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Il menù ideale di un ristorante italiano in Nord America

Dopo un invito a partecipare ad una cena organizzata dalla delegazione di New York dell’Accademia Italiana Della Cucina, mi sono reso conto che i ristoranti italiani in Nord America continuano a servire i gusti di una clientela non italiana, o al massimo italo-americana/canadese. E ciò parrebbe logico, visto che molti italiani cucinano italiano a casa loro e la maggior parte della clientela dei ristoranti non è di origini italiane.

Per questo motivo il ruolo dell’Accademia è più importante che mai, per assicurare o premiare quei ristoranti che rispettano le tradizioni italiane nel migliore dei modi. Anche i migliori ristoranti italiani in Nord America finiscono per non offrire un menù che mi attiri di più di quello dei ristoranti giapponesi, mediorientali o messicani (cucine diverse da quelle di casa). Il paradosso è che i ristoranti italiani non possono offrire un menù autenticamente italiano perché non attirerebbe i clienti stranieri, e gli italiani non frequentano i ristoranti italiani per via dei menù troppo nord-americanizzati, e anche per il gusto e odore spesso pungente della salsa di pomodoro “industriale” che contraddistingue i ristoranti italo-americani/canadesi (mentre le pietanze dei ristoranti italiani alla moda tendono ad essere troppo asettici).

Accademia Della Cucina di New York

Allora, come potrebbe essere un menù italiano irresistibile? Come antipasto mi piacerebbe un piatto di fave fresche con pane (pugliese) leggermente tostato ed olio d’oliva leggermente piccante tipico dell’extravergine. Come alternativa potrei avere dei lupini. Su consiglio di Bruno D’Ascanio, distributore di vini nell’area di New York, includerei come antipasti che sono poco serviti: la caciotta fritta ed olive ascolane. Come primo piatto, mi piacerebbe della pasta e ceci oppure tortellini in brodo. Come secondo sarebbe bello trovare baccalà in sugo rosso, trippa oppure carne alla genovese con cipolline ben tritate. Naturalmente non trascurerei del brodetto di pesce. Come contorni si potrebbe offrire un’insalata di radicchio rosso trevigiano oppure un misto di verdure miste ed erbette saltate in padella. Sui dolci lascerei spazio alla fantasia dello cuoco (gli chef sono diventati troppo artistici, mentre preferirei un “tecnico” quale è un cuoco) senza però tralasciare crostate e frutta fresca di stagione, oppure uno zabaglione corretto col Marsala. Per finire offrirei solo espresso (vietato il cappuccino) e Fernet Branca tra i digestivi. 

Marini a capo dell’Accademia Della Cucina di New York

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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