Alla fine di un anno è buona norma fare il bilancio. C’è chi lo fa per obbligo aziendale, chi per ragioni familiari, altri per ragioni esistenziali: e subito dopo apriamo il capitolo dei buoni propositi per l’anno che verrà oppure, come moderni naufraghi, mettiamo in una bottiglia immaginaria tutti i sogni o quanto meno i desideri che vorremmo veder realizzati dopo la fatidica mezzanotte.
È stato sempre così, almeno negli ultimi cinquant’anni, questa volta è diverso: gli annunci di catastrofi di ogni natura e genere, che vengano da Londra per lo tzunami economico o da Mosca per il pericolo annunciato di una guerra nucleare, una cosa rendono certa: ci sono troppe nubi all’orizzonte per andare a dormire tranquilli dopo l’ultimo brindisi all’anno nuovo.
Inguaribili ottimisti, o semplicemente per la vecchiaia che dispensa buon senso, ci rifugiamo in antiche credenze (come la legge del contrappasso) oppure ci lasciamo convincere da qualche autorevole denuncia, come quella del professor Pievani, contro chi ci ha rapito il dubbio. “Lo hanno preso in ostaggio i perditempo della tastiera, tramutandolo in sospetto, fine a se stesso. Sta passando il principio che quando uno parla lo debba fare sempre a nome di qualcuno o qualcosa – scrive il professore – Il dubbio è stato sequestrato dalla cospirazione. I rabbiosi dubitatori del web sono pieni di certezze. Consolanti, totalizzanti e conformistiche certezze, che per ogni mente libera sono di una noia insopportabile.” Non so perché ma la denuncia di Pievani mi ricorda tanto il giovane Di Maio quando annuncia la sua battaglia contro il lavoro nero per poi “ricordarsi” che era una pratica corrente di suo padre nell’azienda di famiglia che lui stesso amministrava. O il noto ministro Toninelli quando, il giorno dopo il crollo del ponte di Genova, sosteneva “la revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia, senza attendere i tempi della giustizia” per poi trovarsi in condizione di non poterlo fare a causa di un contratto di concessione che ha sempre avuto sul tavolo ma che non aveva letto o non aveva capito. Povero Toninelli, non gliene va bene una: la frase era del capo del governo. Vatti a fidare: che ne poteva sapere il povero ministro di leggi e di concessioni. Si è fidato di un presidente del consiglio professore di diritto ed avvocato che per la difesa in giudizio dei concessionari autostradali sembra abbia guadagnato belle parcelle.
L’unica speranza a questo punto è che la notte del 6 gennaio la befana si riprenda e serri bene nel suo sacco tutte le favole sottrattele da grillini e compagni al fine di guadagnarsi il consenso elettorale di chi non riconosceva la loro provenienza dal sacco della vecchia con la scopa…
Forse anche per i governanti sarebbe meglio che il dubbio fosse liberato per tornare ad essere il presupposto del libero esercizio dello spirito critico fondato su argomentazioni razionali e su dati attendibili.
P.S. Befana, diglielo tu agli italiani che le tue favole sono proprio favole e non programmi di governo: aiutaci prima che siamo chiamati a votare per cappuccetto rosso!
Apollo e Dafne (Ovidio, Metamorfosi, libro I). “Fer pater… opem… qua nimium placui mutando figuram!”.…
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