Secondo il mio amico Riccardo Mazzeo (che vi ha scritto un libro) oggi prevalgono le esistenze rammendate (è il titolo del volume) in un mondo che, non piacerebbe più alla gente e che non le permetterebbe di sentirsi sintonizzata con esso. “Un mondo – egli scrive testualmente, che ci fa sentire infelici, impotenti”.
La diagnosi è ineccepibile. E’ un mondo dove avvengono strani fenomeni; dove diventano sempre più frequenti le manifestazioni di diffusa imbecillità (con buona probabilità, favorite da mezzi economici ingenti e misteriosi ) e dove le uniche persone (i leader politici dei due Paesi anglosassoni) che, almeno per ciò che riguarda l’Occidente, hanno capito qualcosa di ciò che avviene, sono messe al bando alla guisa di paranoici pericolosi, da quella stessa massa di sciocchi e da chi li manovra come burattini senza cervello.
Alla stupidità crescente degli abitanti del Pianeta, allo stato in cui siamo pervenuti, non è possibile porre rimedio: in più il clima generale dominante è tale che induce la gente del loro calibro a straparlare, a intervenire sui social, con grossolanità e intemperanza. D’altro canto, pretendere che la massa segua una strada libera da pregiudizi e da preconcetti di ogni genere è vana speranza.
In verità, sono di pari insulsaggine anche tante elucubrazioni tormentate di pseudo intellettuali e i ragionamenti tortuosi di persone che spesso sono più in cerca di una narcisistica compensazione intellettuale e formale alla propria sostanziale incapacità di capire la realtà, che non di liberarsi dai propri blocchi emotivi e mentali, per cercare di capire davvero le cose.
L’opera letteraria e quella scientifica dei due millenni di storia occidentale si limitano soltanto a prendere atto dell’impossibilità di rammendare un mondo con aghi e fili divenuti (oggi) del tutto inadeguati allo scopo. La verità è che l’inidonetà non dipende dal fatto che la realtà umana sia completamente mutata, ma che gli strumenti usati non sono mai stati appropriati per fare rattoppi che non fossero peggiori dei buchi. In definitiva, tutto ciò dimostra l’inutilità della cosiddetta cultura a cavare un ragno dal buco e a risolvere i problemi esistenziali dell’essere umano.
L’Uomo resta più nudo e indifeso che mai di fronte agli eventi della vita, pur dopo l’attenta e meditata lettura di scritti chilometrici, di opere colossali di autori (ricche di tanto dotte quanto inutili citazioni e di cospicui riferimenti ad indagini speculative di altri uomini di pensiero che hanno pestato, prima di loro, l’acqua nel mortaio, senza offrire soluzioni razionali e logiche per spiegare il diffuso malessere umano), di approfondimenti teatrali (antichi) o di studi (più recenti) su complessi di vario tipo (di Edipo, di Elettra, gelosie del pene, frustrazioni da omosessualità non accettata); in poche parole su un susseguirsi di variegati tormenti psicologici ed esistenziali.
Il “latinorum” di tanti illustri personaggi del panorama culturale, soprattutto euro-continentale, e la loro incapacità di trovare un equilibrio giusto hanno la loro fonte nella mancanza di un pensiero veramente libero (il mio saggio sul tema uscirà a dicembre 2019). Sono fenomeni che si sono sempre retti sulle stampelle di semplicistiche utopie, di fideismi zoppicanti e di fanatismi ideologici tanto universalistici, in astratto, quanto irrealizzabili, in concreto. Solo l’imbecillità umana di cui sopra, con l’aiuto del prosciutto sugli occhi e dei tappi nelle orecchie, ci ha potuto condurre allo stato in cui siamo. Che fare?
