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La grande abbuffata: dialogo in Paradiso

In un certo paese, devastato da una grave pestilenza, il buon Dio mosso a compassione per le condizioni pietose in cui versa larga parte della popolazione, ha deciso di far piovere dal cielo una quantità copiosa di manna, simile a quella che, migliaia di anni fa, consentì agli ebrei di sopravvivere nel deserto durante la loro fuga dall’Egitto verso la Terra promessa.

Si potrà non credere, ma a volte i miracoli si ripetono, in barba agli uomini di poca fede come alcuni di noi.

Nella sua immensa saggezza, valutando la situazione, e senza rivolgersi a comunità di consiglieri, il Signore sa che nel mondo moderno la manna è sostituita dai quattrini.  E così, benché conscio che il denaro sia lo sterco del diavolo, turandosi il naso e copertolo di mascherina extra chirurgica, ha attivato la Provvidenza per garantire un aiuto generoso e concreto (si parla di oltre 200 miliardi di euro) al Paese diletto, mettendo  a tacere le malelingue che vanno insinuando che la Sua sia un’iniziativa a favore di una comunità che ha solo il merito di avere, al centro del suo cuore, la rappresentanza terrena del Cielo.

Il Buon Padre, nella Sua magnificenza, non ha dato ascolto a chi, più esperto di cose terrene, lo avverte che quel paese è popolato da emeriti gaglioffi, pronti a scannarsi per fare bottino della manna che sta per scendere.

“Altissimo Signore, prudenza!” Va suggerendo un povero Santo, pescatore di mestiere, che nella vita ha pagato sulla croce la fede nel Padre celeste.

“Sebbene Tu abbia mandato Tuo Figlio a togliere i peccati dal mondo, quelli laggiù non solo lo hanno dimenticato, ma addirittura se ne fottono. Occupato come sei a badare alle sorti dell’universo non hai tempo per leggere le cronache che arrivano fin quassù. Tra quel popolo girano emeriti farabutti, gente pronta ad approfittare del bene che gli stai per mandare, persino amici di capobanda tanto ammanicati da farsi seppellire in una chiesa nel centro della cristianità. Lascia che ti racconti qualche episodio”. 

“Dopo l’avvertimento pesante con il quale provasti a richiamarli, parlo del terremoto  che distrusse l’Irpinia, per alcuni dei loro capi, le migliaia di miliardi di lire destinati alla ricostruzione furono come la manna. Tosarono il gregge in nome del Tuo stesso simbolo e qualcuno, gaudente, non peritò di far viaggiare il suo pargolo a bordo di una vistosa Ferrari. Peccato veniale, che avrà sicuramente emendato battendosi il petto”.   

“Ma, guarda! Il caso non è isolato. Quelli si sono infischiati del Tuo ammonimento, tanto da rendere necessaria una nuova chiamata, con il terremoto a L’Aquila.  E, i fatti si sono ripetuti con gli interessi. Pensa che, prima ancora di avviare i soccorsi, già si telefonavano tra sodali per preparare i sacchi da riempire con le provvidenze che sarebbero arrivate. Alla faccia dei morti e della povera gente!  Quelli se ne strafregano, pardon Signore, del detto evangelico secondo cui è più facile che un cammello entri nella cruna di un ago che un ricco nel Regno dei Cieli. Quelli sono più diabolici dell’inquilino che sta in cantina. Tanto per dire, la cruna dell’ago è diventata più ampia di Porta Capuana a Napoli, senza che il nostro amico Gennaro abbia dovuto scomodarsi.”

“Eppoi, il paradiso se lo sono fatto giù in terra. Le tenute nel Chiantishire e dintorni, i conti in valuta nei paradisi fiscali, gli attici al centro di Roma e cosette del genere, se non sono proprio il paradiso, rendono la vita più comoda.”

“Ed io e i miei compagni di un tempo, a malapena una dozzina, che per seguire Tuo Figlio, sbarcavamo il lunario buttando le reti, qualche pesce e un tozzo di pane, quando c’era!”

“Mi  rimproveri perché lo dico? Sono cose d’altri tempi? Scusami Onnipotente, vado semplicemente ricordando piccoli episodi.”

“Ma, hai notizia dell’ultima?” 

“Senti, non continuare con queste fesserie, altrimenti ti tolgo le chiavi del Palazzo!”

“Ascolta, leggo semplicemente da un giornale, un quotidiano quasi underground, La Verità. Pochi giorni orsono, il 6 dicembre, ha scritto che nel Bel Paese, la fornitura di mascherine anti covid 19,  ha fruttato una tangente di 63,5 milioni di euro, pappati sotto il naso delle autorità (così le chiamano) predisposte al controllo!”

“Una voce non fa testo? E’ vero, ma io non sono né l’editore né il direttore dei grandi giornali, delle radio e delle TV che si affannano a dare notizie, edizioni e pagine intere, per la scomparsa di un vecchio calciatore, quello della mano de Dios,  mentre sorvolano su queste quisquilles”.

“Senti, Signore, perdonami. Ma, visto che ci siamo, adesso la dico tutta, o quasi. Poi, eccole chiavi e amen!”.

“Giù nel Bel Paese, seppure con le nuove generazioni, sono sempre quelli. Stanno con l’acqua alla gola, pieni di debito che non riescono a pagare, ma pensando sempre a riempire il loro portafoglio. Ti sovviene quando negli anni ’90 del secolo scorso, (ma già quassù parliamo solo di eternità), decisero di alienare il tesoro di famiglia: banche, compagnie elettriche, reti telefoniche, beni immobili di enti pubblici e via discorrendo, sostenendo che il ricavato sarebbe andato a scontare il debito pubblico? Spartizione e pappatoria, alla faccia degli allocchi che ci avevano creduto”.

“Voglio togliermi quest’altro sasso dai sandali, di destra e di sinistra. Anche allora ci fu una cabina di règia, se non ricordo male venne chiamata la merchant bank di Palazzo Chigi. Non a caso, perché in effetti gli antichi proprietari del palazzo furono grandi banchieri, possidenti di tenute e dimore nei posti più ameni d’Italia. E, pardon, perché altri che girano in quei paraggi non dovrebbero imitarli?”

“Adesso, basta! O ti rispedisco a pescare!”

“Mi pento e confido nella Tua infinita bontà. Ma metti nel conto anche quest’ultima cosa. Chi controllerà e ripartirà la manna che la Santa provvidenza sta per far scendere sul Bel Paese? Ti dice niente l’idea di attivare una struttura di missione?  No, non le missioni che facevano i gesuiti in giro per il mondo, ma una vera e propria cabina di règia? Règia, giusto! Quello, Fellini o meno, è il paese della Dolce vita”.

“Non aggiungo altro, farò peccato di intenzione, e perdonami anche questo, ma penso che la grande abbuffata stia per iniziare“.

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Gianfranco Salomone

Giornalista - Già Direttore Generale Ministero del Lavoro

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