Mettiamola così: sei un ricco imprenditore, hai una casa grande e spaziosa, con un enorme giardino che decidi di aprire per ospitare persone che hanno voglia di fare amicizia e socializzare. Le persone iniziano ad arrivare, si scambiano opinioni, foto, video, si innamorano e si lasciano, litigano anche, poi fanno pace. Insomma, socializzano.
Tu investi per far stare le persone meglio, gli compri mobili e giochi da giardino, costruisci una bella piscina, aree per picnic, organizzi concerti live, insomma va tutto alla grande!
Nel frattempo inizi a conoscere sempre meglio le persone che frequentano casa tua. Alcune vengono solo per la piscina ed hanno bisogno di ombrelloni sdraio, teli, costumi da bagno, altri amano frequentare il giardino, parlano di arte e leggono libri, alcuni corrono, capisci che acquisterebbero volentieri libri o scarpe da running. Così contatti aziende del settore e gli proponi in affitto aree della casa o del giardino, in cui possono esporre e vendere la merce ai frequentatori di casa (che è sempre la tua). In cambio di un compenso, ovvio. D’altronde sei sempre un imprenditore!
Passa il tempo, si crea e consolida una community. Tutto fila liscio, fino a quando qualcuno inizia a pensare che quella bella casa, con quel meraviglioso giardino sia, in realtà, la sua.
Ed inizia a comportarsi di conseguenza: alza la voce, non rispetta gli orari e le regole, se in un discorso non gli viene data ragione la “butta in caciara” (espressione romana che sta per: cambiare argomento, snaturare un discorso). Se sta perdendo una partita a calcio interrompe tutto, prende la palla e se ne va.
All’inizio glielo lasci fare, fin quando, durante una partita supera il limite, litiga violentemente con l’avversario, lo insulta, lo accusa di barare, ed infine incita alla violenza i suoi compagni di squadra che, seguendolo, costringono gli avversari a chiudersi negli spogliatoi per non essere pestati. E’ decisamente troppo. Lo cacci di casa che, ricordiamolo ancora, E’ TUA!
Cosa c’è di “strano”? Cosa c’è di “anti democratico”? Non è tutto questo consentito a tutela dei tuoi diritti e di quella tanto bramata proprietà privata, attorno alla quale si è costruita la nazione più potente del mondo e poi consolidata l’economia globale? Sembra di no, se la proprietà privata è un social network e se l’ospite della community è il Presidente degli Stati Uniti.
Non vi fa uno strano effetto sentire certe affermazioni da parte di chi ha fatto del “diritto di proprietà” un fondamento di Stato ed il baluardo di un partito?
Ma il discorso è più complesso di quello che appare, ed allora domandiamoci: è normale quello che è successo? No, non è normale. E’ corretto? Si, è corretto. Vediamo perchè.
Il primo aspetto che dovremmo approfondire è la differenza sostanziale che esiste tra social network e mezzi di comunicazione. I social network sono mezzi di comunicazione? No! D’altronde basterebbe riflettere sul nome che gli è stato dato. Diversamente li avremmo probabilmente chiamati “communication network”. Come sostiene l’amico Sergio Bellucci: “I social network nascono con uno scopo diverso, socializzare, anzichè comunicare. Tanto più che un profilo privato su Facebook, ad esempio, ha un limite “imposto” a 5000 amici! Il fatto che in molti utilizzino i social convinti di poter parlare (o comunicare) al mondo è una forzatura, attraverso l’utilizzo di uno strumento improprio”.
Secondo aspetto: i social network nascono come strumento di socializzazione ma diventano presto “strumento di produzione”, o meglio (sempre parafrasando l’amico Sergio) strumento di “estrazione del valore”. Ed il valore è estratto dagli utilizzatori del network, che tra l’altro sono i primi lavoratori che portano in dote al capitalista/imprenditore i mezzi di produzione (lo smartphone) e che non chiedono un salario in cambio del loro lavoro. Una manna dal cielo! Mai si era vista una cosa del genere nella produzione di valore. Oltretutto non essendo dislocati in un unico luogo “fisico” del mondo, ma risiedendo su una “nuvola” (il famoso cloud), questi strumenti di produzione si pongono al di sopra degli Stati, sfuggendo facilmente a regolamentazioni e fisco. BINGO!
Terzo aspetto: le nuvole (i cloud) in cui i social “risiedono” non sono di proprietà del padreterno, come nel mondo reale, ma appannaggio dei privati (gli stessi che posseggono i social e pochissimi altri, per la verità), che li ospitano e che, se si incazzano, li spengono pure e puff… sparisci! Il caso di Parler vi dice qualcosa?
Detto ciò torniamo alle due domande “E’ normale quello che è successo? E’ corretto?”.
No che non è normale! Non è normale che un Presidente degli Stati Uniti (è solo il caso più eclatante) affidi la sua comunicazione istituzionale ad uno strumento “improprio”, di cui non è proprietario, che travalica i confini nazionali, che non riesce a regolamentare e tassare, ma soprattutto che guadagna dal fatto che più persone possibile lo utilizzino. Normale una cosa del genere? Ditemi voi se può esserlo…
E’ corretto che un privato, nel Paese che della proprietà e della libertà d’impresa ha fatto la sua bandiera, decida di smettere di “fare affari” con un soggetto per passare ad altro più “redditizio”? Voi ci vedete qualcosa di strano? Io no.
E’ giusto tutto questo? Ecco la vera domanda! Ma per rispondere a questa ci vuole un articolo a parte…
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