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La Cina e le riparazioni di guerra

Escludendo i complottisti, è cosa nota a scienziati, militari, accademici e ai servizi d’intelligence di tutto il mondo che la pandemia del COVID-19 è stata causata dalla Cina, sia questo stato un incidente, un caso di negligenza, o la conseguenza di qualche sperimentazione su armi biologiche. Rimane il fatto che la Cina ha sferrato un attacco mortale a tutto il pianeta, come se avesse dichiarato guerra al mondo intero. Ora da buona parte del mondo –– Australia, Gran Bretagna, Italia, Usa, … –– si solleva un coro di richieste di risarcimento per i danni causati da questa specie di guerra biologica che la Cina ha sferrato. Naturalmente, come c’è d’aspettarsi, i cinesi negano tutto ed hanno attivato i loro proxy (come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che dopo questa crisi dovrà essere drasticamente rinnovata e rimossa dall’orbita cinese) per definire questa pandemia un problema globale e non solo cinese. É anche chiaro che i vari stati e soggetti che vogliono portare il governo cinese nei tribunali nazionali ed internazionali avranno poche possibilità di successo. Allora cosa fare? Quali sono i rimedi a disposizione delle nazioni che sono state più danneggiate dal virus cinese, come gli Usa? Ridurre o eliminare le importazione di prodotti “Made in China” non è una soluzione.

Nel mondo ci sono troppi opportunisti affinché questa tattica possa funzionare (vedasi gli embarghi a Russia, Iran, Venezuela…). L’unica soluzione è andare a prendere i soldi cinesi in banca. La Cina ha prestato agli Usa 1.192 miliardi di dollari (dati del febbraio 2020, sotto forma di buoni del tesoro ). Gli Usa potrebbero dichiarare lo stato di guerra e non ripagare nemmeno un centesimo di questi prestiti. Ci sono già stati precedenti nella storia contemporanea. Questi 1.192 miliardi in buoni del tesoro rappresentano meno del 5% delle perdite che si stima il virus cinese abbia causato agli Usa, pertanto, attivando i poteri speciali di guerra (War Powers Resolution del 1973) il governo americano potrebbe prelevare tutti i fondi che la Cina detiene nelle banche americane (stimate a 40 miliardi di dollari) e sequestrare tutte le azioni che possiede nelle società americane (stimate a 217 miliardi di dollari dal “Congress Research Service).Contro questi provvedimenti la Cina potrebbe protestare per non ammettere la responsabilità, ma non muoverà un dito. In primo luogo perché dovrà concedere qualche forma di risarcimento vista la pressione globale a cui è ora sottoposta.

In secondo luogo in quanto se la caverebbe con una piccola porzione dei danni sostenuti dagli Usa, e poi per tutelarsi negli scambi commerciali. La Cina esporta annualmente 420 miliardi in più di quello che importa dagli Usa, inoltre ha in riserva ben 3.110 miliardi di dollari che non vorrà sicuramente svalutare (e far alzare il valore del suo yuan). Non esiste il pericolo di creare un precedente, in quanto tutti gli altri paesi non hanno la stessa forza economica degli Usa. La Cina non ha mezzi per rivalersi, almeno contro gli Usa, non può eliminare le esportazioni che trainano la sua economia e non può riprendersi le porzioni delle società americane operanti in Cina per il pericolo di vedere le sue società negli Usa espropriate.Una soluzione più logica sarebbe per la Cina di negoziare un piano di riparazione con gli Usa ed il resto del mondo. 

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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