Salute a tavola

L’invito a cena

Ho accettato volentieri un invito a cena dove avrei fatto la parte dell’ospite di riguardo. La padrona di casa mi ha proposto subito un antipastiera dove facevano bella mostra di se salame di cinghiale, salame calabrese rosso, olive di vario tipo, pomodori secchi, fettine di speck. Una composizione assai piacevole ed invitante che io ho gradito molto ma quando, dopo assaggiato una fettina del salame calabrese rosso di peperoncino, la Padrona di casa ha insistito perché ne prendessi ancora un ‘altra e un’altra ancora al mio rifiuto mi ha spiegato che quel salame mi avrebbe aperto lo stomaco.

Le avrei voluto spiegare che lo stomaco non è una scatoletta e che mangiare delle cose buone fa piacere ma non è la quantità la misura del gusto. Era facile immaginare che se il menu comincia cosi dopo l’antipasto la signora esibirà una lasagna traboccante di ragu, un fritto all’italiana, formaggi provenienti da vari caseifici sparsi su tutto il territorio nazionale ed infine un dolce dolcissimo e burroso. L’antipasto era così l’avvertimento sufficiente a suggerire moderazione e prudenza.

L’invito a cena

Mangiare di tutto un po’…

Debbo riconoscere che ai pazienti risulta difficile accettare il concetto che è giusto mangiare tutto, ma di tutto un po’. “Posso mangiare la cioccolata?” Chiedono – “certo, un cioccolatino al giorno!” Questa risposta per alcuni è devastante proprio per quelli che ti confessano con aria disperata che loro non sanno contenersi e che mangiare un cioccolatino Vuol dire far fuori con velocità progressiva tutti i cioccolatini. La stessa cosa vale per tutti quei cibi il cui consumo abituale è dannoso mentre l’uso sporadico è tollerato.

Ma sono molte le persone che in sostanza non sanno mangiare e che per esempio, messe di fronte ad una scelta di formaggi ne fanno una scorpacciata tutti i giorni. Come faccio a dire queste cose? E’ molto semplice: quando vado a sciare mangio in albergo con gli amici e vedo quel che fanno con la convinzione che sia del tutto naturale. Una bella fetta di Asiago, una caciottina toscana, un brie nostrano poggiato a tocchi su bocconi di pane, un po’ di gorgonzola cosi buona e concludere la cena con il tiramisù.

Non ho mai sentito ammettere da un paziente di avere abitudini di questo genere. Tutti affermano di mangiare regolarmente specie quelli che hanno livelli di colesterolo elevati: Per scoprire la verità provate a vedere cosa succede quando li invitate a non mangiare formaggio per un po’ di tempo. Ho sentito fare dichiarazioni disperate, come se vivessero di soli formaggi. “Io senza la mozzarella muoio! Sic“.

Chi mangia troppo o troppo poco ha qualche problema.

Noi raccomandiamo di mangiare frutta e verdura ma quando abbiamo a che fare con ragazze che mangiano quantità industriali di frutta e che hanno il palmo delle mani gialle del carotene ingerito capiamo che sono persone preoccupate della propria linea e che non sono in realtà delle salutiste esasperate. Mangiare di tutto un po’ sembra incontrare molte difficoltà. Il non mangiare non cura nessuna malattia, saltare i pasti fa più danni che vantaggi. Ci vuole la moderazione, la capacità di gustare i cibi, il rispetto del proprio corpo, la saggezza di saper partecipare con gli altri alla gioia della tavola, la misura, l’equilibrio.

Dieta è una parola che viene dal greco diaita ovvero “stile di vita”. E difficile immaginare che i medici riescano a trasmettere ai propri pazienti un corretto stile di vita in occasione di una sola visita. Non mi riferisco ai medici grassi, che fumano e bevono whisky nascosto da qualche parte ma ai medici normali che pur facendo il proprio lavoro correttamente non possono stabilire con il paziente in poco tempo un rapporto capace di influenzare il comportamento alimentare più idoneo nel tempo. Ci vorrebbero più incontri, più consapevolezza, più collaborazione. Ci vuole un rapporto di fiducia e di simpatia con una valenza terapeutica.

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Mario Mazzetti di Pietralata

Gastroenterologo, già Primario Medico Ospedale Sant’Eugenio Roma.

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