La riapertura della napoletana Galleria Vittoria, rimasta chiusa per quindici mesi, fa rinascere il dibattito sulla opportunità di lasciare via Partenope aperta alla circolazione delle auto, e l’intervento di Antonio Coppola sul “Mattino” di sabato scorso ne fissa alcuni termini essenziali.
Si era letto dell’intenzione del Sindaco Manfredi di aprire la strada alle auto nei giorni feriali e di inibirne il traffico nei giorni del fine settimana; una soluzione di compromesso che non ha lasciato del tutto soddisfatti i sostenitori della funzione essenziale di quella che è una arteria primaria di scorrimento e anche una via di fuga in casi eccezionali, certamente non legati alle alternanze dei giorni feriali e festivi. Oggi pare che l’intenzione sia quella di lasciarla pedonale per l’intera durata delle feste, giorni festivi e giorni feriali; un luna park continuato, quindi, e ciò ha appare come un cedimento nei confronti dei pizzaioli e un abdicare, almeno per qualche settimana, all’idea di una promenade priva di sciatteria e non si dica elegante, ma almeno decorosa.
Si è fatto più volte riferimento a quanto accade in altre città, nelle quali il lungomare accetta la naturale presenza di autoveicoli, pur possedendo percorsi alternativi. Cosa che Napoli non ha, essendo l’asse costiero l’unico collegamento diretto ovest-est. Tanti, tra urbanisti, architetti e storici dell’arte, hanno convenuto circa l’opportunità di evitare che il lungomare si trasformi, sia pure soltanto per alcuni giorni, in un disordinato luna park nel quale coesistano le attività più disparate, che possono sì offrire una macchia di colore, ma che è certamente una macchia che sporca l’immagine di quello che si vuole continuare a definire il lungomare più bello del mondo. Un argomento, questo, che dovrà certamente interessare l’attività del neo assessore all’urbanistica Laura Lieto per la sua delega al decoro.
In un momento nel quale si deve tentare di far rientrare in limiti ragionevoli le dimensioni dei gazebo dei numerosi punti di ristoro, anche nella speranza di un miglioramento della situazione Covid e quindi di un intervento per una loro condizione più decorosa, la pedonalizzazione, sia pure in pochi giorni della settimana, lascia il campo libero a tutte le attività che contribuiscono al caos cui non ci si vuole abituare e che si vorrebbe dimenticare. Ha meravigliato, infatti, lèggere le dichiarazioni di alcuni albergatori, che pure dovrebbero accogliere un turismo di élite nelle proprie strutture e quindi mirare a una cartolina elegante del lungomare, in particolare dinanzi ai loro alberghi. Non si comprende come si possa accettare il disordinato spettacolo attualmente in scena.
Anche se non è ancora del tutto superato il periodo di pandemia e con esso la necessità dell’ampliamento gratuito (in tutti i sensi) dello spazio concesso ai ristoranti, superato il triste scorso decennio, scaduto il tempo delle eccezionalità, l’Amministrazione Manfredi riterrà certamente necessario interessarsi davvero delle sorti di tutta la città.
Tanto per rimanere nella zona del lungomare, saranno da eliminare le brutte intrusioni di questi anni: a cominciare dai baffi aggiunti alla scogliera dinanzi alla rotonda Diaz e dai chioschetti di Mendini, fino all’invasione in siti impensabili dei carrozzoni dispensatori di cibi vari, la miriade di bancarelle d’ogni genere. Un problema di non semplice soluzione sarà quello delle strutture di ristoro realizzate in maniera non omogenea e, in vari casi, non decorosa, prevedendo soluzioni unitarie e di più limitata estensione, anche con l’eliminazione dei tendaggi abusivi in plastica.
Pare, invece, che non sia abbandonato, almeno in parte, il progetto dell’inutile restyling di via Partenope, un progetto che ha prodotto svariate espressioni di dissenso e che già al suo primo annuncio, era il 2017, fece scattare voci di protesta, anche perché l’operazione riguardava una delle poche strade cittadine ancora in soddisfacente stato di conservazione (se non fosse per la non corretta configurazione delle pendenze del marciapiedi lato mare, non congruente con la destinazione di promenade). Un progetto, tra l’altro comportante una spesa non esigua in un periodo di limitate risorse finanziarie.
Tanti i gruppi e i comitati che insorsero contro il progetto, a partire dalle Assise di Palazzo Marigliano, con raccolte di firme, una comunicazione alla rappresentanza dell’Unesco, un esposto al Ministero dei Beni Culturali e con una interrogazione parlamentare rimasta purtroppo senza valido esito a causa dell’infelice risposta redatta da un funzionario che non aveva afferrato la vera sostanza dell’opposizione. Si rimase stupiti del fatto che la Soprintendenza, ignorando quello che era un segno deciso di continuità del lungomare, da Mergellina fino al Molosiglio, non espresse dubbi ignorando il vincolo paesaggistico esistente su quell’arteria; né valse la sua qualificazione di arteria di scorrimento, per altro considerata un “via di fuga”.
Il progetto è stato sempre fortemente contestato dal mondo culturale – architetti, urbanisti, storici ‒ e da associazioni e comitati che da anni si battono per la tutela dei caratteri speciali di quella strada che di Napoli è parte della sua identità e della sua memoria collettiva. L’intervento di restyling del solo tratto di via Partenope modificherebbe solo una parte dell’intero asse interrompendo l’unità, e l’unicità, del monumento, così come concepito. Non è certo superfluo ricordare, per l’intero lungomare, il vincolo paesistico del 27.05.1958 che ne tutela la conservazione e vieta ogni modifica e, a maggior ragione, la parziale alterazione.
«Ecco ‒ scrive Antonio Coppola ‒ va invertita la tendenza, pensando, nel caso specifico del Lungomare, a progetti finalizzati alla valorizzazione della Villa Comunale, oggi pietosamente abbandonata in un indegno stato di degrado, in balia di paninoteche di dubbio gusto e improbabile igiene. Procedere, sic et simpliciter, alla totale pedonalizzazione di Via Partenope rischia solo di creare un’oasi felice, circondata da una babele rumorosa, sporca, paralizzata dal traffico e dalla sosta selvaggia, controproducente per tutti: turisti, commercianti e per gli stessi residenti».
La chiusura al traffico della Galleria Vittoria ha mostrato quale sia la vera vocazione dell’arteria costiera che collega est e ovest della città e rappresenta sostanzialmente una via di fuga. Se si vorrà davvero restituire decoro e bellezza a questa parte di Napoli, ben presente nell’immaginario collettivo nostrano e del visitatore, bisognerà soltanto tentare di ripristinare la cartolina di una volta
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