Un altro anno scolastico è finito, l’ultimo per chi ha sostenuto gli esami di fine percorso. Siamo come al solito ai saluti di rito che si giura non saranno addii definitivi, “perché, prof, ci rincontreremo sicuramente per le strade del mondo” giurano i neodiplomati, un po’ malinconici per il tempo adolescenziale ormai alle spalle e un po’ preoccupati per il percorso accademico che li attende e da cui dipenderanno scelte di vita importanti. A volte è così, più spesso non lo è. Ci si può incontrare dopo anni e a stento riconoscere nel ragazzo seduto tra i banchi, l’uomo che si ha davanti, magari professionista già affermato, padre o madre, donna in carriera, nella maggioranza dei casi motivo di un sano orgoglio professionale. A volte è FB che mantiene vivo il filo del ricordo, un saluto, un cuoricino, un like, una foto ricordo… Ma è giusto così…
Come ogni anno per i saluti post esame mi affido alla letteratura, il mio pane quotidiano, questa volta ho scelto i versi di Montale tratti da “Casa sul mare“. È un testo inserito nella raccolta “Ossi di seppia“, scritto nel 1924. In esso troviamo il motivo del viaggio, un topos caro alla letteratura di tutti i tempi, in particolare si tratta della fine di un viaggio che io trasferisco nella mia esperienza didattica e professionale, ultimamente vissuta durante mesi di DAD difficilissimi che hanno allenato ad una tenace resilienza e che hanno messo a dura prova gli studenti. Si sono sentiti derubati delle gioie più banali che caratterizzano l’aspetto leggero ma non per questo meno significativo della vita scolastica: la festa del quinto anno a 100 giorni dalla fine dell’ultimo anno di liceo, il viaggio di istruzione all’estero, atteso già dalla prima classe, sognato, programmato e riprogrammato mille volte ma a cui si è stati costretti a rinunciare, i ritrovi goliardici a fine giornata che “rinsaldano” e “risanano”, il dibattito, sempre educativo e costruttivo che si realizzava ogni giorno in aula con compagni e docenti.
Ma la campanella dell’ultima ora, dell’ultimo giorno è suonata comunque, per tutti, anche per me, e il mio viaggio quinquennale con loro è finito. Da ragazzini sprovveduti quali li ho accolti cinque anni fa, li lascio ormai quasi adulti con progetti, con sogni da realizzare e con una testa che non ho mai pensato di riempire ma sempre di rendere autonoma e libera; è la scommessa, la sfida più grande a cui non mi sottraggo mai, a volte con risultati gratificanti altre volte meno ma una sfida sempre esaltante e impegnativa nello stesso tempo.
“Il viaggio finisce qui/… il viaggio finisce a questa spiaggia / … Tu chiedi se così tutto finisce / in questa poca nebbia di memorie/ se nell’ora che torpe o nel respiro/ del frangente si compie ogni destino/ Vorrei dirti che no … Forse solo chi vuole si infinita e questo tu potrai , chissà … / Penso che per i più non sia salvezza/ ma taluno sovverta ogni disegno / passi il varco/ qual volle si ritrovi.”
Trovo questi versi di una bellezza sublime, in essi ritrovo il senso di un augurio di speranza, l’indicazione di un ethos da seguire come guida nella ricerca di quel varco di salvezza di cui parla Montale, un varco che possa segnare una meta e un traguardo ontologico di sana felicità.
Mai nessuno dovrebbe desistere dal cercare un varco che salvi dalla menzogna, dagli inganni, dalle distorsioni della verità, dalle apparenze vuote, misurate con i like, dalla saccenteria, ignorante e pericolosa, che pretende di giudicare, da un piedistallo di polistirolo, chi parte e chi resta, chi torna e con chi sceglie di viaggiare; un varco che salvi dall’ignoranza che ci fa schiavi e servilmente docili, che salvi dalle delusioni e dalle amarezze che la vita immancabilmente riserva in dosi diverse a ciascuno di noi, da individui la cui mediocrità è misurata in modo inversamente proporzionale al successo che a loro viene decretato da umori malsani che offendono le menti più intelligenti e abituate al lavoro costruttivo, serio e riservato; un varco che garantisca una fuga verso la Bellezza, un varco che renda Liberi dalla facomelia indecente di soprusi concettuali.
Il mio viaggio, con voi neodiplomati, finisce qui tra discese e risalite, tra cadute medicate e traguardi raggiunti; l’obiettivo è stato sempre quello di rendervi capaci di trovare quel varco, il vostro varco, di divenire padroni di voi stessi nel rispetto dell’altro, chiunque altro, senza pregiudizi, preconcetti o retropensieri.
Vi lascio indicandovi la strada ma il varco, quello sta a voi trovarlo. Vi lascio come esempio Montale, un esempio di ethos costruito sulla ricerca razionale di ciò che può salvare l’uomo e la sua specie ,anche semplicemente dichiarando ciò che “non siamo e ciò che non vogliamo“.
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