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La strada tutta in salita per “Sleepy Joe”

I suoi problemi principali sono noti al candidato democratico alla presidenza, Joe Biden (che il presidente Donald Trump chiama “Joe l’assonnato”).

I giovani non l’hanno votato alle primarie (hanno preferito il piú progressista Bernie Sanders). Sono pochi comunque i giovani che vanno a votare alle elezioni generali (solamente il 46,1% del gruppo 18-29 anni é andato alle urne nel 2016, ancora piú bassa é la percentuale del gruppo 18-24 anni).

Pure le comunitá “black” e “brown” (afro e latinoamericani), che gli hanno fatto vincere le primarie, non votano in massa (solamente il 59,6% ha votato alle presidenziali del 2016).

Inoltre, con le numerose proteste in corso, alcune delle quali con atti di vandalismo e violenza, la narrativa si é spostata dalle molteplici lacune di Trump, alla sicurezza dei cittadini.

A meno che non si verifichi una vittoria travolgente il 3 novembre 2020, Biden si troverá a far fronte ad un’ampia gamma di emergenze. Infatti, ai problemi con Trump che i dem prevedevano, se ne sono aggiunti altri che solamente ora stanno prendendo in esasperata considerazione.

I problemi presi in esame finora sono:

  • Trump non lascia la Casa Bianca anche se perde, a costo di barricarsi. In questo caso solo i Marines potranno rimuoverlo fisicamente.
  • Trump denuncia che le elezioni sono state truccate, pertanto non accetta la sconfitta (“É l’unico modo in cui Biden puó vincere” ha giá dichiarato).
  • Trump sta sfasciando il servizio postale per non far arrivare le schede elettorali per corrispondenza.

I problemi ora emersi sono:

  • Trump annuncia di aver vinto le elezioni prima degli exit poll.
  • Trump fa ritardare le elezioni fino dopo l’arrivo del vaccino.
  • Trump sfida in tribunale i risultati delle elezioni. Da prendere come esempio é il caso delle elezioni del 2000, in cui il dem Al Gore perse contro il repubblicano George W. Bush per i brogli nello stato della Florida. La Corte Suprema non permise un nuovo conteggio delle schede e Gore si rassegnó alla sconfitta senza utilizzare altri strumenti costituzionali a sua disposizione, che gli avrebbero dato la vittoria. Ad influenzare la Corte Suprema furono le proteste organizzate dal partito repubblicano (i cosiddetti Brooks Brothers riot).
  • Trump ha dichiarato che rimarrá presidente per un totale di 20 anni, anche se il limite legale é otto.
  • La rete Tv FOX (di Rupert Murdoch, alleato di Trump) annuncia che Tump ha vinto prima ancora che le schede per corrispondenza a favore di Biden arrivino e vengano contate.
  • Putin viene in aiuto con tre mosse. 1) Gli exit polls degli stati in bilico danno la vittoria a Biden. A questo punto gli hacker russi fanno girare la voce che la Cina ha alterato i voti. I servizi di sicurezza Usa confermano la vittoria di Biden, ma Trump la mette in dubbio. 2) Discrepanze. La documentazione cartacea dei voti, usata come copia di supporto per il voto elettronico assegna la vittoria a Biden, quella solamente elettronica (hackerata dai Russi) a Trump. 3) Caos alle urne. Alcuni giorni prima del voto, un selezionato gruppo di persone impegnato alle urne (molti anziani) viene terrorizzato dagli hacker russi dal pericolo del COVID-19 e si ritirano. Per far fronte alla carenza di personale all’ultimo minuto le urne vengono consolidate, creando lunghe file e rassegnazione da parte degli elettori dem che si recano alle urne chiuse senza preavviso.
  • Trump non accetta i voti per corrispondenza. Il pericolo é il cosiddetto “blu shift”, cioé che Trump sia in vantaggio con lo spoglio delle urne, ma che i voti per corrispondenza lo facciano perdere, quindi incita la sua base alla sommossa.

Ci sono anche altri elementi a favore di Trump. La Costituzione americana non assicura un passaggio di potere in modo pacifico, ma lo presuppone solamente. Ricordiamo inoltre che l’istituzione del Collegio Elettorale, che separa i risultati delle elezioni dal voto popolare, invita abusi.

Secondo la Costituzione, nel caso non sia chiaro chi ha vinto la corsa alla presidenza, viene nominato presidente facente funzione il presidente della Camera. Allo stesso tempo, peró, sia Trump che Biden potrebbero dichiararsi presidente. Questo spingerebbe i risultati finali a gennaio, quando spetterá al nuovo Congresso decidere chi fará il presidente, visto che il 12mo Emendamento permette la scelta alla Camera.

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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