando la notizia da una radio di New York, telefona a Roatta – capo dello stato maggiore dell’esercito italiano, che sapeva – il quale smentisce tutto: “è una sfacciata menzogna della propaganda inglese, da respingere con indignazione”.
Rahn abbocca, ma non il resto del comando nazista no. Il feldmaresciallo Albert Kesselring, che risiede, appunto, intorno a Frascati con il del XIV° corpo motocorazzato (3.000 militari e ausiliari nazisti, con le sedi del coordinamento generale di truppe corazzate, aviazione, paracadutisti) ha già saputo di navi alleate che si avvicinano alla costa occidentale del Mediterraneo . Lo sbarco a Salerno potrebbe essere imminente. Dispone quindi per le 17:30 un appuntamento con Roatta e Siegfried Westphal, il più giovane e uno dei più efficiente generali di Hitler, in modo da organizzare la difesa delle forze dell’Asse, e cerca quantomeno di far muovere anche la flotta italiana di stana a La Spezia in tale direzione. Kesselring ha peraltro ricevuto di recente la conferma da parte dell’ammiraglio Raffaele De Courten, ministro della marina, che lo sbarco anglo-americano sarà contrastato ovunque avvenga . Il feldmaresciallo ha simpatia per la cultura e la popolazione italiana, ma non è che si convinca tanto. Sa con chi ha a che fare. E lo sa anche Hitler, tanto che la sua consegna a Kesselrign pare sia stata di arrangiarsi.

Anche a Berlino non abboccano. E soprattutto non si fidano degli italiani.
Non si fidano neanche gli alleati, infastiditi dal gioco a rimpiattino tenuto dal governo Badoglio durante le trattative in agosto a Lisbona dal generale Castellano. Negoziati che iniziano il 19 agosto e finiscono il 27 agosto, dopo aver cambiato due delegazioni. La prima è guidata dal generale Castellano, la seconda da alti ufficiali che ripetono più o meno le stesse cose del primo. Badoglio la tira per le lunghe perché è convinto di poter negoziare, nonostante stesse chiedendo una cessazione delle ostilità. Insiste sul fatto che l’Italia avrebbe accettato l’armistizio solo a condizione che prima si effettuasse un grande sbarco alleato nella penisola. Fa chiedere addirittura di poter conoscere quali fossero i loro piani, sebbene il conflitto fosse formalmente ancora in corso. Inglesi e americani, sbalorditi, rispondono picche.

Tra le tante condizioni richieste, solo quella di inviare 2.000 unità paracadutate per la difesa della Capitale viene accolta (anche perché in parte già prevista dai piani alleati) ma verrà poi snobbata dagli stessi comandi italiani. Badoglio sperava di avere tempo, di poter rimandare, di ottenere fino all’ultimo condizioni più favorevoli. Ha paura dei tedeschi che ha in casa e non sa, e con lui il Re, a che santo voltarsi. Quindi fanno il doppio e il triplo gioco. Bedell Smith, Capo di stato maggiore e principale collaboratore militare del generale Dwight Eisenhower (comandante delle forze americane in Italia) , però avverte : le clausole avranno valore solo se ci sarà una effettiva collaborazione italiana alla guerra contro i tedeschi. Alla fine si arriva all’accordo il 3 settembre. Eisenhower si rifiuta di firmare e delega Bedell Smith . Non firma neanche Badoglio, non vuole “sporcare” il suo “onore” sotto una capitolazione e fa siglare da Castellano. Nello stesso giorno, 3 settembre, gli inglesi sbarcano a Reggio Calabria. Questo per dire quanto gli alleati fossero già praticamente certi di avere la guerra in pungo in Italia (sono già arrivati in Sicilia) e quanto relativamente contasse per loro la sua resa . Per Churchill l’Italia è “il ventre molle dell’Europa”.
Vittorio Emanuele non ha nemmeno avvertito i comandi dell’esercito della resa italiana. Pensa di annunciarla il 12 settembre (perché avesse scelto quella data non si è mai saputo). Ma la sera del 7 alle 22 si sono presentati da Marchesi – ufficiale di stato maggiore, al corrente dell’armistizio di Cassibile – il gen. Maxwell Taylor e il col. William Gardiner dell’esercito alleato per preparare l’Operazione Giant II, l’aviosbarco di 15 divisioni di forze di terra da effettuare in coincidenza con lo sbarco di Salerno. Gli ufficiali americani comunicano che, a differenza di quanto speravano i nostri, le operazioni sono imminenti.

Nel frattempo, sul versante tedesco, l’attrezzato servizio di intercettazioni Krimilde di Frascati tiene da tempo al corrente Kesselring delle manovre del governo italiano. Pur costituendo un obiettivo sensibile già dal primo anno di guerra, ha una difesa contraerea piuttosto inefficace. Soprattutto contro bombardamenti massicci. Il Feldmaresciallo cerca di organizzare la protezione della sua postazione a Frascati. Qui era stata spostata la 3ª Panzergrenadieren, l’unità tedesca considerata più pericolosa. Il suo annientamento era stato esplicitamente richiesto da Castellano durante le trattative, per difendere al meglio la capitale. Ricevendo però assicurazioni non così convincenti, tanto che poi sarà annullato, proprio su richiesta del governo italiano che rifiuta con vari pretesti l’offerta della divisione autotrasportata e cerca, ancora una volta, di rinviare l’annuncio della resa.

