La Corte Costituzionale di Germania ha aggiunto un paragrafo alla saga dell’asino di Buridano che ho cercato di descrivere nei miei articoli comparsi su MOONDO del 29 aprile (La Germania, l’Unione Europea e l’asino di Buridano) e del 7 maggio (No default, la soluzione è un’altra).
La Corte, bontà sua, ha concesso alla Banca Centrale Europea un periodo di tre mesi per giustificare la sua prassi, impostata da Draghi e proseguita da Lagarde, di sostegno ai debiti delle economie “deboli”, il cosiddetto quantitative easing, utilizzato a partire dal 2015 per acquistare titoli di stato per un totale di 2,2 bilioni di euro (“trilioni” per la scala anglosassone), un valore pari all’intero debito dello Stato italiano. Il periodo concesso dalla Corte aggiungerà incertezza all’immensa incertezza che viene dalla pandemia, poco simpaticamente per gli ingenui sostenitori di un’improbabile francescana “solidarietà” tra popoli.
La BCE potrebbe non rispondere, per evitare di mettersi alla mercé delle paturnie delle altre 18 corti dei paesi dell’area euro, ma è inevitabile che sentirà il peso della Germania e cercherà un appeasement, malgrado la maschia dichiarazione di Lagarde: undeterred. E’ comunque evidente che la Corte (seguendo i suoi ricorrenti all’interno del Paese) lancia un monito per evitare che BCE faccia “tutto ciò che va fatto”, come parlò Draghi. Quindi, per stare ai corni del dilemma germanico, la Corte ha preso un’esplicita posizione a favore di una Deutschland über Alles, esplicitamente criticando il precedente parere della Corte di Giustizia Europea, un’affermazione di superiorità di notevole arroganza, anche a prezzo di un generale default, contro l’alternativa di una Germania che si mette a capo della costruzione di un’Europa veramente unita, prospera e competitiva con le grandi potenze del mondo.
La decisione arriva in un momento in cui la stampa tedesca andava mostrando maggiore comprensione verso le difficoltà dei “paesi meridionali”. Si tratta di “un colpo al cerchio e un altro alla botte”, sullo sfondo di un atteggiamento acconciamente descritto dal filosofico apologo cinquecentesco dell’asino che non sa scegliere tra due mucchi di fieno, e muore di fame.
Alcuni pochi ottimisti sostengono che l’incertezza, le cui conseguenze si vedranno a fine anno, spingerà la Germania a decidere di mettersi finalmente alla testa dell’unificazione politico-finanziaria dell’Europa. Ma di fatto la posizione della Corte, aumentando l’incertezza per i mercati, è un tassello in più verso l’altro corno, il fallimento dei paesi iper-indebitati, ltalia in primis.
Staremo a vedere. Resta il fatto che la scommessa sul futuro che si misura dall’aggio dei buoni del tesoro italiani sui bund federali tedeschi a 10 anni, lo spread, è a 250 punti circa, il 2,5%. I contribuenti italiani per finanziare il debito pregresso di oltre 2 bilioni di euro pagano annualmente oltre 50 miliardi in più di quanto pagherebbero i contribuenti di Germania che si approvvigionano dalla denigrata BCE al tasso dello 0,00%, e un analogo onere grava sulle aziende. Per il Governo italiano l’esborso annuo è pari alla contestata manovra di emergenza coronavirus, per le aziende si tratta di minore competitività sui mercati internazionali.
Malgrado tutto, provo molta empatia con i membri della Corte perché i 16 membri, addobbati in improbabili abiti rossi rinascimento-medioevali (malgrado l’’istituzione sia al più ottocentesca), devono farsi carico di responsabilità giuridiche su temi che sarebbero della politica, e devono decidere stando a Karlshrue, una città nata nel 1715 con connotazioni illuministico-europee che di più non si potrebbe, a 79 km di distanza da Stuttgart, dove i rappresentanti dell’oligarchia industriale germanica stanno di certo sull’altro corno del dilemma in quanto grandi esportatori all’interno dell’Europa, con italiani e francesi primi a pagare il loro fatturato, magari indebitandosi.
Per quanto conosco della Germania, sono sicuro che dietro le quinte siano in corso profonde segrete discussioni. Nulla trapela, e non è facile capire chi prevarrà. Spero che il Governo italiano, anch’esso dietro le quinte, faccia quanto possibile per aiutare il processo. L’Europa nei prossimi mesi avrà poco bisogno di politici e molto di statisti.
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