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La riforma del Mes è passata sia alla Camera che al Senato, ma non con la maggioranza assoluta dei voti. È il primo segnale concreto di debolezza del governo Conte. Il secondo segnale, più forte, è venuto dal discorso che Renzi ha pronunciato in Senato: un no assoluto al modo con cui Conte ha creduto fino ad oggi di governare i 209 miliardi che l’Europa un giorno ci darà. «Noi non scambieremo il nostro sì alla proposta di governance con uno strapuntino. La task force non può sostituire il Parlamento: dov’è il sindacato? Ma non è solo un problema di metodo, anche di merito. Come si fa a dare 9 miliardi alla Sanità? Se c’è una norma che mette la governance con i servizi votiamo no. Presidente, se ha bisogno di qualche poltrona ce ne sono tre, due da ministro e una da sottosegretario». Cioè, quelle di Italia Viva. Conte ha poi cercato di spegnere le fiamme chiamando i giornalisti dei principali quotidiani alle dieci di sera e cercando di convincerli che è in corso «un colossale fraintendimento». «Qui o vince il Paese, o perde il Paese. C’è un Paese in sofferenza, abbiamo una investitura di fiducia dell’Europa.
Il dibattito ha assunto toni e contenuti fuorvianti. Non possiamo permettere che la dialettica politica ci faccia precipitare in una condizione sterile di distacco dalle urgenze del Paese. Questo interrogarci chiassoso tra noi non ha significato, mentre i cittadini attendono e le sfide corrono». Conte ha garantito che la discussa «struttura di missione» del Recovery «avrà compiti di monitoraggio ma non sottrarrà potere e competenze ai ministeri. La politica non verrà commissariata, dobbiamo assicurare tempi certi e velocità. Dovrebbe solo essere prevista una clausola di salvaguardia nel caso in cui le amministrazioni centrali non possano intervenire per esercitare i poteri sostitutivi». Anche Zingaretti, rompendo un lungo silenzio, ha invocato, sul Recovery Fund, «collegialità». E ha consigliato, attraverso Franceschini, di rinunciare al Consiglio dei ministri che Conte voleva tenere ieri sera e che avrebbe sancito la spaccatura. Sarebbe stato un brutto biglietto da visita per il vertice europeo che comincia oggi. Conte gli ha dato ascolto.
«Il premier non è uscito rafforzato dalla giornata di ieri. La sua maggioranza non si è allargata, non ha conquistato consensi nemmeno sul terreno dell’europeismo, che pure avrebbe potuto portare sostegni trasversali. Né si è ricompattata al suo interno, perché la fronda nel M5S ha lasciato un segno, e in più nel governo si è accesa quella di Renzi contro la “cabina di regia” che dovrebbe gestire i 209 miliardi del piano europeo. E infatti i voti favorevoli a Conte si sono fermati sia alla Camera sia al Senato sotto la soglia della maggioranza assoluta. Difficilmente oggi a Bruxelles il premier potrà vantare la saldezza e la stabilità che l’Europa si aspetta dall’Italia, e che è la vera missione del suo governo di qui in poi. Se i nostri partner si prenderanno poi la briga di leggere per intero la mozione di maggioranza approvata ieri, e che avrebbe potuto agevolmente essere titolata “Brevi cenni sull’universo”, difficilmente troveranno nelle quattromila e cinquecento parole che la compongono una parola chiara e definitiva sulle questioni davvero sul tappeto: in Italia la lunghezza dei testi è direttamente proporzionale alla loro vaghezza» [Polito, Corriere della Sera].
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Stelle che fanno parte della nosra galassia: un miliardo e ottocentoundici milioni settecentonovemila settecentosettantuno (ultima mappatura dell’Esa europea, eseguita tramite il satellite astronomico Gaia: sono cento milioni di stelle in più rispetto al censimento di due anni fa) [Caprara, Corriere della Sera].
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