Gli alleati sono sempre più nervosi . Alle 11.30 dell’8 settembre Eisenhower manda un fonogramma a Badoglio. Seccamente gli intima di attenersi ai termini dell’accordo e di annunciarlo all’ora prefissata. Aggiunge sibillino che se non verranno rispettati i patti concordati, tutto il mondo avrebbe conosciuto «i dettagli di questo sporco affare». Omette ogni riferimento al bombardamento su Frascati, e prosegue: Su vostra richiesta le prossime azioni aeree sono state temporaneamente sospese. Voi avete sufficienti truppe vicino a Roma per assicurare la temporanea sicurezza della città. I piani erano stati fatti nella persuasione che Voi agivate in buona fede e noi siamo pronti a portare avanti le operazioni militari su queste basi. Ogni deficienza da parte Vostra, nel condurre a termine tutti gli obblighi dell’accordo firmato, potrà avere gravissime conseguenze per il Vostro Paese, e conseguentemente avrebbe seguito la dissoluzione del Vostro Giorno e della Vostra Nazione.» 

Neanche questo basta a smuovere le alte sfere italiane e alle 12.09 scatta il primo bombardamento su Frascati. Le altre quattro ondate scatenano 1.300 bombe senza ottenere nessun risultato concreto sui comandi nazisti, che rimangono intatti (Kesselring non era nemmeno a Frascati). La necessità di bombardare il comando tedesco di Frascati era stata prospettata da Castellano a Hiesenhower e Bedell Smith già nei primi incontri a Lisbona del 19 e 20 agosto e confermata il 3 settembre  a Cassibile.
I morti civili accertati sono 606 morti (circa 700 i soldati tedeschi) su una popolazione di oltre 11 mila abitanti. Gli sfollati sono circa 7.000, molti si rifugiano nelle grotte nel sottosuolo della città, alcuni riparano presso le rovine del Tuscolo. La devastazione è così grande che con le macerie sarà riempito un vallone sul quale oggi sorge un campo sportivo. Tre quarti degli edifici di Frascati saranno irrimediabilmente distrutti, e sono molti i centri che continuano ad essere bombardati. E’ il caos. I primi a soccorrere i frascatani sono – ironia della sorte – proprio i soldati tedeschi: non sanno ancora che da lì a poche ore quelle persone saranno ufficialmente dei nemici. E infatti quando alle 19 sarà fatto l’annuncio dell’armistizio, smetteranno di aiutarli. Kesselring blocca gli aiuti che aveva già disposto in maniera immediata, sequestra i mezzi di soccorso dei pompieri arrivati da Roma e Marino, cattura i soldati italiani che non riescono a fuggire.

Come è noto la comunicazione ufficiale di Badoglio arriva dopo che Eisenhower, stanco del traccheggiare, fa sapere al mondo da radio Algeri che l’Italia ha capitolato senza condizioni.
Resta il perché di questo feroce bombardamento proprio nello stesso giorno in cui si annuncia la tregua. Quattro professori, tutti di Frascati – Roberto Eroli, Dario De Santis, Raimondo Del Nero, Basilio Ventura – hanno scritto un libro di ben 600 pagine, documentatissimo sulla vicenda (si chiama 8943). La loro tesi è in sostanza questa: se gli italiani chiedono il bombardamento della loro città, insieme ad altre azioni militari che sono rimaste segrete, è facile capire che c’era altro. Ovvero: se fosse sbarcata la 82° divisone su Roma – pensano le alte sfere italiche – gli americani li avrebbero sostenuti e il Re e Badoglio sarebbero rimasti in pace nella capitale perché i tedeschi sarebbero fuggiti (cosa che poi Kesselring effettivamente farà spostando il suo comando sul monte Soratte, a Nord di Roma). Ricordiamoci che Vittorio voleva dare l’annuncio della resa il 12. Fa il doppio gioco anche perché – sostengono i quattro autori, ma in verità non sono i soli – aveva già fatto sottobanco un accordo con Kesselring che, in caso le cose non fossero andate come avevano concordato con gli americani, l’avrebbe lasciato andare via senza problemi. Forse è a questo che si riferisce Eisenhower quando minaccia di rendere noti “i dettagli di questo sporco affare”? E infatti il 9 Vittorio Emanuele scappa con tutta la corte e il governo, raggiungendo Brindisi senza avere il minimo disturbo (intorno a Roma i tedeschi c’erano), mentre sull’Italia si scatena il cataclisma.
Resta la tragedia di Frascati, con i suoi morti e le sue rovine. E soprattutto i suoi perché.

Eroli, De Santis, Del Nero e Ventura rendono noto anche un altro tristissimo, orribile episodio. Lo stupro diffuso – l’anno dopo – di donne, bambini, uomini e anziani, persino sacerdoti. Nessuno si salva dalla tragica violenza delle truppe marocchine arrivate con i francesi nel 1944. Teatro principale, come è noto, è stata la Ciociaria (come non ricordare il film di Sofia Loren con il quale vinse l’Oscar, appunto, “La ciociara”?). Ma anche Frascati non è risparmiata. Se ne è sempre saputo poco e parlato ancora meno. Per decenni le vittime hanno taciuto: troppo dolore, troppa vergogna. Oggi hanno parlato le figlie e le nipoti. I marocchini, nella periferia della cittadina laziale, fecero razzie tanto incredibili da far intervenire il Papa in persona (dopo un desolato avvertimento del vescovo di Frascati), che impone di mandare via i francesi.

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Stefania Conti

Giornalista. Nata a Roma e laureata in sociologia, ha lavorato presso (in ordine cronologico): Adnkronos, Il Messaggero, Tg2.

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