Occorrerebbe azzerare “il contatore” e cominciare a usare il proprio cervello, destinando al “cestino” tutti gli “ipse dixit” che sono stati stipati nella loro testa. Naturalmente, non è un’impresa facile, perché bisogna partire molto da lontano. La nostra Cultura è legata alla nostra Storia e non sappiamo nulla della vita degli esseri umani prima dell’evo che ci è stato illustrato dalla letteratura e della scienza. Abbiamo solo il ricordo vago dei miti raccontatici dai poeti e delle leggende maturate nella fantasia (commista a terrore) delle persone bisognose della religione.
Due di questi “sogni a occhi aperti”, raccontati e tramandati nei millenni, mi sembrano degni di considerazione:
1) la sconfitta e la scomparsa del matriarcato nel racconto di molte dee fatte rotolare da Zeus, a calci nel deretano, giù per gli scoscesi dirupi dell’Olimpo;
2) la cacciata, narrata dalla bibbia, di Adamo ed Eva dall’eden, il paradiso terrestre dove l’uomo e la donna erano felici.
Il primo evento, creduto vero anche in mancanza di prove, (le tracce, poche e incerte, sono oltre che nella mitologia anche nella drammaturgia greca) avrebbe dato luogo alla società fallocratica con il predominio dell’uomo dopo la sua “scoperta” di essere con il suo liquido seminale l’artefice principale della nascita della prole. Da quella acquisizione di conoscenza sarebbe derivato il bisogno: a) di proteggere la prole, inventando e costituendo la famiglia (ignota, per forza di cose, alla società matrilineare, dove il padre restava sconosciuto) e dotandola di adeguate garanzie; b) l’obbligo dal maschio generatore fortemente avvertito di arricchirsi non sibi, ma ipocritamente, suis; c) la necessità di delimitare la sua proprietà iniziale, ampliandola senza limiti, anche per un effetto ulteriore, certamente positivo, quello di favorire la ricerca in ogni campo della scienza per migliorare le condizioni di benessere dell’intera umanità e allungarne i tempi di permanenza sulla Terra.
Il secondo evento, anch’esso creduto vero in assenza di prove (è narrato in testi definiti sacri) avrebbe introdotto nella vita degli esseri viventi diversi da quelli animali e vegetali l’idea del “peccato originale” non solo della mente ma anche della carne. E ciò a causa di una violazione di una regola ambivalente voluta da Dio, consistente nel divieto di “addentare” un pomo dell’albero della conoscenza: non solo e non tanto per l’interesse dei sacerdoti della divinità a trattare con gente senza troppe esigenze “speculative” quanto per l’interesse del “maschio egemone” a impedire alla “femmina” considerata di sua proprietà, la conoscenza sessuale di altri partner (conoscenza, non a caso, definita “biblica” e ritenuta lecita solo in ambito familiare).
Probabilmente, senza questi due eventi non sarebbe mai stato previsto un compito della madre di allevare la prole e di continuare a “collocarsi” nella sua vita oltre quei limiti che si pensa fossero propri della femmina nella società matriarcale e che continuano a contrassegnare le fasi della vita nel regno degli animali. Con altrettale verosimiglianza, senza la sessuofobia religiosa, posta a presidio della famiglia, e godendo della libertà sessuale delle società matrilineari, Eschilo e Freud non avrebbero discettato così a lungo sul complesso di Edipo, facendo versare fiumi d’inchiostro ai loro studiosi e commentatori.
I turbamenti di una società che ha rinunciato “ab ovo” di usare la logica e il raziocinio per costruirsi da se trappole e trabocchetti, rintanandosi in fantasticherie e utopie di ogni tipo: religiose, filosofiche, politiche, psicolgice, sociologiche (ammesso che queste ultime significhino pur qualcosa) non sembrano destinati a finire. Avremo altre Grete (senza Garbo) che, anzicchè finire in educandati per teen-ager disturbate, riempiranno le piazze di fanatici avversari del clima (i dinosauri per caso sopravvissuti sarebbero con loro perché pensando di potere evitare la loro distruzione); avremo altri pazzi melanconici che, sui social, blatereranno parole di odio verso chiunque usi la testa, dimostrando di averla.
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