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La riforma della giustizia. Facciamo il referendum

Piero Sansonetti continua il suo convincente impegno quotidiano per permettere anche all’Italia di riappropriarsi della garanzia di civiltà che la giustizia serena, forte, garante della applicazione del diritto offre alla vita sociale e singola di ogni cittadino.

Ancora nei giorni scorsi il direttore del quotidiano il Riformista ha risposto alla solita richiesta manettara del direttore del Fatto quotidiano, questa volta contro il Referendum sulla giustizia e chi ha firmato per la sua indizione (o mafioso o imbecille secondo il giornalista contian-davighiano). Considerata la mia personale imbecillità scorrendo la stampa mi sono imbattuto in un articolo apparso su Left, dove Stefania Limiti, incurante delle sentenze della Cassazione, anzi disdegnandola, secondo il piagnon Pignatone pensiero dell’ex procuratore di Roma, amico a fasi alterne dell’ex magistrato Palamara, nobilita storicamente il più che bocciato teorema di Roma capitale storicamente corrotta.

Left commentando un libro titolato “L’assedio”, fa risalire la mafia “capitale” alla fondazione dello Stato unitario, alla spartizione della “torta” tra corrotti da questa parte del Tevere e corrotti da quell’altra parte, in Vaticano. Quasi a dire che il Tevere più stretto del quale scrisse lo scorso secolo Giovanni Spadolini era già strettissimo nel 1870; che alla “ciccia non si comanda”. Stupidaggini, fortunatamente per lo Stato laico italiano, già messe in evidenza e riposte nel cassetto basso dell’Archivio da decenni di studi storici, ma buoni per mischiare le carte in altri contesti.

Mi viene in testa che non sia per niente estranea agli strani percorsi cerebrali del giustizialismo italiano la confusione nella amministrazione della Giustizia vaticana, affidata alla nomina dell’ex magistrato italiano a Presidente del Tribunale, dopo il Papa massima carica della Giustizia della Santa Città. In fin dei conti se storicamente la corruzione corre identica tra le due sponde del Tevere, perché Mafia capitale non deve avere come Cupola quella di Michelangelo Buonarroti? Come, allora, non dar sostegno al magistrato suggerito dalla Comunità di sant’Egidio, che irride, col plauso di Travaglio, la Corte di Cassazione? Così che il capo della magistratura vaticana non sia considerato un eccesso del bipolarismo che confonde diplomazie e povero buon senso comune della Chiesa ma piuttosto un arguto interprete della “lotta” secolare (e perché no millenaria?) del Vicario del fondatore della comunità di santi e peccatori che da millenni cerca, faticosamente, di trovare nella unicità della carne e dello spirito pace e serenità. Pazzia contro evidenza? E chi lo sa?

Normalmente chi assegna la patente di incompetente a chi contrasta quello che presume essere una verità, essendo spesso una personale intuizione, una singola opinione, è lui l’incompetente. È bene quindi, preservando lo stile anche polemico o semplicemente vivace di chi scrive, attenersi per lo meno all’analisi di fatti che si sono sedimentati nel tempo con pubblica evidenza.

In questo preciso momento storico il sistema giudiziario, secondo il Rapporto del Consiglio d’Europa, ha toccato lo zenith dell’inefficienza (persi 170 miliardi solo di investimenti):il 45% dei cittadini e il 50% delle imprese ritiene l’indipendenza dei giudici piuttosto “insoddisfacente» o «molto insoddisfacente», e solo 3 cittadini su 10 si fidano delle toghe. Per non dire dei moniti di Mattarella e i casi Amara e Palamara.

La Riforma Cartabia ha dimostrato che la nazione è gravemente intossicata da una cultura di potere che ha usato un’arma di distrazione potentissima perché basata sulla necessaria e ragionevole repressione di reati gravissimi ed insopportabili: mafia e corruzione; che l’uso spregiudicato di strumenti inquisitori assistiti e rafforzati da una informazione “accusatoria” ha dilatato reati gravissimi a reati mafiosi e corruttivi incrementando i poteri politici della magistratura inquirente.

Il retorico ricordo di autentici eroi (e santi, penso al Beato Rosario Livatino)- per definizione “pochi” a causa dei loro straordinari pregi, al contempo monito ed esempio per tutti, cittadini e magistrati- ha giustificato, leggendo con crescente preoccupazione i verbali Amara, il libro di Sallusti e Palamara, le sentenze sulla corruzione di magistrati insospettati dal CSM,  carrierismi e allargamenti interpretativi della Costituzione sui poteri del CSM e della Associazione Nazionale Magistrati, che nella Costituzione non è neanche citata, a meno che non la si consideri un Sindacato e come tale degno di essere trattato.

