La notizia: domani in un noto quartiere di Roma si è autoconvocata una assemblea di cittadini per costituire una nuova associazione, cioè una comunità che sulla base degli articoli 18 e 21 della Costituzione ha il diritto, e sente il dovere, di comunicare in piena libertà idee e visioni.
Comunità, comunicazione, idee e visione sono vasi comunicanti.
Una comunità priva di idee e di visione è una società senza avvenire.
Quanti hanno vissuto il novecento sanno che la perdita di punti di riferimento ha creato un vuoto che deve essere riempito da nuovi punti di riferimento pena la morte della società come comunità solidale.
Una Alleanza per un civismo politico che si organizza intorno a valori condivisi, può essere una risposta se si fa portatrice di una politica riformatrice capace di risolvere i problemi della città sulla base dei bisogni e delle necessità dei cittadini.
A questo scopo la Costituzione indica i partiti, ma l’esperienza degli ultimi decenni sta a dimostrare che malgrado ogni tentativo ciò non è stato possibile per la semplice ragione che i padri costituenti facevano riferimento a partiti ideologici che non esistono più e ogni tentativo di farli rivivere sono falliti.
Ci siamo adattati pensando di poter sopravvivere, ma siamo arrivati ad un punto che non è più possibile non vedere come l’onda lunga della crisi abbia generato un degrado civile in forme inimmaginabili solo poco tempo fa. Il Censis ci avverte che l’Italia oggi è un paese confuso, irrazionale, con una sacca di povertà estrema in continua crescita della quale nessuno ne sembra responsabile quasi fosse un castigo divino. Serpeggia una vaga aria di destra strisciante, occulta ma non meno pericolosa perché abilmente nascosta nelle pieghe di timori e paure come se essere patrioti servisse a difenderci dal covid. Non siamo tra coloro che gridano al pericolo di un ritorno del fascismo e tuttavia non possiamo non avvertire quello strano odore di razzismo, di nazionalismo, di sovranismo che si nasconde dietro un certo linguaggio dei leader della destra italiana.
Lo spaesamento è figlio della perdita delle radici. E’ stato commesso l’errore di pensare che se ne poteva fare a meno. Si sono alimentate pulsioni ribelliste e antisistema e si fa un gran parlare di nuovo e futuro, mentre sarebbe necessario coltivare il culto del nostro passato, unico contenitore del patrimonio culturale del nostro Paese. La lunga recessione non è stato soltanto un fenomeno economico e la pandemia non è solo una emergenza sanitaria: siamo da tempo in recessione culturale.
Allora il compito nostro è ragionare nella fase attuale di transizione per disegnare il modello di società che vogliamo dopo, quando la società italiana uscirà dalla transizione. Immaginare il futuro non è un gioco di fantasia, è un modo per analizzare i fenomeni, per capire i flussi della società, ma anche un esercizio per affrontare il presente. I riformisti hanno nel nostro Paese storie diverse e valori comuni, partiamo dai valori e ricostruiamo il significato della politica che in questi anni di forsennata intossicazione da nuovismo, populismo, qualunquismo, abbiamo perso tutti e tutti insieme. Dobbiamo prendere una decisione per cambiare rotta.
In questo contesto è maturata l’idea di promuovere una alleanza civica come risposta ad un sentire largamente diffuso che soltanto con una spinta dal basso si possano trovare soluzioni ai tanti problemi che abbiamo di fronte.
Il civismo politico può essere la risposta giusta, ma non il modello del civismo collateralista riproposto anche nella recente tornata elettorale sia dal centrosinistra che dal centrodestra. Questo non significa che a Roma non esistano importanti esperienze di impegno civico come quelle di ispirazione religiosa, ma anche quelle di associazioni laiche di volontari, giornali e siti web indipendenti impegnati a denunciare le situazioni di degrado e di gruppi locali capaci intervenire direttamente su di esse.
La fisiologica dialettica tra queste esperienze e la rappresentanza politica è però condizionata da alcuni fattori strutturali che rendono il caso romano diverso da quello di altre grandi città, come l’estensione geo-demografica del territorio amministrato, che include territori e insediamenti che in altri contesti hanno amministrazioni comunali autonome, rendendo difficile l’espressione “politica” delle esperienze di civismo locale.
Da questa realtà dobbiamo partire reintroducendo nel dibattito pubblico il confronto culturale sulle idee, sui progetti, sulle leggi, utilizzando Alleanza Civica come spazio aperto, per trarre dall’esperienza e dalla storia i materiali che possono servire per ricostruire una cultura della città.
La città è cambiata al di là dei suoi governanti. Roma un tempo luogo di scambi, di mercato, di abitare poi città del lavoro, oggi non sappiamo cos’è e quale potrebbe essere il suo domani. Roma è condannata ad essere una città, una delle tante, costretta a contendersi il titolo di Capitale con le altre capitali, con quella della moda o dell’arte, come ai tempi delle repubbliche marinare. E così Roma si distingue dalle altre città solo perché è la sede dello Stato, che contiene il territorio di un altro Stato, quello del Vaticano.
C’è dunque molto da fare, molto da innovare con uno sforzo di partecipazione che restituisca alla politica la sua autentica funzione di individuazione dei fini e degli obiettivi da raggiungere nell’interesse dei cittadini.
La consapevolezza ormai diffusa dei valori dell’ambiente, le scelte di politica socioeconomica, la trasformazione tecnologica, il bisogno di città, l’esigenza di porre attenzione alla forma urbana, la ricerca del bello da vedere e da vivere non può ridursi alla elencazione dei vincoli della sovraintendenza delle belle arti o della scolastica cultura urbanistica del piano regolatore.
È necessario riflettere ed agire: il PNRR può essere l’occasione per confrontarsi su un programma di interventi per rinnovare la città, per modernizzare la Capitale coniugando lo sviluppo di Roma con la funzione geopolitica di Capitale e quindi ridefinire il decentramento decisionale e anche la divisione dei poteri con la Regione e lo Stato.
Si dovrà porre il problema di una definitiva e riconoscibile immagine di Capitale perché non basta più l’immagine di Roma nella storia. Si pone il problema dell’identità.
Costituire “Alleanza Civica per Roma” sarà un modo per riannodare il filo spezzato dai populisti dell’anticasta, per riprendere il dialogo, per dare una prospettiva a quanti nella città si sentono soli e abbandonati, per restituire a chi siede in Campidoglio un potere reale di governo. È questo l’unico modo per riavvicinare i cittadini alla politica.
PS. Con una recente deliberazione l’assemblea di Alleanza Civica del Nord ha indetto un Congresso Nazionale di tutte le associazioni civiche con lo scopo di verificare la possibilità di una convergenza su un documento politico finale sia dei soci di AcNord che di altre organizzazioni civiche e politiche che si uniranno come partecipanti a pieno titolo al Congresso.
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