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Il momento peggiore per tornare sobri.

A pensarci bene, il COVID-19 non poteva arrivare in un periodo peggiore per i cittadini di quasi tutto il mondo. Ovviamente non c’è un buon periodo per una pandemia, ma prima di smettere di bere, ci si aspetterebbe che una epidemia simile fosse affrontata da veri leader. Il mondo, invece, si trova a combattere su tre fronti: quello della salute, quello dell’economia e quello della pessima leadership. Particolarmente sfortunati sono paesi come Italia, Usa, Filippine, Brasile, Francia, Russia, Cina, e Venezuela, per citarne alcuni. 

Cominciando dall‘Italia, la sfortuna è stata trovarsi un governo 5Stelle — ottimo partito all’opposizione (motivo della loro vittoria) — che si è dimostrato incompetente ad amministrare il paese ed impreparato ad affrontare la pandemia. Basti pensare alla scarsità delle mascherine proprio nel momento cruciale del contagio, con i loro alleati al governo che hanno addirittura ordinato (e pagato) le mascherine per la Regione Lazio da un distributore di lampadine, senza mai riceverle. Ora il governo italiano rilascia dalle carceri 376 capi mafiosi; analogamente il presidente dell’Egitto Abdel Fattah el-Sisi rilascia dalle sue prigioni 4.000 criminali, ma non i prigionieri politici, che a volte ci rimettono la pelle; come nel caso del 24enne Shady Habash, in carcere da due anni senza processo per un video musicale che derideva el-Sisi (che tra l’altro è uno stretto amico del presidente Usa, Donald Trump).

Gli Usa con Trump si sono trovati davanti ad un pericolo annunciato, con un governo caratterizzato da un mix di incompetenza, inesperienza, incapacità, inadeguatezza, superficialità e nepotismo. Da ricordare che Trump è stato votato da una minoranza di elettori (esattamente 2.869 milioni di elettori in meno di Hillary Clinton), ma anche il presidente francese Emmanuel Macron è stato eletto da meno della metà dei cittadini aventi diritto al voto ed ora è odiato dalla maggioranza dei votanti e anche dai 58 deputati che hanno lasciato il suo partito. 

pixabay.com

In Europa poi, troviamo la Germania, che è stata tanto brava a costruire l’U.E., quanto a cercare di distruggerla; e la Gran Bretagna (o meglio, l’Inghilterra), che deve navigare Brexit, lo sgretolamento dell’Unione e l’emergenza coronavirus, col premier Boris Johnson che auspicava l’immunità di gregge ed ora si ritrova con 32.000 decessi ed un’economia al collasso. 

Passando alla Cina, il presidente Xi Jinping (da noi dovrebbe scriversi Jinping Xi, visto che Xi è il cognome) si rifiuta di chiedere scusa al mondo intero per aver prima creato e poi insabbiato il rischio della pandemia; e i paesi che ora criticano l’operato del suo governo ricevono minacce di guerra.

Che dire del povero Brasile con il presidente Jair Bolsonaro, che manda a fuoco l’Amazzonia, facilita la diffusione del virus, ed è pure investigato per corruzione, mentre la popolazione canta “lui no [come presidente]”. 

Anche il Vaticano non è esente da problemi, coi suoi due Papi; invece il Venezuela ha due presidenti: Nicolás Maduro, appoggiato da Russia, Cina, Iran, Turchia e Cuba, e Juan Guaidò, appoggiato da Usa, Canada, Europa e la maggior parte dell’America Latina. Maduro sta lì anche grazie all’appoggio delle sue guardie personali cubane e dei generali venezuelani coinvolti nei traffici di droga, che verrebbero arrestati in caso di completo cambio di regime. Sempre in America Latina, è opinione diffusa che Cristina de Kirchner, nuovamente al governo argentino, abbia ritrasformato la democrazia del paese in una cleptocrazia. Il Messico, invece, con Andrés Manuel López Obrador si ritrova con un presidente incompetente a più livelli. In Cile l’operato del presidente miliardario Sebastián Piñera è approvato solo dal 6% dei cittadini cileni. Con Piñera al comando il Cile ha subito violente proteste che hanno causato 30 morti.

In Turchia c’è un nuovo sultano: Recep Tayyip Erdogan, che non ha esitato a sceneggiare un colpo di stato per fare arrestare 77.000 persone, purgare le forze armate e distruggere l’economia del paese. Il nuovo zar della Russia Vladimir Putin, in procinto di autoproclamarsi presidente a vita, è riuscito a far sì che la Russia diventasse un paese nemico di quasi tutto il mondo, si è fatto imporre sanzioni, ha ridotto i russi sul lastrico, ha fatto avvelenare o arrestare avversari politici ed ha interferito con le elezioni politiche di molte nazioni. 

Nelle Filippine di Rodrigo Duterte sono tornati all’era di Ferdinand Marcos e consorte Imelda, con quasi altrettanti morti (alcuni uccisi da lui personalmente) e la fine della libertà di stampa, vedasi la chiusura della rete TV statale Abs-Cbn, accusata di essere critica nei suoi confronti.  Torneremo in un altro momento sui capi d’accusa per corruzione del premier israeliano, a giorni alterni, Benjamin Netanyahu. Per limiti di spazio e pazienza dei lettori è meglio fermarci qui. 

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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