Brava gente

Luciano Pellicani ed il socialismo italiano

L’11 Aprile scorso all’ospedale Spallanzani di Roma è morto il Prof. Luciano Pellicani, ennesima vittima del Coronavirus, Pellicani è stato docente di sociologia politica e Direttore della scuola di giornalismo presso la Università Luiss di Roma, oltre che Direttore per molti anni della rivista socialista Mondo Operaio: salvo un breve necrologio sul Corriere della Sera ed un paio di interventi su Facebook (Bobo Craxi e Beppe Scanni) nessuna eco sui mass media sulla morte del professore. Il tempo passa presto: pochi ricordano il Vangelo socialista, pubblicato nel 1978 a firma di Bettino Craxi ma elaborato da Pellicani, allora giovane studioso di Proudhon e del pensiero socialista non marxista.

Fu un documento importante: segnò sotto il profilo ideologico il distacco del socialismo italiano dal marxismo e l’elaborazione di un pensiero politico liberal socialista che fondava le sue radici nel pensiero libertario di Proudhon ma anche nella tradizione italiana del mutualismo delle Leghe, del solidarismo delle casse di mutuo soccorso e nell’esperienza politica del Partito d’Azione.

Fu una svolta decisiva per il futuro del PSI: venne definitivamente meno quell’alleanza con il PCI del dopoguerra che si era dimostrata negativa per il Partito Socialista ed iniziò la strada per la sostituzione ad una DC ormai esausta e frantumata da lotte interne alla guida politica del paese, prima con Pertini, Presidente della Repubblica nel 1978 e poi con Craxi, Presidente del Consiglio nel 1983. Fu una svolta importante per il Socialismo italiano: il PSI divenne un interlocutore di primo piano nell’Internazionale Socialista, attraverso il dialogo con i socialisti democratici di tutti i paesi.

Fu più che naturale che tutto questo non si svolgesse tra consensi unanimi, tra critiche sussurrate a mezza voce tra quei socialisti specie nel gruppo che faceva capo alla rivista Mondo Operaio erano ancora convinti che l’alternativa di sinistra con PCI e PSI uniti avrebbe potuto contrastare l’egemonia della DC nel Paese. Non manco anche chi vide quella scelta con molto scetticismo, mostrando di ritenere che le tesi di Pellicani fossero mera astrazione e che egli stesso fosse un intellettuale con il quale era difficile trovare un’intesa sul piano politico: nel suo libro “Lenin ed Hitler i due volti del totalitarismo” era giunto a mettere sullo stesso piano i due dittatori, ma nello stesso tempo a contestare duramente Antonio Di Pietro e le sue idee politiche, ammesso che il pensiero dell’ex magistrato potesse essere oggetto di un dibattito politico. Nel 2006 fu candidato per la Rosa nel Pugno e non fu eletto: difficile che potesse esserlo un uomo libero ed un intellettuale non organico come lui. Forse anche per questo non è stato adeguatamente ricordato nel momento della sua morte: Ciao Luciano.

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Mario Pacelli

Mario Pacelli è stato docente di Diritto pubblico nell'Università di Roma La Sapienza, per lunghi anni funzionario della Camera dei deputati. Ha scritto numerosi studi di storia parlamentare, tra cui Le radici di Montecitorio (1984), Bella gente (1992), Interno Montecitorio (2000), Il colle più alto (2017). Ha collaborato con il «Corriere della Sera» e «Il Messaggero».

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