Le meraviglie del mondo sono quasi sempre dovute alla natura.
Tra le poche che traggono spunto unicamente dalla fantasia dell’uomo ci sono le Olimpiadi.
I nostri progenitori, non ancora sazi delle fatiche per sopravvivere, si sono in ogni epoca inventati esercizi -a volte strampalati- per mettersi alla prova e sfidare gli altri.
È un godimento che dura settimane e che affianca – in omaggio alla arcaica Grecia ispiratrice- discipline sempiterne (maratona, tiro con l’arco, giavellotto) a nuove pratiche che prendono spunto dai più recenti modi di divertirsi dei giovani (windsurf, skateboard).
Quasi mai i giochi olimpici sono filati via regolarmente tra reciproci boicottaggi
USA/URSS e stragi di terroristi.
Ma come quest’anno mai: palazzetti e stadi vuoti, mascherine, isolamento degli atleti.
Eppure, nonostante questo clima, ho avuto l’impressione che i Giochi abbiano rappresentato per i popoli del pianeta la “riapertura” ufficiale.
Come se ci avessero comunicato una “ragionevole” sicurezza nell’arrivo della normalità.
Ci volevano donne e uomini per nulla normali, straordinari mostri di tecnica e potenza per farci dimenticare le ansie che ci accompagnano da un’anno e mezzo.
Ho persino notato -forse mi faccio prendere la mano- una rilassatezza gioiosa nella cerimonia di chiusura che è completamente mancata in quella di apertura, imbarazzata e minimalista.
È seguendo proprio le coreografie della festa di chiusura che mi sono chiesto come sarebbe stato l’umore degli italiani se già elettrizzati dal record di medaglie -che in alcuni casi ci collocano in cima al mondo- avessero assistito alla consegna dei giochi a Roma 2024.
Le immagini promozionali di Parigi sono state perfette in sè e anche nel farci intristire.
Io -che ho delle deformazioni- ho subito pensato a che occasione ha perso il sindaco di Roma Raggi, in piena campagna elettorale, a non essere al posto della sua collega francese.
Lei che caparbiamente ha rifiutato, contro tutto e tutti, l’ospitalità e quindi la candidatura.
Per onestà intellettuale, non è dimostrato che avremmo vinto la sfida con i francesi; tuttavia le istituzioni italiane coinvolte si dichiaravano sicure che ce l’avremmo fatta.
Spesso ragioniamo con il senno di poi. Un’arma vincente perché -conoscendo ormai il finale- ci mette sempre dalla parte della ragione.
Proviamo. Per un verso ci è andata bene perché il Covid (azzerando due anni decisivi nella ristrutturazione di impianti e stadi) ha reso l’organizzazione delle Olimpiadi ancora più ardua, sicuramente più costosa.
Per di più, seppur nascosta, rimane comunque una incertezza sanitaria. Ma -a parer mio- nel ‘24 o siamo tutti morti o siamo guariti.
D’altro verso pensate che volano turistico, economico, ma anche emotivo, avrebbero rappresentato i giochi per il nostro Paese, dopo che il mondo intero si è inchinato prima di fronte al nostro lutto e poi alla nostra reazione.
Il promo di Parigi era bello ma le immagini dei nostri 100 metri, salto in alto e staffetta (e qualche gol degli Europei) sarebbero stati imbattibili.
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