Massimo Montanari è uno dei più eccelsi studiosi di Storia dell’Alimentazione nell’Università di Bologna. È stato autore e promotore di numerosi ed importanti saggi di storia dell’Alimentazione ma soprattutto ha il merito di aver pubblicato in compagnia di Francoise Sabban l’Atlante dell’Alimentazione e della Gastronomia pubblicato per i tipi della UTET di Torino nel 2004, un’opera monumentale in due volumi di grande formato e grande eleganza editoriale. Ho conosciuto il Professore Montanari in occasione di una lezione tenuta all’Università di Padova sul rapporto del Cristianesimo con il cibo e spiegò che San Paolo, avendo raccolto il pensiero di Gesù su quell’argomento, poteva riferire in una lettera che, secondo il Maestro, l’alimentazione dovesse essere libera perché tutto ciò che ha creato il Signore è buono da mangiare.
Solo per quanto riguardava la carne Gesù consigliava di far riferimento agli animali che vivono più lontani dall’uomo ovvero uccelli e pesci. Questa libertà à rappresentava per Lui ebreo e per tutti un’autentica rivoluzione rispetto all’alimentazione coatta imposta dalla religione ebraica.
Con il titolo di “La cucina dei gran sacerdoti” Montanari ha pubblicato un articolo sull’inserto domenicale del Corriere della sera, un articolo dottrinale, da par suo, con il preciso intento, secondo il modesto parere, di contenere una cera ingravescente critica e condanna dell’impressionante accelerazione offerta dai media alla quantità di dati notizie e discorsi che vengono quotidianamente scambiati nel mondo sull’argomento “cibo”.
Premesso che non si parla di nutrizione e nutrienti ovvero di ciò che serve necessariamente per far crescere i figli e renderci idonei a sostenere la fatica intellettuale e fisica a affrontare tutti i giorni. Qui si parla di alimentazione, ovvero di industria del cibo, produzione e preparazione degli alimenti, reperimento, trasformazione e allestimento del cibo, ristorazione, turismo gastronomico fattori tutti determinanti per soddisfare un bisogno primario della società.
Montanari spiega che siccome non c’è business senza marketing tutto ciò che ruota intorno all’alimentazione assume un carattere sempre più pubblicitario e dilaga il meccanismo tipico della società dei consumi ovvero creare bisogni per vendere.
Il cibo è un bisogno primordiale ma il marketing polarizza l’attenzione sulla circostanza in cui si beve o si mangia per realizzare lo scambio delle emozioni e dei sentimenti individuali e collettivi.
Detto questo Montanari ci offre una riflessione interessante. La maggioranza dei consumatori non sta appresso alle mode ed alla ristretta cerchia di “intenditori”, mangia e consuma preferibilmente e inconsapevolmente quello che la tradizione gli ha suggerito e lo ha marcato geneticamente, mentre una minoranza di consumatori è alla ricerca del buon cibo e del bravo cuoco. È a questa minoranza di consumatori che si rivolgono le rubriche specializzate le trasmissioni televisive, il blog di cucina. Così emergono i cuochi artisti capaci di intrattenere il pubblico con i giochi, le gare i reality show le lezioni imposte ad ogni ora del giorno su tutti i canali. Insomma uno spettacolo per tutti. Alla maggioranza rimane la libertà di parlare di cibo un’attività che risulta essere facile, alla portata di tutti, Non basta un piatto di minestra per sentirci tutti uguali.
Il Professor Montanari è un uomo colto ed intelligente perché ci offre una occasione di riflessione interessante., ma sembra aver trascurato il valore sociale ed educativo di quello che ci viene propinato quotidianamente dai media in modo incessante e prepotente. Il rispetto per il bisogno primario del cibo e la necessità del supporto pubblicitario non potrebbero essere sottoposte ad una disciplina della quale dovrebbe farsi carico la politica? Sarebbe un pettegolezzo pensare che la politica ne tragga un vantaggio da questa dilagante spettacolarità della gastronomia? non a caso una delle poche attività industriali capaci di sostenere il pil è il cibo ed il suo bisogno primario.
Verrebbe la volta idi spostare il discorso sull’attività sessuale quest’ultima anch’essa un bisogno primario altrettanto importante come il cibo. Infatti la Tv non si è fatta attendere e ha mandato in onda un programma per ottimizzare la sessualità della coppia con proposta di esercizi come fossero ricette da cucina.
Appena ho finito di scrivere questa lettera agli amici mi è cascato sotto gli occhi l’articolo di Davide Paolini un affermato editorialista del IlSole24ore che stimo fa lungo tempo (non ricambiato). Sintetizzo: in questi tempi di offerta di ricette e consigli a gogò scrive che non c’è canale, paesano, nazionale o internazionale che non proponga uno chef, spadellatore o giocoliere della padella capace di dettare il suo verbo. Ritengo che la maggioranza degli ascoltatori dopo aver assistito alla lezione televisiva della cucina gourmet torna volentieri alla cucina della tradizione Paolini pensa più recisamente che lo spettatore passi addirittura all’acquisto di piatti pronti per una settimana ove domina il surgelato. Segue il suggerimento che il vero peccato assai grave è la mancanza, al tavolo del “Malbuffet” (parafrasando la ben nota Malasanità), della cultura materiale del cibo ovvero dell’argomento “agricoltura” dimenticata anche dalla politica.
Poi riporta quanto ha scritto un famoso innominato chef sul suo facebook “Imparare a cucinare in tv è come imparare a far l’amore con la pornografia”. Non saprei fare una previsione attendibile sull’evoluzione di questo fenomeno mediatico.
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