La giustizia come strumento della politica è stata da sempre una prerogativa delle dittature d’ogni colore ed un must della cultura comunista. Tendenza mai sopita. Basti pensare alla richiesta di perizia psichiatrica per Silvio Berlusconi, richiesta dalla magistratura inquirente milanese ed accettata da quella giudicante, per “favorire l’imputato”.

Tale è l’inquinamento intellettuale ed etico della nazione infetta che un tale, da me sinteticamente definito “coglione” in una conversazione interna ad un gruppo perché indegno di una risposta articolata, sosteneva che criticare questa aberrazione post-stalinista era espressione di una cultura acritica e non scientifica tipica dei no-vax! E ho potuto constatare che invece di inviare il coglione nella toilette più vicina l’amministratore del gruppo si preoccupava, oh! madame la marquise, dell’uso meditato del linguaggio- aspetto fenomenico- affidato alla responsabilità delle singole personalità.

Ho raccontato quest’episodio perché è il simbolo iconico di una base popolar giustizialista che dal “Borghese” al berlinguerismo hanno sviluppato, particolarmente in Italia, il partito giustizialista.

Dopo la morte, accertata dai patologi iscritti alla migliore scuola politologica, dei Partiti storici considerati oramai inutili grazie all’assassinio per lento avvelenamento della democrazia rappresentativa del secolo ideologizzato e post-bellico, il Partito Giustizialista è quasi morto anch’esso, sopravvivendo nell’epigono pensiero di chi non vuole prendere atto che la transizione alla seconda Repubblica è fallita.

Una contro prova di quanto ho affermato.

Ho Letto nei giorni scorsi sul quotidiano Libero che, nel silenzio della Stampa e quel che è più grave della Commissione Bicamerale di Vigilanza sulla RAI, che nel periodo in cui si raccolgono le firme per il referendum sulla Giustizia, che Il cattivo esordio del nuovo amministratore della RAI si è concretizzato in uno spazio autogestito concesso alla Associazione Nazionale Magistrati: ”Le “Pillole di legalità” all’interno del grande contenitore di Raiuno non sono una cattiva idea. Ma è opportuno, di ‘sti tempi dare una rubrica del servizio pubblico all’Anm? No. Le “Pillole di legalità”, tre minuti di spazio autogestito della sezione “educazione alla legalità” dell’Associazione Nazionale Magistrati a Unomattina in Famiglia, sono semplicemente uno scorcio di civismo che si schiude sul weekend di Raiuno…Tecnicamente nulla da dire. Semmai, ci si può interrogare sull’opportunità di concedere lo spazio mattiniero di un programma-corazzata da 22% di share con un bacino potente di 2 milioni di spettatori, ad un sindacato dei magistrati che spesse volte ha ostentato posizioni decise su temi controversi. Non ultima la riforma della giustizia della ministra Cartabia, fatta oggetto di critiche anche dure…” L’Associazione Nazionale Magistrati interferisce senza ritegno sui Referendum. Alla faccia delle “pillole di legalità”.

Una vergogna giustizialista giallo-rosa che poteva essere risparmiata agli italiani. Una dimostrazione che il “Patto Letta-Conte- Prodi” del quale ha scritto su queste colonne il direttore Giampaolo Sodano è in piena esecuzione.

La Riforma della Giustizia Cartabia-Draghi rappresenta il minimo necessario per rispondere alle sollecitazioni delle Corti di giustizia europee e della Commissione per una corretta gestione dei Fondi che ci permetteranno (Letta-Conte-Salvini permettendo) di salire sul buon treno dello sviluppo sostenibile ma è una riforma debole. Probabilmente la Corte costituzionale cancellerà due o tre quesiti, ma, nel difficile compromesso tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa, il popolo sovrano potrà raddrizzare – anche questa volta in parte: questa è la democrazia, bellezza! – un vulnus drammatico che da decenni inquina la vita della nazione e indebolisce l’essenziale sistema europeo.

So che la cliccodemocrazia, sinché non troveremo il modo di regolarla, ci perseguiterà per qualche tempo, ma dinnanzi al disastro attuale ed alla debole seppur utile Riforma Cartabia-Draghi ( attentamente seguita da Mattarella), io, per non sbagliare, ho firmato per il referendum sulla Giustizia.

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Giuseppe Scanni

Giornalista e saggista.

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