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Il colloquio di lavoro in tempo di Covid: Fedro batte Oscar Wilde

Come cambia il colloquio di lavoro quando il Dress code prevede la mascherina.

Sarà certamente capitato anche a voi di imbattervi decine di volte in uno dei tanti articoli scritti per dare suggerimenti su come affrontare un colloquio di lavoro o un incontro particolarmente importante.

Nel 90% di quel tipo di articoli viene citato un arcinoto aforisma di Oscar Wilde: “non c’è mai una seconda occasione per fare una buona prima impressione”.
Questa massima che contiene certamente degli elementi di grande verità, è stata utilizzata per decenni nei corsi di comunicazione assieme all’altrettanto nota regola dei 7 secondi della psicologa inglese Linda Blair, secondo la quale, bastano solo 7 secondi per farsi un idea e giudicare chi ci sta di fronte per la prima volta.

Siamo quindi abituati da decenni a dare grande importanza ai primi istanti di un incontro di lavoro ed a utilizzare, specialmente nei primi 7 secondi, i due strumenti che ci hanno sempre indicato essere i più incisivi per fare una buona prima impressione: un bel sorriso ed una vigorosa stretta di mano.

Cosi come siamo stati abituati a dare grande importanza a tutte le indicazioni riguardanti l’abbigliamento più adatto ad affrontare un colloquio, e per questo il web è pieno di consigli sul look più opportuno.

Ma da qualche mese a questa parte il Covid ha spazzato via tutto perché in questo momento l’unico Dress Code valido per ogni colloquio è la mascherina.
Le armi che avevamo imparato così bene a padroneggiare, il sorriso e la stretta di mano, non servono più: il primo viene nascosto dalla mascherina e la seconda sostituita al massimo da un pessimo succedaneo, il tocco di gomito.

Come se non bastasse devono essere riscritte le regole che negli anni 60 Edward Hall pubblicò nel libro “La dimensione nascosta”, nel quale per la prima volta propose un modello di analisi della gestione dello spazio al quale diede il nome di Prossemica.

Secondo questo modello la distanza relazionale tra le persone è correlata con la distanza fisica, ed è definita da quattro “zone” interpersonali:

  • La distanza intima (0-45 cm).
  • La distanza personale (45–120cm) per l’interazione tra amici.
  • La distanza sociale (1,2-3,5 metri) per la comunicazione tra conoscenti o il rapporto insegnante-allievo.
  • La distanza pubblica (oltre i 3,5 metri) per le pubbliche relazioni.


In questo periodo è del tutto evidente che le prime due zone interpersonali: la distanza intima e la distanza personale sono state del tutto assorbite dalla terza ed è per questo si parla di norma di distanziamento sociale.

Come affrontare allora un colloquio di lavoro in presenza in epoca Covid? L’esperienza da Recruiter post covid che ho maturato è ovviamente limitata solamente ad alcuni mesi di lavoro, ma confrontandola con quella ventennale ante Covid, mi è sufficiente, per evidenziare le cose che maggiormente mi hanno colpito in questi mesi a beneficio di chi deve affrontare un colloquio di lavoro oggi.

E allora, come si fa una a fare una buona prima impressione nel 2020? Per prima cosa mi sento di dire che la stretta di mano ed il sorriso sono state sostituite dai
primi due gesti che un candidato deve fare presentandosi ad un colloquio di lavoro,
sanificare con cura le mani utilizzando i detergenti che si trovano ormai in tutti gli uffici ed indossare correttamente la mascherina.

Sembra banale, ma vi assicuro che presi dall’ansia per il colloquio, molto spesso, i
candidati sottovalutano questi due aspetti particolarmente importanti, prendere il
detergente solo sulla punta delle dita o addirittura ignorare la colonnina, vi assicuro che non fa un buona impressione, lasciare il naso fuori dalla mascherina idem.

Questi due comportamenti così frequenti rappresentano infatti per un recruiter attento, due indici rilevatori di una potenziale insofferenza da parte del futuro lavoratore a seguire le regole, è infatti lecito attendersi che chi si presenta al colloquio con la mascherina sul gomito cercherà poi scorciatoie di comodo anche sul posto di lavoro.

Altro aspetto che mi sento di sottolineare è che per via della mascherina la comunicazione verbale che tradizionalmente si considera in grado di trasmettere solo il 7% di quello che vogliamo comunicare, si sta prendendo una grande rivincita sulla comunicazione non verbale: come si fa infatti a capire con una mascherina se un candidato arrossisce oppure se fa una smorfia di disappunto? Si può invece rimanere piacevolmente colpiti dall’uso di un termine particolare o da una buona capacità argomentativa.

Queste modalità di colloquio mi hanno fatto apprezzare infatti sempre di più i candidati che scelgono le parole, rispetto a quelli che, essendo per indole più loquaci, riescono a sostenere una conversazione brillante ma con contenuti qualitativamente più modesti.

Diventa quindi sempre più importante a mio avviso cosa si dice e non solo come lo si dice, in questa ottica i movimenti del corpo possono diventare dei preziosi alleati, se infatti lo gesticolare è stato sempre considerato un segnale di nervosismo, oggi gesti misurati possono sottolineare e dare enfasi a passaggi del discorso in modo molto efficace.

Altro aspetto da tener presente è che l’uso della mascherina ha due conseguenze
fondamentali, attutisce il volume della voce e impedisce di leggere il labiale, questo
costringe l’interlocutore a fare uno sforzo maggiore di comprensione e come sappiamo più mi devo sforzare per comprendere, meno mi arriva di quello che mi dicono.

Il mio consiglio da questo punto di vista e di tenere sempre un volume della voce
leggermente più alto di quello al quale eravamo abituati e di parlare in modo leggermente più lento scandendo bene le parole.

Ma ovviamente anche noi Recruiter siamo chiamati a cambiare qualcosa ridimensionando Oscar Wild a beneficio di Fedro, in quanto dobbiamo fare lo sforzo di capire che dietro alla mascherina del candidato che non ci aveva fatto una buona prima impressione si può nascondere in realtà un’ottima risorsa, perché come sosteneva Fedro: “Decipit frons prima multos”, ovvero la prima impressione spesso inganna.

E’ questo uno dei motivi essenziali per i quali oggi un colloquio di lavoro in presenza deve necessariamente durare di più rispetto a prima.
Mi raccomando però, anche se è difficile, dietro la mascherina continuate ad aprire il
colloquio con un bel sorriso perché è vero che il sorriso non si vede, ma vi assicuro che un buon selezionatore riesce a leggerlo comunque nei vostri occhi…

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Gianluca Parroccini

Da oltre 20 anni nel mondo delle Risorse Umane, appassionato del proprio lavoro e sempre alla ricerca di soluzioni che possano consentire alle Aziende di valorizzare al meglio il loro patrimonio umano.

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