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L’unica possibilità: l’Homo Faber

Nel corso dell’ultimo decennio abbiamo assistito ad un progressivo mutamento dei mercati come effetto della recessione economica, della globalizzazione, dell’entrata di nuovi paesi emergenti, dello spostamento della ricchezza da ovest verso est. Come effetto dello strapotere del mercato dei soldi sul mercato delle merci. Come effetto della vittoria del potere degli uomini della finanza sul potere dei politici. E con la sconfitta della politica e la morte dei partiti si è aperta un’era in cui nulla è come prima: sette anni di recessione ci hanno messo in ginocchio, ci siamo mangiati tutti i nostri risparmi, le famiglie sono più povere e le imprese fanno fatica, quando ce la fanno, a rimanere aperte.

Ci vorrebbe un radicale cambiamento. Sarebbe urgente cambiare strada. Ma il nostro popolo, stremato dalla crisi ha scelto la soluzione più idiota, conservare ciò che rimane dei propri privilegi corporativi con una buona dose di antipolitica e gli sberleffi di un comico.

Nel piccolo mondo dell’olio tutto questo ha avuto un solo drammatico effetto: l’abbandono di quel poco di olivicoltura italiana che aveva resistito per secoli. Quest’anno abbiamo toccato il fondo, siamo a 300mila tonnellate di olio prodotto, un terzo di quello che gli italiani consumano. Un disastro che sembra non interessare nessuno. Salvo gli imbottigliatori di casa nostra e gli importatori di olio di semi che fanno festa insieme ai commercianti dei discount.

L’unica possibilità: l’Homo Faber

Che fare? O meglio, cosa bisognerebbe fare? (se avessimo un personale politico e di governo degno di questo nome).

La crisi non ci ha lasciato solo macerie: si sono affermate nuove realtà imprenditoriali, piccole imprese innovative e aggressive, capaci di intercettare nuovi bisogni e di “produrre all’ombra dei campanili cose belle che piacciono al mondo”, come ha scritto Carlo M. Cipolla. Se questo è vero allora si può ripartire dalle piccole e medie aziende manifatturiere cui dovrebbe fare riscontro, anche ai fini occupazionali, lo sviluppo di una agricoltura di qualità che faccia leva sulla cultura tradizionale dei campi e su una trasformazione dei prodotti agricoli che punti sulla unicità e sulla qualità, a fare da contrappunto alla produzione massificata e priva di specificità dei prodotti dell’industria agroalimentare. E poi aprirci a idee nuove per lo sviluppo: l’impresa artigiana del cibo, il valore del suo prodotto, i “prodotti specialità”, far nascere “mercati specialità”.

In questo contesto alcuni produttori di olio hanno puntato all’obbiettivo dare valore all’olio italiano (quel poco che resta) e quindi ai frantoi artigiani. Aziende il cui prodotto di alta qualità è il risultato di un mix di tecnologie avanzate, moderni sistemi di stoccaggio e professionalità del mastro oleario (ora c’è anche l’albo professionale). Aziende che oggi rappresentano l’unica possibile risposta di successo dell’olivicoltura nazionale al dilagare del prodotto comunitario ed extracomunitario. L’olio estratto dalle olive afferma sui mercati e nei consumi l’identità storica e culturale del nostro popolo.

Ma per difendere questa identità dobbiamo costruire un mercato del cibo sano, buono e nutriente, garantito dalla trasparenza e tranciabilità della filiera produttiva, nel quadro del riconoscimento dei diritti dei consumatori. Ci vorrebbe una alleanza tra agricoltori, artigiani del cibo e consumatori. Ma per raggiungere un simile obbiettivo è necessario ricostruire il potere della Politica. Sarebbe il segnale del cambiamento di un’epoca.
Il nuovo millennio si era aperto con l’illusione di un mercato che, per essere libero, non dovesse avere regole. Purtroppo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle come è andata a finire.

È rimasta davanti a noi l’unica e ultima speranza, l’homo faber.

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Giampaolo Sodano

Artigiano, mastro oleario, giornalista e dirigente d’azienda, Giampaolo Sodano è nato a Roma. Prima di vincere nel 1966 un concorso ed entrare in Rai come funzionario programmi svolge una intensa attività pubblicistica come critico letterario e cinematografico. Nel 1971 è giornalista professionista. Nel 1979 è dirigente d’azienda della RAI. Nel 1983 è eletto deputato al Parlamento. Nel 1987 torna all’attività professionale in RAI ed è nominato vice-presidente e amministratore delegato di Sipra e successivamente direttore di Raidue. Nel 1994 è direttore generale di Sacis e l’anno successivo direttore di APC, direzione acquisti, produzioni e coproduzioni della Rai. Nel 1997 si dimette dalla RAI e diventa direttore di Canale5. Una breve esperienza dopo della quale da vita ad una società di consulenza “Comconsulting” con la quale nel 1999 collabora con il fondo B&S Electra per l’acquisizione della società Eagle Pictures spa di cui diventa presidente. Nel 2001 è eletto vicepresidente di ANICA e Presidente dell’Unidim (Unione Distributori). Dal 2008 al 2014 è vicepresidente di “Sitcom Televisione spa”. E’ stato Presidente di IAA. Sezione italiana (International Advertising Association), Presidente di Cartoons on the bay (Festival internazionale dei cartoni animati) e Presidente degli Incontri Internazionali di Cinema di Sorrento. Ha scritto e pubblicato “Le cose possibili” (Sugarco 1982), “Le coccarde verdemare” (Marsilio 1987), “Nascita di Venere” (Liguori editore 1995). Cambia vita e professione, diventa artigiano dell’olio e nel 1999 acquista un vecchio frantoio a Vetralla. Come mastro oleario si impegna nell’attività associativa assumendo l’incarico prima di vicepresidente e poi direttore dell’Associazione Italiana Frantoiani Oleari (AIFO). Con sua moglie Fabrizia ha pubblicato “Pane e olio. guida ai frantoi artigiani” e “Fuga dalla città”.

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