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Isis, ucciso un Italiano in Siria, è Lorenzo Orsetti

Lo stato islamico ha pubblicato la fotografia dei documenti di Lorenzo Orsetti, Italiano, fiorentino di 33 anni, ucciso a Baghuz durante un’imboscata in Siria.

Annalisa, la mamma di Lorenzo, chiede ad un giornalista al telefono cosa è successo dopo aver sentito il nome del figlio alla televisione, “Mi dica cosa è successo… stavo sonnecchiando quando ho sentito il nome di Lorenzo e ho intravisto la sua fotografia al Tg3 della Toscana… Cos’è successo? E’ da ieri che Lorenzo non risponde al telefono”

L’immagine del cadavere di Orsetti è stata pubblicata sui social network da Aamaq, piattaforma di notizie legata all’Isis, e mostra il viso e parte del busto della vittima, a terra.

Orsetti si trovava a Baghuz dove assieme al suo battaglione sarebbe caduto in un’imboscata e sarebbe rimasto ucciso nello scontro a fuoco per la battaglia contro le ultime sacche di resistenza dell’Isis.

Il papà Alessandro ha commentato “Siamo orgogliosi di lui, della scelta che ha fatto ma ora siamo distrutti dal dolore. Da un anno e mezzo, cioè da quando è partito, stavamo in angoscia, più contenti quando lo sentivamo al telefono, in ansia quando stavamo un periodo senza sentirlo”.

Storia di Lorenzo Orsetti, l’italiano ucciso in Siria

Nato a Firenze nel 1986, Lorenzo Orsetti combatteva da un anno e mezzo in Siria, a fianco dei curdi e contro lo Stato Islamico, con il nome di battaglia di Tekoser (lottatore). Esattamente un anno fa Giulio Gori del Corriere Fiorentino aveva raccontato la sua storia. In quell’occasione Orsetti gli aveva detto: «Sono nato e cresciuto a Firenze. Ho lavorato per 13 anni nell’alta ristorazione: ho fatto il cameriere, il sommelier, il cuoco. Mi sono avvicinato alla causa curda perché mi convincevano gli ideali che la ispirano, vogliono costruire una società più giusta, più equa. L’emancipazione della donna, la cooperazione sociale, l’ecologia sociale e, naturalmente, la democrazia. Per questi ideali sarei stato pronto a combattere anche altrove, in altri contesti. Poi è scoppiato il caos ad Afrin e ho deciso di venire qui per aiutare la popolazione civile a difendersi».
Scrive il giornalista della Stampa Francesco Semprini, che aveva incontrato Orsetti a inizio febbraio in Siria: «Non voleva essere chiamato eroe, e con sé aveva sempre l’ultimo proiettile: “vivo non mi prenderanno mai”. Di lui mi ha colpito il senso di umanità che traspariva dai suoi occhi verdi e profondi e dalla voce pacata che manteneva anche quando si parlava di guerra. Di lui mi ha colpito la cultura che traspariva nelle chiacchierate di politica internazionale, affermazioni misurate, composte, ma taglienti come una baionetta. Di lui mi ha colpito l’aver rinunciato alla sua vita da civile, alla sua famiglia e alla sua Firenze, al suo lavoro ben retribuito nell’alta ristorazione per andare a combattere una guerra che ai più appare lontana anni luce, ma che in realtà, grazie a persone come lui, curdi, arabi, siriani e foreign fighter che stanno dalla parte giusta, rende più sicure le nostre vite e il nostro Paese».

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