Lettera da

Let’s get on with it

Dal 19 luglio Londra e l’Inghilterra torneranno alla vita pre-Covid.
Libertà.
A metà.

In realtà Boris Johnson ha alla fine dovuto cedere anche lui e nella notte che ha preceduto l’annuncio di lunedì non ha potuto cancellare anche le due imposizioni che gli inglesi reputano più odiose: la quarantena, e i tamponi prima dei voli aerei.

Un paio di ministri hanno protestato, minacciando dimissioni, e da politico scafato qual’è Boris ha mediato. Portando a casa comunque un risultato di libertà per il “popolo inglese”. La logica è semplice, nel paese più razionale e anglosassone di tutti. Lo Stato ha fatto tutto quello che doveva fare, incluso investire miliardi di sterline a pioggia nella ricerca prima e nella fabbricazione e inoculazione poi dei vaccini; ha investito decine di miliardi nel pagare i due terzi degli stipendi di tutti, dipendenti pubblici e privati; ha versato direttamente nelle tasche dei cittadini la differenza di reddito che ogni singola persona aveva a torto o ragione perso, senza nemmeno questionare sul reale scostamento o meno; ha curato dove poteva.

Ora, si deve capire che la vita da ora in poi dovrà comprendere il Covid. E parte della vita è anche la morte, che sarà presente, sarà sempre presente e a cui dovremo “abituarci” [cit.].

Singapore ha fatto un passo ulteriore, forte anch’essa della sua anglosassonità razionale: non conterà più i casi di Covid a parte.

The end.

Da noi invece la notizia di Londra, che abbiamo visto su tutti i media di carta di internet e di televisione, viene presentata quasi con un tono da folle eccentricità, da follia stramba di quei pazzi isolani oltremanica.

Diventa una ulteriore passerella per medici, virologi, starlette del Covid, improvvisate e non, per ritornare in quelle prime pagine dei media che li snobbavano per la Nazionale di Calcio.

Ho cercato un’analisi, ho cercato dei numeri, ho cercato qualche commento che andasse oltre la caratterizzazione del fatto in sé: nulla.

Ma è nei numeri che i dettagli si celano.

Gli Inglesi dicono, infatti, che i casi aumentano, vero, perchè la famigerata variante Delta è più contagiosa, ma le ospedalizzazioni sono stabili e le morti in calo e basse per altro fra le 10 e 20 unità giornaliere.

Questo grazie ai vaccini.

E quindi, il virus si normalizza, si banalizza “come se fosse un raffreddore”.

Per “loro” i numeri giustificano le aperture.

Da noi si presentano le conte dei morti, slegate dal contesto e dal resto. Come in un macabro rituale terrorizzante. Le masse vanno spaventate, è molto molto più facile che spiegare provvedimenti che sottintendono presa di responsabilità.

Certo, fossi quei 20 al giorno non sarei tanto felice. Così come se fossero miei figli, mogli, mariti, zii, nonne, cugini, e così via.

Ma se prendiamo i dati dell’Office for National Statistics inglese, nella settimana finita il 18 giugno le morti totali sono state 9.459, ossia 1351 circa al giorno. Ecco come i 20 decessi legati al Covid rientrano nella percentuale di normalità.

Mi ha sempre fatto specie come nel Paese teoricamente più religioso del Mondo, l’Italia, nel Paese dove la Morte dovrebbe far parte della vita, dove la Morte dovrebbe essere un passaggio o l’inizio di un viaggio verso la Vita Eterna, verso una vita con Dio, oggi la Morte sembra cancellata, sparita, nascosta; soprattutto sembra non più parte della vita.

E quindi, di conseguenza, non si possa più morire; non si debba più morire!

Mi rendo conto mi addentro in due ambiti che non mi appartengono, religione e filosofia, per cui non sono preparato a parlare e discutere; ma in realtà sono due ambiti che appartengono ad ogni uomo e che ci seguono in ogni istante della nostra vita.

E mi fa specie come proprio il meno religioso dei Paesi, il Paese che si è ritagliato una religione a proprio uso e costume, con la sua razionalità e fattualità presente in ogni aspetto della vita ci dica proprio questo: guys, la morte fa parte della vita! Let’s get on with it.

Let’s get on with it, ossia tradotto andiamo avanti ma anche diamoci da fare.

I nostri amici anglosassoni aggiungono un messaggio forte diretto ai ragazzi di oggi, a cui la sola Vita che stiamo proponendo sembra stare in balletti o fotografie finte rinchiuse dento un telefonino: preoccupatevi di riempire la Vita che vi viene data con qualcosa che valga. A quel punto varrà la pena morire avendo vissuto.

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Carlo Arturo Garuzzo

Carlo è fondatore e Presidente del Gruppo Energetico flyRen Energy Group, multinazionale tascabile dedita allo sviluppo, investimento e asset management nel campo delle energie rinnovabili. www.flyren.eu flyRen sviluppa, investe e fornisce consulenze a diverse Utilities italiane e straniere e a fondi Istituzionali che operano nel settore fotovoltaico. flyRen è attiva in Italia, Moldavia, Turchia e Regno Unito. Carlo Garuzzo ha un BA (Hins) in Studi Internazionali di Business conseguito alla European Business School in London ed ha conseguito presso la London Business School, il Corporate Finance Modular Program and Financial Seminar for Senior Managers. Dal 2019 è Console Onorario per la Repubblica di Moldavia per Torino e Piemonte, e si fregia di essere il Presidente del Club Torino of London, club che riunisce le imprenditorialità e professioni torinesi che vivono a Londra. Carlo è un socio del Club degli Investitori dedito a supportare start up Italiane ed è un mentor per giovani imprenditori in Techitalia Lab a Londra. Sposato, due figli, Carlo divide la sua vita fra Londra e Torino e parla correntemente Italiano, Francese e Inglese, con conoscenze avanzate di Spagnolo e Tedesco. Carlo, insieme ai suoi genitori Rosalba e Giorgio, sono mecenati che hanno creato oramai quindici anni fa l’organizzazione senza scopo di lucro “Istituto Garuzzo per le Arti Visive” (IGAV) www.igav-art.org , attivo in tutto il mondo per supportare i giovani artisti contemporanei Italiani.

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