Lettera da New York

La NIAF spiega il motivo della cattiva percezione dell’Italia negli Usa

Lo scorso 4 aprile, Robert Allegrini, presidente della National Italian American Foundation (NIAF), ha fatto un discorso al Senato italiano per denunciare diversi problemi che vanno a discapito del Sistema Italia ed hanno a che fare con l’immagine dell’Italia e degli italiani negli Usa.

“[Questo é un argomento] di cui scrivo e parlo da più di tre decenni” ha esordito Allegrini, spiegando che la NIAF, nata nel 1976 e basata a Washington, D.C., “è la più importante organizzazione italo-americana che ha come missione la promozione, la protezione e la conservazione del patrimonio culturale italiano negli Stati Uniti [ed] è diventata la voce per gli oltre 20 milioni di americani di origine italiana. La Fondazione è bipartisan e gode del sostegno dei più importanti italo-americani di entrambi i partiti da Nancy Pelosi a sinistra a Mike Pompeo a destra [entrambi di origini abruzzesi]”.

Poi Allegrini si chiede, “qual’è la percezione dell’Italia e degli italiani in America?” e risponde: “Da un lato, c’è amore per il Made in Italy dal cibo, alla moda, alle auto sportive. C’è ammirazione per l’arte, la musica e l’apprezzamento per la creatività e per lo stile di vita italiana”. Purtroppo, aggiunge Allegrini, “questa ammirazione non si traduce in rispetto e fiducia nei confronti del popolo italiano”. Poi specifica: “Il 60% degli americani vive nell’entroterra lontano dal contatto diretto con gli italiani. Ciò significa che le loro percezioni dell’Italia e degli italo-americani non sono formati dall’esperienza personale ma in gran parte dai media e la percezione dei media degli italiani e dell’Italia spesso non è molto positiva.

Hollywood ha la fissazione nel mostrare gli italiani e gli italo-americani come gangster e buffoni, e francamente l’Italia stessa ha combattuto molto poco questa immagine nei media americani. L’Italic Institute of America ha condotto uno studio che indica che quasi il 70% dei 220 film prodotti negli Stati Uniti dal 1928 che presentavano temi italiani o italo-americani, mostravano i personaggi italiani e italoamericani come criminali o ridicoli. Questo si traduce purtroppo in un pubblico americano che ha in gran parte percezioni negative sugli italiani e sicuramente sul fare affari con l’Italia.

Noi americani che studiamo l’Italia vediamo un paese con pochissimo orgoglio o senso di patriottismo. Mentre gli italiani possono essere orgogliosi della loro città natale e di essere europei, sembrano in gran parte disprezzare un’identità italiana collettiva. Questa propensione ha effetti debilitanti per il commercio italiano a livello internazionale perché agli stranieri viene data l’impressione dagli italiani stessi che gli italiani siano partner commerciali tutt’altro che desiderabili o affidabili.

Agli americani potrebbero non piacere i francesi, ma credo che rispettino la Francia molto più dell’Italia. Il motivo è che i francesi sono un popolo orgoglioso, ferocemente difensivo e protettivo della grandezza della Francia, mentre gli italiani sembrano vedere solo i difetti e le sconfitte del loro paese. Gli americani rispettano la visione che la Francia ha di sé stessa, e hanno l’impressione che la Francia sia un paese serio. 

Il sistema educativo italiano del secondo dopoguerra ha prodotto troppi cittadini senza alcun senso di grandezza del proprio Paese, né alcun senso civico. I risultati possono essere visti appena fuori dalle porte di questo edificio in una città dove la spazzatura viene lasciata per strada e dove graffiti deturpano quasi ogni edificio della capitale, compresi i suoi monumenti più sacri. 

Se l’Italia vuole rafforzare la propria posizione nel mondo, non solo politicamente ma anche economicamente, è tempo di invocare una nuova rinascita del patriottismo che produca italiani che siano legittimamente orgogliosi degli enormi risultati del loro paese in ogni ambito dell’attività umana. 

Purtroppo, gli americani sanno molto poco dei molti successi dell’Italia nell’alta tecnologia o nell’industria manifatturiera. I media americani fanno riferimento ai nostri alleati in Europa e parlano quasi esclusivamente di Gran Bretagna, Francia e Germania come se l’Italia non contasse nulla. 

Un recente sondaggio ha mostrato che il 74% degli americani crede che la maggior parte degli italo-americani abbia qualche legame con la criminalità organizzata”.

Infine, Allegrini lancia un appello: “Gli italiani devono rendersi conto che la comunità italo-americana è una delle loro più grandi risorse e devono fare di più per sostenerla perché gli italo-americani sono immensamente orgogliosi della loro eredità. Gli italo-americani sono 20 milioni di ambasciatori per l’Italia e l’Italia dovrebbe coltivare il suo rapporto con questi ambasciatori che sono capaci di fare così tanto per aiutare la percezione della loro patria ancestrale che ancora amano profondamente”.

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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